
UE
Le profezie del geometra di Bruxelles
Prodi parla di bombe condivise e alleanze impossibili
Prodi ha parlato. Ancora assonnato, lo vedo sul Corriere della Sera e mi chiedo se sono ancora troppo addormentato. Invece è sceso dalla soffitta dove lo conservano tra il mappamondo e le vecchie bandiere dell’Unione Europea, ed è tornato a spiegare al mondo come si governa. Con la solita aria da curato di campagna che si crede il Papa.
Ci ha detto che l’Europa dovrebbe condividere l’atomica, che basta volerlo per superare l’unanimità, che la Meloni è Arlecchino. E lui? Lui resta Pantalone:
parla in latino a un’assemblea che non c’è più, con la solennità di chi crede che basti ricordare per comandare.
È convinto che l’Inghilterra rientrerà in Europa, che i francesi presteranno la bomba, che i trattati si piegheranno al suo ragionamento.
Ma tutto quello che dice ha il profumo dei mobili antichi: dignitosi, ingombranti, inutili.
L’Italia ha perso peso nel mondo, dice. Giusto.
Ma è successo quando abbiamo iniziato a credere che bastasse ascoltare Prodi per essere europei.
E ora che l’Europa ha cambiato lingua, ritmo e ambizioni,
lui resta lì, col tono da veggente, a raccontarci la mappa di un continente che non esiste più.
A un certo punto ha anche ribadito che gli inglesi torneranno nell’Unione Europea “entro quindici anni”.
Prodi ci crede davvero.
Probabile stia preparando lui il welcome back party, con un cartellone scritto a mano e la coccarda di Bruxelles sul bavero.
Li aspetta al porto con la cartina Michelin e un thermos di camomilla, pronto a raccontare loro com’era bello quando c’era lui.
Magari riesuma anche Jacques Delors, lo mette in vetrina come un santo laico,
e intanto ripete: “basta volerlo”.
Come se l’Europa fosse un oroscopo.
O una tombolata dei ricordi.
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