
UE
Michele Serra, senza elmo in testa, caduto dall’amaca
La corsa al riarmo dei paesi europei sembra alzare il livello del testosterone di diversi opinionisti e politici, iniettando vigoria nel pensiero fiacco del bellicismo postmoderno, stimolando finanche lo sdraiato Michele Serra, titolare dell’amaca de “la Repubblica”. Questi, tra le persone deputate a pensare della nazione, ha partorito la genialata di aizzare la gente a scendere in piazza, il prossimo 15 marzo, per sbandierare il vessillo d’Europa e dare luogo alle pulsioni nazionaliste, sovraniste e interventiste. Qui, ci sarebbe andato a incastro Giorgio Gaber, che avrebbe potuto canzonare, alla sua maniera e senza perdersi la rima, il clan dei capipopolo un po’ troppo aperitivisti e spiccatamente tendenzialisti, giammai intimisti, ma rigorosamente efficientisti e fintamente insurrezionalisti. Ahó, a quanto pare siamo tornati al clima del 1914, allorché tanti intellettuali, giornalisti e scrittori, si schierarono, alcuni stupidamente, altri in cattiva coscienza, a favore della guerra. E con loro anche molti cattolici e non pochi socialisti, pacifisti per definizione, che furono invece irrimediabilmente attratti dal richiamo morboso del conflitto bellico, traendone eccitamento e speranze concrete per la loro carriera. Uno di questi socialisti, anche direttore di giornale, fu tra i più focosi interventisti: si chiamava Benito Mussolini. La storia è ben conosciuta, e tutti sappiamo come andò a finire.
Tornando all’attualità, Ennio Flaiano ci aveva avvertito: «L’evo moderno è finito. Comincia il medio-evo degli specialisti. Oggi anche il cretino è specializzato.» (Da “Taccuino del marziano”, edizioni Henry Beyle.) Non vorrei, a questo punto, che la figura e il ruolo del nostro buon Serra non potendo avvicinarsi alla concezione di un novello Diomede, tanto più che anche lui, come tutti i belligeranti che dicono di avere a cuore la pace, può essere a tutti gli effetti raffigurato dal famoso e abusato adagio “Armiamoci e partite!”, rientrasse nella congettura pungente dell’umorista abruzzese di adozione romana. Anche perché, siamo seri, il dormiente dell’amaca potrà pure dare l’impressione di essersi rigirato una volta di troppo nel suo angusto spazio riflessivo, finendo per caderne, senza tuttavia risvegliarsi dal suo pensiero sonnacchioso, ma non si può certo dire che sia un cretino! Specialista, sì, non fosse altro per aver professionalmente dispensato, negli anni, una visione della contemporaneità da coricato, non certamente panoramica. E succede che l’appisolato Serra, costretto per posizione a osservare terra terra, sempre in orizzontale, senza mai verticalizzare le proprie congetture, in barba agli schemi del grandioso Zeman, decide di sollevarsi dal suo stato sonnacchioso, afferrando idealmente il megafono per farsi “arrevotapopolo”. (Dalla lingua napoletana: «arrevotare», ribaltare, rivoluzionare.)
Indìce, pertanto, innalzando l’amaca a un’altezza tale da rendergli autorevolezza intellettuale, una manifestazione contraria all’apertura delle trattative del conflitto russo ucraino, che secondo i bellicisti europeisti incoraggia una pace ritenuta non giusta, in quanto non ricorre alle armi e non provoca morte e dolore. L’iniziativa, infatti, è favorevole alla prosecuzione della guerra in nome di una “pace giusta”, individuando nella Russia il proprio nemico mortale e reclamando, alla stregua dei frustrati leader al potere, un esercito europeo, come se un riarmo inerente all’allestimento della difesa satellitare e una fornitura di carrarmati e aerei potesse far fronte contro un nemico (se mai lo fosse) che dispone di 6.000 testate nucleari! E qui il cretinismo specialistico, di cui prima, si fa avvertire. La domanda finale è: davvero Michele Serra, dopo una vita passata a riflettere in maniera moralistica su uno dei giornali più prestigiosi del paese, non ha chiaro in mente la miserabile posizione ideologica di cui si fa portavoce? La certezza che tanti di noi hanno, come d’altronde lui, è che gli 800 miliardi di euro destinati all’inutile e assurdo Rearm Europe Plan verranno inesorabilmente sottratti alla sanità, trasporti, cultura, previdenza e tanto altro, per procurare uccisioni, corpi sventrati dalle bombe e tanta sofferenza, a cominciare da quella infantile. Ed è per questo che non andremo in piazza il 15 marzo, ben consapevoli, o, forse, finalmente consapevoli, che «L’Italia non sta facendo altro che vivere un processo di adattamento alla sua stessa degradazione» (Abiura dalla «Trilogia della vita», Pier Paolo Pasolini, 1975). A quanto pare, uno dei maestri di questo processo storico, è sicuramente il sempre nostro Michele Serra.
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