Enti locali
Politica di coesione al palo? Cosa può fare l’italia
Mentre le nostre amministrazioni, le università, gli enti di ricerca, le aziende italiane ed europee sono nelle prime fasi dell’utilizzo dei fondi comunitari del Bilancio Pluriennale 2021 – 2027 qualcuno sta già ragionando sulle prospettive del prossimo Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) che partirà formalmente nel 2028.
La Commissione Europea dovrà presentare la propria proposta di QFP nel luglio 2025 e poi inizierà il cosiddetto dialogo interistituzionale tra Parlamento Europeo e Consiglio anche se sarà quest’ultimo ad adottarlo formalmente.
Ma anche se manca più di un anno e mezzo alla presentazione della prima proposta c’è chi sta già ragionando su come modificare e riorganizzare le risorse per il prossimo futuro.
Esistono già diversi paper, documenti, analisi più o meno superficiali e quasi tutti arrivano dalla Germania. Mentre quasi tutti si concentrano, per ora, solo sugli aspetti generali – il volume complessivo del QFP, la sua durata, l’eventuale introduzione di nuove forme di finanziamento del bilancio stesso, se e cosa fare dell’esperienza del Next Generation EU – c’è uno studio che è in fase di elaborazione a cui dovremmo guardare con molta attenzione. Si tratta di uno studio iniziato lo scorso anno e che verrà presentato a settembre 2024 condotto da un ente di ricerca economica, lo ZEW di Mannheim.
Questo studio è interessante per almeno due ragioni. Anzitutto è promosso e finanziato dal Ministero delle Finanze del Governo Federale tedesco. In secondo luogo perché nell’abstract che descrive lo studio si dice chiaramente che l’intenzione dello stesso è dimostrare che la politica di coesione europea – che , ricordiamo, rappresenta il 30% del bilancio UE ed è la base di praticamente tutte le politiche delle nostre regioni e dei nostri comuni – ha funzionato solo nella dimensione Est – Ovest mentre “la divergenza Nord-Sud persiste ostinatamente”. Insomma quello che probabilmente vorranno dimostrare i ricercatori tedeschi è che sarà necessario rivedere al ribasso, soprattutto per le regioni del Sud Europa, i fondi per le politiche di convergenza e per le politiche regionali della UE.
Da tenere in considerazione anche un lungo paper promosso e pubblicato dalla Conferenza delle Regioni Marittime Periferiche (CPRM) che propone cinque scenari per la politica di coesione post 2027 in cui la peggiore prospettiva – denominata non a caso TItanic – prevede la fine della politica di coesione come la conosciamo, con una maggiore rinazionalizzazione e un minore coinvolgimento degli enti locali e regionali.
Come rispondere a queste ipotesi, che ricordiamo sono ancora solo la base di una ricerca che è in corso? Probabilmente evitando una nuova sterile polemica ma invece partendo anche noi, come sistema delle regioni, delle amministrazioni locali e di tutto il sistema economico per costruire da subito anche il punto di vista italiano sul tema delle risorse di bilancio e sugli investimenti.
Insomma anticipare i tempi, studiando (tanto) e proponendo (bene) una nostra visione e una nostra proposta per il futuro.
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