UE
Troppo deboli in Europa, la flessibilità sui conti non è una vittoria
Leggendo certa stampa italiana sembrerebbe che l’Italia rappresenti un modello economico virtuoso. Siamo così così bravi che la Ue, solitamente matrigna inflessibile, ci concederà addirittura di non rispettare le regole di bilancio. Vista da Bruxelles, dall’interno delle istituzioni, la situazione è totalmente diversa. La Commissione sembra ormai orientata a riconoscere tutta la flessibilità chiesta dall’Italia per riforme, investimenti e migranti, ma resta lo scoglio del debito pubblico, che doveva cominciare a ridursi già nel 2015. Si parla tanto del rischio che rappresentano per la stabilità della Ue l’ipotesi Brexit e la crisi della Grecia ma è anche l’Italia a destare molta preoccupazione. Il problema non riguarda solo l’enorme debito pubblico. I numeri dell’economia italiana sono impietosi. Continuiamo a crescere meno di tutti gli altri Paesi dell’Unione europea. Nessuna previsione sulla crescita del Pil è stata rispettata e le istituzioni internazionali continuano a rivedere al ribasso le stime fornite dal governo. Come ha fatto notare nei giorni scorsi il presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem il piano di Renzi e Padoan “è avvolto dalla totale opacità”. Intanto il debito continua ad aumentare (questo è il nono anno consecutivo).
Sul tema dell’immigrazione, questione vitale per il nostro Paese che è la porta d’ingresso per molti migranti in arrivo da Nordafrica e Medioriente, l’Italia non ha ottenuto nulla di concreto. Dopo il pranzo con la Merkel a Palazzo Chigi, il premier ha usato i soliti toni trionfalistici. La Cancelliera avrà pure detto sì al ‘migration compact’, negoziato con abilità da Carlo Calenda, ma la Germania e gli altri paesi del Nord Europa restano comunque contrari a ogni tipo di condivisione di oneri per finanziare i cosiddetti eurobond.
La strategia del governo sembra a questo punto chiara: barattare un accordo al ribasso sull’immigrazione con l’ottenimento di margini di flessibilità per risistemare i conti pubblici. Ma la questione centrale, a questo, punto non è tanto ottenere questa flessibilità. Bisogna capire se il governo sarebbe disposto a usarla per fare le riforme davvero necessarie? Le “marchette” pre-elettorali di 80 euro, purtroppo, ci insegnano che a Renzi sta più a cuore il fumo che l’arrosto.
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