Governo
Savona o no, il governo ha all’ordine del giorno il default: e a Berlino piace
“Non ho affermato che le dimissioni fossero dovute a impegni di governo, ma impegni pubblici: se esiste un altro modo per definire il mio coinvolgimento nelle vicende politiche in corso ho avuto torto e me ne scuso ‘pubblicamente’ “. Con queste scuse, pubblicate oggi su Il Sole 24 Ore a proposito delle sue dimissioni dal fondo hedge Euklid, Paolo Savona chiarisce e rilancia la minaccia. Io ci leggo: ministro o no, io sono coinvolto nelle vicende politiche in corso. Basta quindi accapigliarsi su a chi andrà o a chi sarebbe dovuta andare la poltrona di via XX Settembre, non è più una notizia. Questa, se mai, è la notizia: il governo nascerà con il “coinvolgimento”, o per meglio dire “sotto il segno”, del Professor Savona.
Da giorni mi chiedo perché Savona debba per forza sedere a via XX settembre. Potrebbe semplicemente essere l’eminenza grigia del Ministero dell’Economia, e a via XX settembre potrebbe semplicemente godere il suo momento di gloria un uomo di paglia, che non si sentirebbe peraltro solo in questo governo. La risposta che mi sono dato è di scienza politica “comportamentale” (se la disciplina non c’è, andrebbe inventata). In una battaglia politica fatta a rutto libero, un maestro come Salvini ha il compito irrinunciabile di far capire chi comanda. E intestardirsi su Savona, sul no a Di Maio (non si è capito perché, se ha il doppio dei suoi voti) e persino andare dal presidente incaricato senza cravatta sono comportamenti fatti per segnare il territorio. Tutto in attesa della prossima gara a chi la spara più grossa: le elezioni prossime venture.
La notizia ancor più rilevante dietro la notizia del “coinvolgimento” del professor Savona è che la possibilità di un default della Repubblica Italiana sul proprio debito sarà un’ipotesi concreta nell’operato di questo governo. Su questo bisogna essere laici, e per chi si occupa di mercati non è una novità. Il CDS (lo spread che veramente contiene l’informazione utile) oggi quota circa 160 punti base al massimo dagli ultimi sei mesi. Questo significa una probabilità di default del 2,6% all’anno e del 12,5% entro cinque anni (la fine della legislatura). Volendo anche questa è una non-notizia. Si tratta del massimo degli ultimi sei mesi, che significa che prima ancora il CDS è stato ancora più alto e la questione è già stata all’ordine del giorno.
Per questo forse è il caso di separare il dibattito sulla persona del professor Savona da quello sul default. Non c’è dubbio che il problema del debito pubblico italiano debba prima o poi trovare una soluzione: su questo il mercato ormai non ha più dubbi, dalla crisi del 2011 in poi. Quello a cui assistiamo oggi è semplicemente un avvicinamento drammatico dello scenario, e la paura di chi e come si troverà a gestire questo scenario. Se sarà possibile risolvere il problema davvero solo con la crescita, come ha fatto il Portogallo che solo un anno fa indicavo agli studenti come quello che ancora stava tra noi e la Grecia, e che invece oggi sta raggiungendo i valori della Spagna, o se sarà necessario un intervento di finanza straordinaria, come quelli di cui parla il professor Savona nelle interviste di repertorio che vediamo scorrere sugli schermi televisivi.
Un elemento che quasi nessuno osserva, nel commentare queste interviste in disallineamento temporale, è quale sia ora lo stato dell’arte della discussione sull’Europa, in particolare in Germania, e chi possano essere gli alleati del professor Savona. Curiosamente, nell’ultimo anno la discussione in Europa si è svolta su una proposta, fatta dagli economisti tedeschi del Collegio degli Esperti, di meccanismi automatici di ristrutturazione del debito, con abbassamento delle cedole e/o allungamento delle scadenze, allo scattare di certi indicatori da decidere. Quindi, il professor Savona troverà in Europa il conforto di molti che non credono nelle possibilità dell’Italia di cavarsela, e scoprirà, se non lo sa già, che quello che nelle sue interviste definisce il piano B, in realtà coincide con il piano A dei falchi tedeschi.
In realtà, potrebbe succedere quell’incontro che negli anni bui della crisi greca non si è verificato per un pelo tra Schaeuble e Varoufakis. Subito dopo il referendum greco sull’uscita dall’Euro, Varoufakis si sarebbe dovuto presentare all’Eurogruppo con un piano B in tasca, per l’uscita della Grecia dall’area Euro, mentre Schaeuble aveva in tasca un piano A, scritto probabilmente dagli stessi “esperti” di cui sopra, per lo stesso fine. L’incontro saltò perché Varoufakis la mattina dopo il referendum dette le dimissioni.
Si può fare, quindi, se si vuole, e c’è probabilmente molta gente che lo vuole, forse più all’estero che in Italia. Il punto è farlo in maniera “ordinata”, come vorrebbe il professor Savona. Purtroppo, il default, come la morte e la guerra, non si può fare in maniera “ordinata”. E senz’altro non lo si può fare in maniera “ordinata” se lo si fa in maniera conflittuale. Se davvero il professor Savona volesse organizzare un default in maniera “ordinata”, dovrebbe lasciare l’esibizione di attributi agli esperti (Salvini) e disegnare un piano di riforme da proporre all’ESM e alla Commissione Europea. E nello stesso tempo dovrebbe sentire anche Draghi. Di fronte a un piano convincente, approvato dall’Europa, e difeso sul campo dalla BCE, il professor Savona potrebbe aver successo. Potremmo addirittura vedere all’opera per la prima volta l’OMT, il famoso bazooka di Draghi, o meglio il napalm: la possibilità di acquistare debito italiano senza condizioni, bruciando ogni velleità speculativa sul nascere.,
Lo potrebbe fare il professor Savona, l’avrebbe potuto fare il professor Monti. C’è un solo problema: spiegare a capitan Salvini che chiediamo l’aiuto all’Europa, che ci arrendiamo, che rinneghiamo la frase di cui neppure il più odiato (da loro) Mario Monti ha mai potuto fare a meno: “l’Italia ce la fa da sola”. E’ questo urlo antieuropeista, secondo solo al “prima gli italiani” di Salvini che rende impossibile il sogno del default “ordinato”. O meglio: possibile come buttarsi giù dal sesto piano convinti di poter attutire la caduta semplicemente piegando le gambe.
Cosa c’è quindi fuori dal default “ordinato”? C’è la necessità di trovare qualcuno che ti presti 400 miliardi l’anno per far fronte alla spesa pubblica. Ci sono da tagliare pensioni e stipendi statali. Ci sono le perdite degli investitori italiani, che ormai detengono la maggioranza del debito pubblico. C’è la perdita di banche, fondi pensione e assicurazioni. C’è il declassamento del debito italiano a “junk” e l’impossibilità delle banche di utilizzarlo presso la BCE per ottenere liquidità. C’è la necessità di ricorrere all’ELA (Emergency Liquidity Assistance) da parte della BCE, che ovviamente avviene a condizioni di sudditanza alla Troika (allora la mossa non starebbe più al governo italiano). In conclusione, l’esito necessario di questo tentativo di default ordinato in contrasto con l’Europa sarebbe l’uscita dall’Euro. E qui per come uscire il professor Savona potrà avvalersi della dottrina, diffusa anche questa sui social e i media, professata dagli esperti Borghi e Bagnai.
Per concludere, possiamo tornare al professor Savona, e alle sue dimissioni dal fondo speculativo Euklid. Leggo che si tratta di “algotrading”, reti neurali, algoritmi genetici. Io me ne sono occupato negli anni 90, quando lavoravo all’Ufficio Studi della COMIT, e ho sia lavorato all’implementazione che pubblicato articoli sul tema. Oggi sul tema mi sento un po’ vecchio e disilluso ed esito, nonostante qualcuno cerchi di convincermi, a ridare la mia fiducia a questa nuova ondata di intelligenza artificiale. Mi sorge la domanda: ma il professor Savona, che ricordo duellare tra keynesiani e monetaristi quando ero sui banchi di scuola, di intelligenza artificiale cosa ne sa? Forse ne sa quanto di “default ordinati”?
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