Partiti e politici
L’Eurogruppo partorisce un topolino. Le responsabilità di Conte
In Europa prevale il compromesso al ribasso, come si poteva prevedere. Gli Europei rimangono divisi. Gli errori della strategia italiana e di Conte. Toccherà in gran parte ai singoli paesi fronteggiare la crisi, ma la BCE c’è.
Il tanto sudato Eurogruppo è finito nell’unico modo in cui poteva finire: un compromesso al ribasso rispetto agli obiettivi di molti stati, basato su frasi il più possibile vaghe e senza impegno, che prepara la discussione al Consiglio Europeo tra due settimane, su cui ancora si ripone tuttavia qualche speranza. In perfetto stile UE. Un MES in versione temporanea light, se pur senza vincoli macroeconomici, una limitata capacità aggiuntiva alla BEI e un nuovo fondo SURE, con capacità finanziaria complessiva di 100 miliardi di Euro, erogabile tramite prestiti, finalizzato al sostegno a chi perde il lavoro. Infine, un vago accenno ad un nuovo “Recovery Fund”, di cui si potranno discutere le modalità, la tempistica e la consistenza in Consiglio, ma che difficilmente si potrà tramutare negli Eurobond sognati dal governo italiano (cioè finanziamenti a fondo perduto o quasi, sostanzialmente), sia per il chiaro riferimento al già problematico bilancio comunitario, sia soprattutto per la netta chiusura al riguardo della Cancelliera Angela Merkel. Questa è la dura realtà della politica europea, dove si confrontano e si bilanciano gli interessi nazionali dei singoli stati e i relativi rapporti di forza, che non si traduce nel rifiuto di considerare anche l’esistenza di interessi e valori comuni, ma che neppure privilegia questi ultimi rispetto ai primi. La contrapposizione tra paesi rigoristi e virtuosi in tema di conti pubblici, tendenzialmente del Nord, e omologhi meno disciplinati ma più bisognosi di ottenere finanziamenti, generalmente collocati nel Sud, ha colpito ancora.
Quello che potrebbe essere interpretato come un pareggio, diventa però una chiara sconfitta del governo italiano e, soprattutto, del premier Conte, che nelle ultime settimane ha impostato la trattativa puntando esclusivamente al miraggio dei 550-1000 miliardi di Eurobond a lunghissima scadenza, sbandierando ai quattro venti il no al MES e giocando la carta del moralismo retorico, che certo non sarà piaciuta a certi colleghi d’oltralpe. Eppure egli stesso aveva aperto il pubblico dibattito su di esso con l’intervista al Financial Times, mentre gli sherpa italiani avevano negoziato per settimane proprio le sue condizionalità applicate alla crisi in corso, almeno fino al documento dell’Eurogruppo del 24 marzo scorso, in cui infatti il MES veniva citato più volte. Prima della sfuriata del giovedì successivo in Consiglio Europeo, in cui praticamente l’ex avvocato degli Italiani sconfessava la linea precedente. Forse che il nostro premier abbia subito il diktat del M5S? Sembrerebbe di si, a leggere proclami e documenti vari degli esponenti di tale movimento. La sua posizione sul fondo è sempre la stessa, ha ribadito ieri, ma è lecito chiedersi quale essa sia, a questo punto. Certo che, al buon fine di una trattativa europea, la chiarezza di obiettivi sarebbe imprescindibile, anche in virtù del fatto che proprio riguardo al MES, si potevano strappare condizioni e importi ben migliori, che potessero renderlo maggiormente efficace e utile. Ma tanto noi non lo useremo, continua a dire oggi il governo, sebbene le eventuali erogazioni, pur di entità limitata, non saranno soggetti a vincoli macroeconomici.
Non stupisce che ieri sera il Nostro abbia manifestato il suo nervosismo in conferenza stampa, provando a scaricare dolcemente su Gualtieri la responsabilità dell’accordo e sui pur pessimi leader d’opposizione di destra (le squallide menzogne sull’Eurogruppo e sul MES sono incommentabili) il clamore mediatico del giorno dopo, sfruttando in modo quanto meno discutibile una comunicazione istituzionale per un durissimo attacco politico. Ma il risultato resta, è negativo ed è accompagnato da tensioni all’interno della maggioranza tra Pd e M5s proprio sul MES, come riportato stamane da alcuni quotidiani. Fortunatamente la BCE è viva e lotta insieme a noi, e ci sta tenendo a galla con acquisti “poderosi” (questi si, lo sono) di nostri titoli di stato, tenendo i tassi bassi. Forse sarebbe il caso di approfittarne per finanziarci sul mercato, dato che gli impegni di spesa non potranno essere rimandati a lungo e fino ad ora si è stanziato ben poco. La responsabilità nella risposta alla crisi, almeno in questa fase sarà in primo luogo degli stati, col supporto della BCE, con buona pace di chi ancora sogna gli Stati Uniti d’Europa.
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