Partiti e politici

Salvini e Di Maio vogliono un’altra Europa. Ok, ma quale?

27 Ottobre 2018

Matteo Salvini e Luigi Di Maio sono già impegnati nella campagna elettorale che punta al sovvertimento dell’Europa attuale. Marciano divisi ma si uniranno dopo. L’annunciato gruppo anti-establishment paneuropeo di cui ha parlato Di Maio, ma senza ancora fare i nomi, è un’eventualità fantomatica, un depistaggio elettorale che porterà dopo le elezioni alla confluenza dei grillini a Bruxelles nel gruppo sovranista di Salvini, Farage e Le Pen. L’alleanza populista italiana si confermerà quindi anche a livello europeo, ma sarà più verde-nero che giallo-verde.

Non sappiamo esattamente che tipo di Europa vogliano le forze politiche sovraniste. Sappiamo però cosa Salvini e Di Maio non vogliono – gli establishment politici à la Juncker, le regole condivise di bilancio, i principi cari ai nemici del Popolo come Soros: la concorrenza, i diritti umani. Non vogliono che le istituzioni europee abbiano il potere di limitare il governo nazionale di Roma nell’esercizio della propria sovranità. I gialloverdi pretendono il diritto di selezionare la razza di chi può immigrare in Italia; il diritto di spendere, spendere, spendere denaro pubblico a prescindere dalle conseguenze finanziarie dei padroni delle finanze pubbliche, i contribuenti, e pretendono il diritto a nazionalizzare, nazionalizzare, nazionalizzare perché la dignità patria lo chiede. Non possono in questo essere frenati da regole e istituzioni sovranazionali.

Per restituire all’Italia questi diritti negati dall’Unione europea, a Salvini e Di Maio non basta vincere le elezioni e cambiare politiche: devono per forza cambiare le regole europee, intervenire sugli elementi fondativi dell’Europa attuale. Dovranno cioè modificare i trattati.

Intendiamoci: è legittimo, anzi auspicabile, che forze politiche pan-europee si interroghino su come riformare l’Europa per renderla, da retorica, una patria comune. La condizione attuale, con l’opacità e irrilevanza decisionale del meccanismo intergovernativo, impone all’idea di Europa una mortificazione continua coltivata nell’ipocrisia degli accordicchi tra capi di governo, tra i quali leader di paesi che violano principi, trattati, diritti umani. Da Malta all’Ungheria alla Polonia all’Italia e con gradi diversi tutti. La tecnocrazia che si fa politica perché la politica rinuncia alle proprie responsabilità è la negazione della democrazia europea, che infatti in questo regime è stata distrutta. (Jan Zielonka, Counterevolution).

Salvini e Di Maio hanno vinto le politiche in Italia dando risposte pericolose a questioni che le persone si pongono davvero. Perché i richiedenti asilo spacciano al parco sotto casa dove porto i bambini? Perché, se perdo il lavoro, devo sentirmi contento se ne trovo solo un altro peggiore?
I populisti hanno sovvertito le priorità dell’agenda dei rispettabili e messo in dubbio la capacità e legittimità democratica della gerarchia consolidata.

I temi “popolari” in realtà non è che i liberal-democratici non li abbiano affrontati. Durante la massima emergenza profughi dalla Siria, nel 2016, la Ue ha fatto un accordo con Erdogan perché tenesse gli stranieri in Turchia, oltre i confini europei, sebbene i siriani non siano neri e con la loro presenza disturbino meno le sensibilità antropologiche europee.
Il metodo paga e viene rinnovato in Italia con la politica di Minniti del girarsi dall’altra parte sulle torture in Libia, e la genialata di chiamare “sindaci” i capi clan delle mafie locali dello sfruttamento dei migranti e del traffico illegale di gas. Questo metodo “europeo” ha offerto sponda all’anti-umanitarsimo di Salvini che, oltretutto, un pregio ce l’ha: è esplicito.

Dunque ok, Salvini e Di Maio vogliono un’altra Europa – e chi non la vuole. Ma quale Europa vogliono Salvini e Di Maio, e come la vogliono fare? In realtà non hanno mai parlato di come vedano questa loro nuova Europa tutta da costruire. Hanno però manifestato intolleranza per quello che è il cuore e il bello dell’Europa attuale: che le istituzioni comune si interessino di noi perché appunto l’Europa è un “noi”. L’intolleranza dei leader di Lega e 5 Stelle per questo “noi europei” significa solo una cosa: la loro Europa non è più l’Europa.

Salvini e Di Maio abbracciano paradigmi nazionalisti, autoritari, dunque la loro “nuova Europa” è decisamente opposta alla mia – l’idea razionale degli Stati Uniti d’Europa. Nell’Europa di Di Maio e Salvini ci sono 27 stati sovrani liberi di decidere chi dentro chi fuori i propri confini. Un’Europa con 27 frontiere, dunque. E in cui i 27 Stati sovrani smettono di conformarsi a principi fondativi comuni – diritti umani, democratici, civili, sociali – per scriversi ciascuno il set costituzionale più adatto alla propria idea di potere. Amano anche il paradosso, i nostri, e aspirano a un’Europa sì sovranista ma finanziariamente comune e solidale. Un’Europa cioè che si accordi per mettere il debito dei 27 in comune – cosa tuttavia difficile da conciliare con il rifiuto a cedere sovranità a quelle istituzioni comuni che ne devono governare il rispetto delle condizioni!

L’Europa di Di Maio e Salvini non è insomma la stessa Europa di ora ma con politiche più popolari. L’Europa di Salvini e Di Maio è una cosa più semplice: una espressione geografica comune, e basta. Bisogna cominciare a porre loro la domanda, nei talk show e sui giornali autorevoli: quale Europa, Matteo? Quale Europa, Luigi? Il tempo per rispondere ancora c’è, ma è poco. Visto che poi pretendete pure di mantenere le minacciose promesse fatte al Popolo elettorale.

@kuliscioff

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