UE

Punire il Leave, incentivare il Remain: la teoria dei giochi salverà l’UE

28 Giugno 2016

Disclaimer: avrei voluto che vincesse Remain, ma così non è stato.

 

Durante la campagna per il referendum su Brexit il meglio degli economisti britannici (e non) si sono schierati a favore di Remain snocciolando previsioni di recessione e inflazione. Macroeconomisti, economisti del lavoro, economisti monetari e economisti del commercio internazionale hanno tutti cercato di dimostrare come Brexit avrebbe causato grossi guai al Regno Unito basando le loro stime su dati e teorie, come è giusto che sia. Non sorprendentemente questi argomenti non hanno raggiunto  la pancia dei sudditi di sua maestà grazie anche alla campagna di discredito da parte di personaggi  come Michael Gove, ex giornalista e ora ministro del governo Cameron.

È da sabato che ci penso, da quando lo shock ha lasciato il posto a riflessioni sul futuro, ma forse forse un microeconomista con la teoria dei giochi avrebbe potuto usare argomenti convincenti e facilmente comprensibili a favore del Remain e da quel che leggo la Cancelliera Merkel  ha fatto un ripassino dei capitoli sull’equilibrio di Nash e sui giochi ripetuti.

Potremmo dire che la UE a 28 membri  è in un equilibrio di Nash, che non vuol dire che sia nella situazione migliore possibile ma semplicemente che se tutti stanno dentro a ciascun paese conviene rimanere dentro. Quindi se un giocatore razionale (e assumiamo con fatica che Boris Johnson, Farage e Cameron lo siano) sembra voler deviare da una strategia di equilibrio è perché pensa che il payoff che ottiene con “stare dentro” non sia quello massimo che può ottenere se tutti gli altri continuano a rimanere dentro. Ora, quale sia la strategia esatta che i Brexiters hanno in mente non è chiarissimo (nemmeno a loro). Vogliono davvero uscire? Vogliono rinegoziare condizioni ancora più speciali ed avere una membership pret-a-porter? È indubbio che la UE ci rimetterebbe dall’uscita del Regno Unito, anche solo perché sono contribuenti netti per 7 miliardi di euro, e in un gioco a due forse anche alla UE converrebbe ammorbidirsi e acconsentire a nuove regole.

Ma la UE è fatta di altri 27 paesi ai quali deve continuare a convenire rimanere dentro. Quindi  i vertici europei, se vogliono mantenere in vita questo affascinante e sgangherato club, devono tenere a mente non solo i costi e i benefici della Gran Bretagna ma anche quelli degli altri paesi i cui benefici dall’essere membri sarebbero leggermente ridotti dall’uscita di UK, ceteris paribus. Da un lato UE potrebbe ammorbidirsi e concedere qualcosa ai restanti 27 paesi, aumentando i benefici del rimanere. Dall’altro lato, un comportamento rigido e inflessibile con UK dovrebbe aumentare i costi di uscita di qualsiasi altro paese che potrebbe farsi venire strane idee (l’Olanda ad esempio).
La strategia dura che Merkel  e Juncker hanno dichiarato  è quindi non solo perfettamente credibile, ma era anche prevedibile perché se è vero che UK è sicuramente un membro molto importante è altrettanto vero che la tenuta degli altri lo è di più. L’idea che l’Europa continentale non sia con il piattino sulle rive della Manica ad aspettare la decisione sull’Articolo 50 può ferire l’orgoglio britannico, ma sono sicura che un popolo di giocatori come sono i brits questo discorso di probabilità e strategie lo capirebbe benissimo.

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