UE
L’Ue si fa i selfie al funerale della Grecia
Siamo in un’epoca in cui sovente si ricostruiscono i retroscena, e non si osserva la scena; si guarda dietro la televisione ignorando lo show che va in onda.
A volte avviene così anche nel valutare quel che è accaduto in Europa nell’ultimo decennio della Grande crisi; ma l’austerità è ormai storia, i dati sono stratificati in serie, basta metterli in fila.
Prendiamo la Grecia. Oggi, mentre finisce l’era della Troika imposta dall’Ue a quello sventurato paese, il commissario Moscovici, socialista (prendiamo lui per tutti), asserisce che occorre “festeggiare un momento storico”. Infatti tutti giornali apprestano pagine in cui si afferma che “è finita la crisi greca”.
Perfetto, restiamo ai dati Eurostat riportati da questi stessi giornali. Dall’inizio del primo salvataggio del 2010, le varie “istituzioni” hanno speso (prestato), 270 miliardi di euro.
In questo stesso lasso di tempo, quel paese ha perso il 20% del Pil (25% dal 2007), la disoccupazione è raddoppiata, passando dal 10 al 20%, le “entrate personali” sono diminuite in media del 28%, le pensioni sono state tagliate del 14%, oltre un quinto dei cittadini vive sotto il livello di “estrema povertà”, e mezzo milione di questi sono emigrati all’estero, con la prospettiva di non più ritornare.
Inoltre, il rapporto debito/Pil, la vera ragione e ossessione della filosofia che ispira le politiche economiche di questi anni, ammonta al 180%.
E quindi? Non si capisce dove sia il buon risultato dell’operazione, il motivo delle celebrazioni. Quale che fosse il punto di partenza ipotetico – la crisi, il dissesto, le colpe greche, lo storico malfunzionamento strutturale di quella economia, quel che si vuole -, da quale punto di vista l’esito dell’intervento straniero è valutabile positivamente?
Le stesse istituzioni intervenute – in funzione autoassolutoria – hanno introdotto elementi problematici, per esempio sull’esigenza di agire nei confronti delle gravi fasce di povertà; non si capisce peraltro con quali risorse, dato che l’obbligo di conseguire nei secoli dei secoli avvenire un cospicuo avanzo primario renderà impossibile ogni intervento.
Dunque, a fronte di un esborso ben superiore a quanto ipotizzabile ex ante, e anche senza volere evocare tutti gli spinosi capitoli aperti dal retroscenismo – le privatizzazioni a vantaggio dei paesi creditori, i soldi prestati e subito tornati nelle banche tedesche e francesi, e così via – non si capisce come si possa considerare questa missione un successo.
Si sono spesi centinaia di miliardi di euro; si è prodotto un paese devastato sul piano istituzionale e sociale che, sul piano economico, ha la sola caratteristica di avere un bilancio “in ordine”. Se questo è il bel risultato che l’Ue porterà il prossimo anno al referendum “pro” o “contro” l’Europa che i populismi vanno organizzando, auguri.
E così pare, dato che è questo l’esito dell’austerità che, oggi, i “responsabili” celebrano scattandosi un selfie al funerale della Grecia.
Devi fare login per commentare
Accedi