UE

Ok, la Grecia truccava: ma davvero volete farla morire di fame?

29 Giugno 2015

Nei primi giorni dello scorso febbraio, all’indomani della vittoria di Tsipras, dopo anni di logoramento cominciava tra Europa e Grecia la nuova partita che poteva cambiare alcuni equilibri continentali. Quel popolo aveva ormai poco da perdere, se non le catene si sarebbe detto, e proprio questa condizione pareva poter smuovere assetti consolidati. Se il leader greco avesse avuto il coraggio di tirare dritto, di non fermarsi nel duello a chi si spostava per ultimo, avrebbe obbligato gli avversari a scoprire le carte. La Trojka, la Germania, il pensiero unico austero, d’altra parte, fino a dove erano disposti ad arrivare? Questo tragico “gioco”, sottoforma di negoziato tra forze impari, verso la fine avrebbe imposto un pò a tutti di schierarsi.
E qui terminavo il mio ragionamento: se l’Ue a trazione tedesca e gli organismi sovranazionali, sfoggiando il loro pugno di ferro senza il guanto di velluto di governi tecnici o di larghe e obbligate coalizioni, avessero deciso di arrivare fino al punto di schiacciare la Grecia, noi, noi altri Paesi, noi cittadini europei, noi elettori, infine, da che parte ci saremmo schierati? Col più forte? Col più debole?

Qui terminava la simulazione che mi è valsa qualche pacca sulla spalla, e, più frequentemente, l’invio all’inferno con grande enfasi da parte dei sostenitori di altre legittime tesi; lettori che comunque ringrazio, sinceramente, per avere stimolato ulteriori riflessioni sulla temperie attuale.
Tali punti di vista, sintetizzati e visibili in questi giorni rispetto alla questione greca, insieme, costituiscono il pensiero trasversale e largamente maggioritario, il mainstream di sostegno della cosiddetta “austerità” che, come si sarà capito, io considero sbagliata fino dal momento in cui è stata concepita; figuriamoci oggi che ha sbrindellato il continente.

La prima categoria di critici, la definisco dei “moralizzatori”. Così alla grossa, essa è la più numerosa costituita prevalentemente di persone che una volta si sarebbero definite “ceto medio riflessivo”: una buona cultura generale, estrazione sociale media, per l’appunto, professioni più diverse, interesse per le cose del mondo, seguono la politica, leggono i principali giornali e su di essi si formano un’opinione di “buon senso”. Ecco, qui sta il punto: dopo essersi formati un’opinione, proprio perché plausibile e di buon senso, difficilmente la mettono in discussione. È l’opinione formata dalla media delle posizioni dei principali opinionisti che, rispetto alla Grecia, più o meno suona così: “hanno truccato i bilanci, ora pagano. Si sono goduti i nostri soldi, ora li restituiscono”. Per il moralizzatore, il debito è la colpa e la colpa va espiata; ai suoi occhi ogni greco è un greco, non si discrimina tra un mungitore di capre e un armatore, entrambi uniti nel godersi i nostri sudati risparmi. Tu puoi passare ore a cercare di spiegare, in sintesi, che difficilmente chi ha lucrato, corrotto, concusso, è colui che in questi mesi va in cerca di medicinali nelle mutue di Syriza; che chi sta prelevando 500 euro agli sportelli in queste ore, è verosimile non sia un esportatore di capitali esentasse. Ma niente, un greco è un greco e il moralizzatore non ha pietà come un puritano di fronte ad un immorale teatro londinese; si sente minacciato da chi non rispetta le “regole”, che non si discutono, e di conseguenza chiede severità e inflessibilità.

Tanto egli è muro di gomma, quanto sono aggressivi gli “imperterriti”. Per loro natura impavidi e impassibili, questi hanno una cultura economica, laureati, dottorati, masterizzati in materie economiche e finanziarie, essi sono solidi da questo punto di vista che impiegano per descrivere quel che esiste, o dovrebbe esistere. Ecco, qui sta il punto. L’imperterrito sa spiegare meglio di chiunque altro perché all’interno di un quadro assunto (le attuali politiche di austerità) tutto deve andare come in realtà non sta andando. Ad ogni obiezione egli ti oppone una “quarta legge di Antani”, che naturalmente tu sottovaluti, e quota statistiche su statistiche che dimostrano matematicamente che tutto è giusto e perfetto; e non importa se non lo è. È il profilo umanistico che l’imperterrito non concepisce: che dietro a un dato ci sia una persona; che un bilancio rappresenti fatti sociali non lo tollera, nè smuove o riclassifica le priorità del creato.
La Grecia aveva un mostruoso debito, un esagerato settore pubblico, un asfittico settore privato, una spesa pubblica fuori controllo, tutto ciò andava corretto seduta stante, benchè in tempo di crisi, e non esistevano soluzioni indolore: quindi, spazzola di ferro. Il fatto che oggi, dopo lunga pettinata, il paese sia moribondo, non suggerisce di modificare gli assunti iniziali, anzi, ma di stringere il torchio. L’imperterrito voleva iscrivere un tipo fuori forma e sovrappeso alle olimpiadi, e l’ha allenato a suon di frustate, e continua a frustarlo ancora adesso che è a terra moribondo, pretendendo che si alzi e vada a vincere la maratona.

Infine, di tutt’altra pasta, ci sono i flemmatici “minimizzatori”. Esperti, gente d’azione, ne hanno viste tante, molte più di noi, e molte ne vedranno e già sanno, e forse hanno ragione, che tutto si aggiusterà in qualche modo. Certo, i greci sono allo stremo, certo l’Europa è prepotente, ma tutti hanno quote di ragione e di torto. I negoziati di questi giorni sono parte del gioco, tengano il fiato, che poi passa. Tranquilli che passa.

Tutti questi insieme, e forse altri che non conosco perché non mi hanno legnato, sono una solida base di opinione pubblica per le politiche economiche che hanno portato a questo punto la situazione greca.
Eppure tutto ormai dovrebbe essere chiaro, evidente, anche perché è avvenuto pressochè in vitro, nel vuoto perfetto che piace ai teorici austeri. Il Paese è stato a lungo commissariato, e quale che fosse la malattia, peraltro dignosticata da chi l’aveva commissariato, gli è stata imposta la cura senza scarti, imprecisioni, deviazioni. E i risultati sono lì da vedere, i dati sono sotto gli occhi di tutti. Il Pil è crollato, il debito è salito, la disoccupazione è impennata, l’economia è devastata, la società è logorata, le istituzioni sono al disordine. Tutto è andato all’opposto delle previsioni.

“Compagni, i fatti non ci hanno capito!”, diceva quel tale. Ma date le colpe passate, quali colpe ancora si attribuiscono non dirò alla Grecia, e nemmeno alle sue terribili classi dirigenti, ma alle fasce più deboli, ossia pressochè tutti quelli che sono rimasti.
Di mantenere intere famiglie con le pensioni? Di gonfiare il settore pubblico con lavori improduttivi? Ma quando avrete tagliato pensioni e lavori improduttivi, di che vivranno: di aria?
Io chiedo un armistizio a moralizzatori, imperterriti e minimizzatori; in questi termini. Per capire i fatti di questi giorni, e al limite litigare meglio, occorre che aggiorniamo il file Grecia. Qui il problema non sono più le questioni del passato, quelle che abbiamo citato fino ad ora, le orribili colpe di un corrotto paese di armatori e produttori di yoghurt. Occorre una soluzione di continuità tra tutto quello di cui abbiamo parlato fin qui e il problema dell’oggi: che è un paese prostrato impossibile da risollevare con le frustate delle politiche adottate, una minaccia per le sorti del continente. Senza la riattivazione di quella economia non ci saranno crediti esigibili, e quella economia non si risolleva alzando le tasse, tagliando le pensioni, aumentando la disoccupazione e auspicando un ampliamento del settore turistico (sic!). Soprattutto, quella economia non si risolleva senza che le istituzioni democratiche – di tutti i paesi europei, non solamente Greche – riacquisiscano il loro senso: ossia la partecipazione popolare, il libero voto dei cittadini, la democratica scelta sulle politiche fondamentali di ogni comunità.

Occorre riconoscere che si è devastata una democrazia europea che, senza inutili moralismi e con un po’ di realismo, si poteva salvare a poco prezzo, o almeno a un prezzo molto inferiore di quanto sia necessario ora. Di fronte ai palesi risultati di questa assurda strategia, oggi si prosegue solo per non ammettere che le politiche erano e sono sbagliate. E si prosegue con costi economici e sociali sempre più alti, come gli scommettitori ubriachi che a tarda notte continuano a puntare sullo zero.

Ora, la convocazione di un referendum (rocambolesco finchè si vuole), trasmette l’idea che questa settimana rappresenti la zona rossa della trattativa, quella in cui le due parti utilizzeranno le armi non convenzionali a loro disposizione. Al termine di questa violenta partita a scacchi, forse si firmerà, forse no. Di certo per una fase la Grecia sarà abbandonata a se stessa. A me pare che i greci abbiano bisogno di aiuto perché quei cittadini europei non devono essere più soli di quanto non sia stato in questi quattro anni.

E, soprattutto, questa non è l’occasione per dare altro ossigeno alla Grecia, per frustarla ancora in vita, ma per invertire le politiche economiche fino ad ora adottate. Naturalmente ciò non accadrà, perché non ci sono le condizioni politiche. E non ci sono tali condizioni perché la maggioranza dell’opinione pubblica ancora sostiene quella assunta come l’unica opzione possibile, perché sta dalla parte del più forte.

Nondimeno, è necessario cambiare politiche, e dopo Stiglitz e Krugman, un terzo premio Nobel, Shiller, e poi Bauman, Habermas, tutti, ve lo stanno dicendo tutti. Ma niente, si continua a credere ad Alesina e Giavazzi. E non basta più nemmeno lo psichiatra, qui ci vuole l’esorcista.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.