UE

Smettetela di dare la colpa a Varsavia e Atene, l’Europa curi se stessa

27 Maggio 2015

Atene spaventa l’Europa. Le Borse spaventate dal voto di Spagna. La Polonia preoccupa Bruxelles. Una sinfonia di spaventi per l’Ue si è udita nelle ultime ore. Le ragioni sono ormai le solite: la Grecia di Tsipras non è disposta a proseguire ciecamente le politiche di austerità, anche al costo di affamare i cittadini come stava avvenendo con il precedente governo. Con le elezioni è stato tracciato un solco entro cui i principali bisogni sociali non possono essere sacrificati sull’altare dei calcoli di bilancio: Syriza è stata eletta per trovare una “terza via” tra i tagli indiscriminati e il mantenimento dei servizi minimi. Bisogna far ricorso all’antica arte della mediazione, che è l’essenza della politica.

Nelle stesse ore in cui il ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, ‘spaventava’ i mercati (a dirla tutta dovrebbero essere spaventati i greci che rischiano di restare senza un euro nelle casse statali, non i mercati che sono abituati a sopravvivere ai default), in Spagna gli elettori incoronavano Podemos come forza politica emergente e in Polonia veniva eletto Andrzej Duda, esponente del PiS, partito ultranazionalista e molto euroscettico dell’ex presidente Lech Kaczinsky, morto nell’incidente aereo del 2010 a Smolensk.

In precedenza c’è stata la Finlandia a inviare messaggi nella bottiglia di scetticismo, attraverso il voto, all’Europa. Per non tacere del Regno Unito. Al prossimo giro, probabilmente, sarà la Francia a ‘spaventare’ l’Europa con la destra del Front National guidato Marine Le Pen e così via con le preoccupazioni che lievitano ogni volta che un Paese deve votare. Dalle urne sembra che prenda forma un ulteriore elemento di inquietudine per l’Europa. Bruxelles, simbolo delle Istituzioni degli europei, ha timore di quel che pensano i cittadini europei.

Perciò, capovolgendo la visione, affiora un ragionamento – questo sì – spaventoso: i responsi democratici sono interpretati alla stregua di un fattore di disturbo per la costruzione dell’impalcatura europea. Non vengono visti come una richiesta di cambiamento, un atto che invoca un’inversione di tendenza e che si manifesta attraverso l’unico strumento di cui un cittadino dispone per far conoscere la propria opinione: le elezioni. Quello che è l’atto più democratico che ci sia.

Proseguendo nel capovolgimento della prospettiva, rispetto a quella iniziale, le elezioni non devono generare timori per l’Europa, perché in realtà i cittadini stessi sono spaventati da questo tipo di Unione europea, come raccontano le cronache elettorali. La crescita dei nazionalismi di destra e di sinistra (sì proprio così, quando Syriza e Podemos parlano di sovranità non sono molto distanti da alcune argomentazioni di partiti ultraconservatori, e quindi sono a pieno titolo nazionalisti nell’ottica economica) è il sintomo di un malessere che sta diventando una sorta di patologia cronica. E, per usare ancora la metafora medica, i dottori continuano a somministrare la medesima cura, senza accorgersi che il problema persiste. Anzi peggiora, si aggrava e c’è il pericolo di arrivare al punto di non ritorno. Allora sai che spavento davvero.

E quindi sarebbe il caso di smetterla di dare la colpa a Varsavia, Atene, Madrid, Helsinki e a tutti gli altri Paesi che votano in una direzione euroscettica. Ormai è giunto il momento per l’Europa di non cercare responsabilità altrove. Ma di curare se stessa.

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