UE

Senza dracma e senza drammi: il dilemma greco

6 Gennaio 2015

Sulla F.A.Z. del 3.01.2015 Angela Merkel osserva che l’uscita della Grecia dalla moneta unica non è più un pericolo per l’eurozona, in quanto ormai (aggiungiamo: nonostante l’opposizione tedesca) sono nati dei meccanismi di salvataggio per gli altri Paesi (dal luglio del 2012, ESM), i costi sarebbero dunque notevolmente inferiori rispetto a prima (cioè, non ci sarebbe più alcun rischio di contagio)

Ora, se si dice che l’uscita della Grecia non è più un tabù (non è più da temersi), lo si suggerisce anche?

Così l’ha interpretato Alexis Tsipras, il quale ha precisato che questo discorso mira a demonizzare Syriza, il suo partito. Forse ha ragione. Di certo non si dice: allora uscite, ma si suggerisce che, se non si rispettano le condizioni previste per il salvataggio, allora sarebbe meglio uscire dalla moneta unica.

Unica obiezione (di non poco conto): cosa farebbe la Grecia fuori dall’euro? E fuori dall’Europa? Sì, perché per uscire dall’euro bisognerebbe, attualmente, uscire anche dall’Unione (si vedano l’articolo 140 del Trattato UE che regolamente l’ingresso nell’euro, dove però la parola “irrevocabilmente” del terzo comma sembra riferirsi al tasso di cambio della moneta, più che all’ingresso nell’unione e l’art. 50, che prevede un meccanismo di recesso volontario e unilaterale dall’Unione, previo avviso al Consiglio europeo, che deve approvarne le modalità dopo una negoziazione e delibera infine a maggioranza qualificata).

Si potrebbe uscire dall’Unione, o forse anche solo dall’euro, dunque (sebbene da Bruxelles e da Berlino si sia negato quanto precedentemente ipotizzato). Ma un paese fallito (perché non paga i debiti), impoverito, senza una moneta affidabile che chances avrebbe?

Forse tutta la tattica elettorale di Syriza si gioca su una sorta di equilibrismo tra due impossibilità: non ripagare il debito, uscire dall’Europa (per andare dove?).

Si tratta della tipica argomentazione pseudo-deduttiva basata sul dilemma: ci sono due possibilità, ma in entrambi i casi abbiamo il baratro, quindi…

Quindi bisogna prendere il dilemma per le corna, e rovesciargliele (cambiarle di segno, che diventerebbe positivo) o passare tra i due corni del dilemma, trovando una terza alternativa (per approfondire vai qui).

 Innanzi tutto, se rovesciamo le alternative abbiamo che uscire dall’Unione (e dall’euro, come suggeriscono autorevoli commentatori tedeschi) potrebbe essere un vantaggio, perché la Grecia svaluterebbe la moneta (il debito in dracme?) e il debito si annullerebbe, come avveniva ai bei tempi in Italia (sorvoliamo sulle conseguenze di lungo termine). D’altro lato, se la Grecia non ripaga il debito è fallita, quindi, non lo deve ripagare, giusto? Quale sarebbe la conseguenza? Be’, se la Grecia fosse in grado di mantenere il suo apparato e il suo stato sociale a un livello minimo, se fosse cioè in grado di non indebitarsi, vivendo solo delle entrate fiscali (e magari licenziando la maggioranza dei dipendenti pubblici, nelle scuole, negli ospedali, nelle amministrazioni ecc.), allora potrebbe anche vivere senza indebitarsi, avendo un bilancio in attivo (se non si considerano gli interessi sul debito la Grecia è effettivamenti in attivo: si veda però il dibattito al riguardo).

Contro: se il debito, com’è ora, restasse in euro (perché mai un debitore dovrebbe accettare una dracma che è carta straccia?), allora le cose andrebbero male anche al di fuori dell’Unione. E se lo Stato fallisse non avrebbe neanche più soldi da dare a nessuno (quanti vivono a spese dello Stato, in Grecia?), né potrebbe indebitarsi per gestirsi (ancora una volta, chi accetterebbe carta straccia?).

Come vedete, le corna non si possono rovesciare.

Resta la possibilità di passare tra i due corni: c’è una terza alternativa? Questa è quella che Syriza sostiene di volere: una ricontrattazione al ribasso (meno debito, cioè) senza il fallimento, senza l’uscita dall’Unione, senza dracma e senza drammi.

Forse, aggiungiamo, è anche quello che vorrebbero altri partiti, inclusa la Nea Dimokratia del presidente del consiglio dimissionario. Ma allora, ci chiediamo, perché non concederlo sin d’ora, sgonfiando il successo elettorale di Syriza? E perché andare alle elezioni anticipate?

Forse il problema è che la discussione, se avviene sotto minaccia o sulla base di conseguenze paventabili, e se gli interlocutori (i debitori, l’Unione, i partiti) non si chiariscono, è ben lontana dal rispettare le regole del Galateo. Suggeriamo a tutti gli attori un’attenta lettura delle procedure. E poi si decida.

Sparagnin

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