Mobilità
Quanto è pericoloso muoversi in bici nel mondo, in Europa, a Milano
“Mentre leggi queste righe, almeno cinque persone nel mondo muoiono perché coinvolte in incidenti stradali”. E’ con questo avvertimento che Tedros Adhanom Ghebreyesus, Direttore Generale dell’OMS, ha commentato la pubblicazione del Global status report on road safety 2023 – documento ONU che analizza le misure e le strategie adottate dagli Stati membri in materia di sicurezza stradale e pianificazione urbana, riportando i numeri dei morti negli incidenti stradali che si sono verificati nell’ultimo anno e mettendo in luce le categorie più colpite. “Nel 2023, i morti in strada sono stati 1.19 milioni. Questo vuol dire che, ogni giorno, per le strade del mondo hanno perso la vita più di 3.200 persone – si tratta di due morti al minuto. Nonostante i progressi, si tratta di numeri ancora alti, se si pensa che ognuna di queste morti si poteva evitare. Stiamo andando nella direzione giusta, ma c’è ancora tanto lavoro da fare. L’incidente stradale è la prima causa di morte di bambini e giovani tra i 5 e i 29 anni: ricordiamocelo sempre.”
Parte dello United Nations Decade of Action for Road Safety 2021-2030, strategia ONU per dimezzare il numero dei morti in strada entro il 2030, il report mostra come, nonostante il calo degli incidenti stradali del 5% rispetto al 2010, le strade di molte città del mondo non siano ancora un luogo sicuro dove circolare, e come la possibilità di rimanere coinvolti in un incidente più o meno grave rappresenti, in molti contesti urbani e non solo, un rischio più che concreto. Rischio che si fa, poi, ancor più concreto nel caso in cui a circolare non sia un soggetto alla guida di un’automobile, bensì un pedone, un ciclista o un motociclista. Stando al report dell’OMS, infatti, se importanti progressi sono stati fatti, negli tempo, per la tutela di automobilisti e guidatori di mezzi pesanti, la stessa cosa non si può dire per quanto riguarda la sicurezza stradale di chi, quotidianamente o in via occasionale, sceglie di spostarsi in bicicletta, motorino, monopattino o e-scooter. Come si vede dai dati ONU, in effetti, del totale dei morti in incidenti stradali solo il 30% è costituito da automobilisti; al contrario, più del 50% di essi è composto da pedoni (23%), motociclisti (21%), ciclisti (6% per un totale di 71.000, con un dato in crescita del 20%) e guidatori di monopattini elettrici e e-scooter (3%). A spiegare questi numeri, il report mostra come, nel mondo, l’80% delle strade percorribili dai c.d. “soggetti vulnerabili” non soddisfi ancora gli standard ONU in materia di sicurezza urbana, e come soltanto lo 0,2% di esse sia dotato di piste ciclabili – rendendo quella dei ciclisti, in particolare, una categoria sensibilmente esposta all’incidente.
E se nove incidenti su dieci si verificano, riporta l’ONU, in paesi di basso e medio reddito, la situazione non è poi così migliore, di fatto, sulle strade dell’Unione Europea – se si considera, soprattutto, la sicurezza dei ciclisti. Riporta infatti l’European Road Safety Observatory nel suo ultimo studio: a fronte di una significativa diminuzione dei decessi di automobilisti e guidatori di mezzi pesanti verificatisi nell’ultimo decennio, nei paesi UE sono sempre di più i ciclisti che ogni anno perdono la vita coinvolti in incidenti stradali, con dei numeri in salita dal 7% al 10% rispetto al 2010. E se questo è dovuto, in parte, alla sempre maggiore popolarità del mezzo – presentato tra l’altro dalla stessa Unione come simbolo della c.d. “svolta green” – tra i cittadini dell’UE, è altrettanto vero, spiegano i dati, che ciò si verifica soprattutto a causa dell’assenza di adeguate politiche di sicurezza urbana nella maggior parte delle città europee, ancora costruite su un modello autocentrico che non tutela le forme di mobilità alternativa. Questo, con il risultato che, su dieci incidenti mortali che si verificano in Unione Europea, uno coinvolge la morte di almeno un ciclista – con un andamento simile che si riscontra per quanto riguarda i ciclisti gravemente feriti, che salgono dal 15% al 24%. “La sicurezza stradale di ciclisti e pedoni rappresenta una delle sfide principali che l’Unione dovrà fronteggiare nei prossimi anni” ha dichiarato Adina Valean, alla Commissione Trasporti UE “Ad oggi, il 9% dei morti in incidenti stradali è rappresentato da ciclisti: questo vuol dire che le infrastrutture delle nostre città non sono ancora in grado di garantire adeguati standard di sicurezza per chi ogni giorno sceglie di muoversi con questo mezzo. Sono più di 25.000 le persone che ancora muoiono, ogni anno, per le strade dell’Unione Europea – e più di 2.000 di queste muoiono pedalando. I Governi non devono sottovalutare questo fenomeno: come possiamo pensare ad un modello di città più sostenibile se poi mettiamo a rischio la vita di chi decide di abbandonare l’automobile?”
In questo quadro, qual è la posizione dell’Italia?
Rispetto a questi numeri, poi, un discorso a se’ lo merita il quadro italiano. A fronte di dei dati significativamente al di sotto della media dell’Unione Europea in materia di incidenti stradali e rischi di circolazione per i ciclisti in città (nel nostro paese, il numero di morti in bici per milione di abitanti è di 3,6% contro il 4,4% dell’Unione Europea, e la proporzione di ciclisti deceduti è del 7% a fronte di una media UE che supera il 9%), infatti, nel 2023 l’Italia si conferma il paese dove, tra tutti, muoversi in bicicletta è considerato più rischioso.
A evidenziare questo dato è l’“Urban Road Safety Index – 2023 Edition”, documento elaborato dalla società olandese Cyclomedia che analizza i dati relativi alla sicurezza stradale reale e percepita nelle principali 25 città europee. In un sondaggio che comprende 7.515 soggetti residenti tra Amsterdam, Antwerp, Vienna, Barcellona, Istanbul, Dusseldorf e altre, il documento mostra come, tra gli intervistati, i più critici nel commentare i dati su incidenti stradali e politiche di sicurezza urbana della propria città siano proprio gli italiani. Tra tutte, sono infatti Roma e Milano le città europee dove la percezione del rischio per pedoni, ciclisti, e utilizzatori di monopattini elettrici e affini è più alta: mai come in queste aree, ci si sente in pericolo nel momento in cui si sceglie di abbandonare l’auto per spostarsi con mezzi alternativi, mentre le autorità sono sorde al problema. In particolare, è Roma la città dove la situazione viene descritta come insostenibile: di tutti gli intervistati, più del 74% esprime un giudizio negativo verso le misure adottate finora in materia di sicurezza stradale (i più soddisfatti si trovano a Varsavia, Vienna e Oslo), e mai come per le strade di Roma, oltre che di Istanbul, i ciclisti temono per la propria incolumità (cosa che invece non succede a Vienna, percepita come la città più sicura per le due ruote). A preoccupare i romani sono, soprattutto, le condizioni delle strade e delle piazze, considerate pericolose per chi si muove in bicicletta (al contrario di Helsinki e Copenhagen, premiate per le ciclabili in ottimo stato), insieme alla scarsa illuminazione durante le ore notturne (dato questo particolarmente critico anche a Milano, per una percentuale di insoddisfazione rispettivamente del 52% e del 32%).
Pur suscitando curiosità a livello europeo, il quadro non stupisce chi, da generazioni, ogni giorno circola per le strade italiane dove, nonostante i faticosi e progressivi sforzi di riqualificazione urbana, lo spazio per pedoni e ciclisti è ancora troppo poco. Come riporta il 20° Rapporto ISFORT sulla mobilità degli italiani, infatti, anche quest’anno l’Italia svetta in Europa per numero di auto pro-capite (65,7 ogni cento persone), e Milano, Roma e Torino sono tra i luoghi in cui si percorrono ogni giorno più chilometri sulle quattro ruote. Mai come in Italia, i cittadini dichiarano di aver sviluppato una vera dipendenza dalla propria auto, il cui uso non viene messo in discussione dall’emergenza del caro carburante e dei sempre più alti costi sociali, ambientali e sanitari provocati dall’impatto del settore sul PIL del nostro paese (si parla del 6,8% del prodotto interno lordo). Stando ai numeri dell’ultimo anno, riporta ISFORT, ancora oggi uscendo di casa ci si trova circondati da veicoli parcheggiati per il 95% del tempo, e ogni giorno si utilizza, in media, l’auto per circa 2 o 4 volte. Il dato fa riflettere. Soprattutto se si pensa che, a Milano, per percorrere 10 chilometri si impiegano in media 27 minuti e 30 secondi – alla velocità media di circa 8 km/h. Si tratta di 259 ore all’anno – si tratta più di 15 giorni.
E’ una novità? No, ma in questi giorni di festività natalizie in cui i più fortunati hanno potuto staccare, per pochi giorni, dalla frenesia del proprio quotidiano cittadino, forse vale la pena ricordarlo.
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