Partiti e politici

L’opposizione a Salvini e Di Maio c’è. Si chiama metodo democratico

4 Novembre 2018

Perché così tanta gente ha votato – e sempre più gente dichiara di voler votare – Lega o 5 Stelle?  Entrambi hanno promesso un cambiamento di policy, ma questo lo fanno tutti. Salvini e Di Maio in più hanno garantito un sovvertimento di metodo: togliere potere agli establishment e darlo ai cittadini. Illusoria, mistificatoria, la promessa è stata, e si mantiene ancora, efficace perché risponde ad un bisogno che c’è.

In Italia e in Europa, il potere politico ha anestetizzato il ruolo civile proprio mentre avrebbe più dovuto valorizzarlo. Mentre le persone mettono like, partecipano sì, ma non a un processo democratico di decisione: è una raccolta ingegnerizzata di informazioni che ne orienta le scelte e le conoscenze future. Le distanze ridotte e la pluralità di canali moltiplicano le opportunità di interazione tra l’utente e il Potere, e amplificano l’illusione di partecipare e quindi di contare.

Lo slittamento da cittadini a popolo nella retorica del Governo del Cambiamento non è soltanto lessicale – è evidente. Il popolo è un’astrazione che ingloba tutti senza rappresentare nessuno. E’ massa, l’indistinto in nome del quale il Potere può fare e disfare e, soprattutto, sopraffare. Può andare contro il cittadino in nome di quel generico recinto popolare che include tutti, cioè ciascuno. E quale ciascuno potrà mai opporsi al tutti?

Cittadino è un individuo, persona reale, non astrazione. Ha diritti e doveri individuali che esercita anche, ma non solo, collettivamente organizzandosi attorno a interessi comuni. Il cittadino partecipa al processo decisionale, democraticamente, con il voto ma anche con l’iniziativa popolare, il ricorso giuridico e il controllo della amministrazione pubblica. E’ quindi persona ma anche gruppo, gruppo codificato da norme e statuti che ne rendono riconoscibile l’identità e la finalità democratica. Questo in principio.

Il Movimento 5 Stelle, finché è stato all’opposizione, ha valorizzato il principio della sovranità civile – si chiamavano tutti cittadini, i primi parlamentari giallogrillini. Al governo ha invece cambiato costituency: dal cittadino al Popolo, cioè la massa che non ha la faccia di nessuno. Il nessuno che diventa tutti. Nessun cittadino ha infatti contribuito a scrivere la manovra del Popolo, nonostante Rousseau. Se il Capo Popolo conosce il Popolo al punto da parlare per lui, il cittadino basta, finisce.

Nello slittamento di direzione, dal civico al plebiscitario, si è smarrito il ruolo fondamentale della democrazia: il metodo. L’opposizione, a mio avviso, può essere convincente solo così: se nasce per, e attorno a, il metodo che prefigura il fine democratico.  Il metodo democratico si struttura su regole, diritti e garanzie per il cittadino – e sono i cittadini l’unico argine al Popolo. Opporsi al populismo autoritario significa proporre e incarnare un “essere cittadini” alternativo all’ “essere Popolo” di Di Maio e Salvini.

Se la democrazia vuole salvare sé stessa, al sovranismo del Popolo si deve contrapporre il Diritto dei cittadini. Il Diritto a conoscere come vengono assunte le scelte (o non scelte) pubbliche e quali le implicazioni, ad esempio sulla devastazione ambientale; a beneficiare dei risultati della ricerca scientifica e delle cure sanitarie che ne derivano; ad avere il controllo dei propri dati ed il diritto a negarne l’uso. Il Diritto alla propria libertà – cioè la responsabilità individuale dell’autodeterminazione – compresa la facoltà di disobbedire a leggi contrarie ai fondamenti costituzionali e i principi superiori del Dritto internazionale.

Al cittadino italiano-europeo si può offrire molto se si propone democrazia. E questo lo si fa applicando il metodo, non limitandosi a raccontarlo, retoricamente, alle manifestazioni di parte. Le persone vanno consultate, messe nella condizione di conoscere, contribuire, esprimersi – cioè essere parte attiva, non recettore passivo di democrazia. Il metodo democratico, trasparente, condiviso, regolamentato è il terreno sul quale si può costruire un’opposizione credibile al metodo imperscrutabile, umorale, senza garanzie del Capitano che manovra le truppe sui social.

Il Partito Democratico ignora questa prospettiva – nonostante le lectio magistralis del prof. Cacciari al Forum di Milano. Il non candidato Renzi, mentre organizza il suo movimento personale, firma manifesti progressisti insieme all’euro-nazionalista Macron e il laburista maltese Muscat, del quale la giornalista Daphne Caruana Galizia, uccisa a Malta da una bomba il 16 ottobre di un anno fa, documentava la corruzione. Il candidato Zingaretti ripropone il modello casa comune, convincendo alcuni importanti rentrier a fare blocco con lui, ed è un po’ come se non ci fosse stato nel frattempo alcuno shift pre-politico, dallo Stato di Diritto al diritto del Popolo. L’altro candidato Minniti rappresenta invece il colto, compreso, grave salvinismo di sinistra – è la Ragion di Stato con la sua arbitraria discrezionalità, ed è una minaccia, non un toccasana, per la democrazia.

Al Congresso dei Radicali celebrato nei giorni scorsi a Roma, Emma Bonino ha detto che non è questo il momento dei grandi passi. Si riferiva all’Europa, da conquistare alla causa popolare – a suo avviso – con piccoli, progressivi, avanzamenti centimetro per centimetro. E sarà questa – se ne deduce – la linea che alle prossime europee seguirà Più Europa, la formazione elettorale dei non più tanto federalisti Radicali di Emma Bonino, Benedetto Della Vedova e Bruno Tabacci.

I democratici, consapevoli della sconfitta cui andiamo tutti contro, non riescono insomma a trovare una soluzione, sebbene la soluzione dovrebbero invece averla dentro di sé. Si chiama democrazia.

@kuliscioff

 

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