Partiti e politici

La sentenza delle urne

30 Maggio 2019

In un clima di campagna elettorale permanente, in cui non passa giorno senza slogan per cercare di spostare un voto, l’ultimo mese, precedente alle elezioni europee, è stato il più politicamente vuoto.

Poche idee, poche proposte, zero visione, zero Europa e l’attenzione alla tornata elettorale è stata tra le più sottotono degli ultimi anni, come abbiamo avuto modo di discutere in un nostro recente articolo. Più roboante è stato invece il risultato delle elezioni e le analisi successive sui possibili scenari presenti e futuri.

La sentenza delle urne però è stata piuttosto chiara e permette di sviluppare alcune riflessioni.

In primo luogo:

  • conferma ancora una volta che il potere logora. Come è stato negli ultimi anni con Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, il copione si replica. La differenza sta nei tempi progressivamente sempre più accelerati e nella volatilità del voto.
  • I cittadini chiedono risposte, si rivolgono al miglior offerente per convinzione, necessità o talvolta disperazione e quando il politico non è in grado di offrirle, o latita, l’elettore si rivolge altrove. Questa è la logica conseguenza del mondo post ideologie e della campagna elettorale permanente.
  • Il Movimento 5 Stelle, cannibalizzato dalla leadership leghista nell’azione di Governo, paga il logorio quotidiano e il dover scendere a continui compromessi con l’alleato fino a snaturare la sua identità. Dietro quel 17,1% c’è la delusione della base e ancor di più di chi aveva dato fiducia ai pentastellati come ultima spiaggia nel mare della disaffezione politica. In un anno perdono il 15,6% dei voti e si trovano a dover ritrovare un’identità e una leadership.
  • La Lega sfonda, raddoppia i voti, raggiunge il 34,3%, conquista tutto il nord e aumenta il suo consenso ovunque, confermandosi definitivamente come partito nazionale. Un partito radicato al nord ma capace di parlare, con i suoi toni senza compromessi, a tutta la nazione e a una popolazione trasversale che va dalle fasce più povere ai professionisti e agli operai, sempre strizzando l’occhio agli industriali.
  • Il Partito Democratico non inverte la tendenza e non è in grado di intercettare il “voto utile”, raggiunge il 22,8%, è il secondo partito, ma prende sostanzialmente meno voti assoluti (-126.000), considerando il maggior numero di elettori e la minore affluenza e si limita a sopravvivere. Paga una campagna elettorale sottotono e all’insegna della scarsità di idee e coraggio per un partito di opposizione in cerca di consenso che si trova ad affrontare forze populiste e la messa in discussione quotidiana dei valori fondanti in cui si riconosce il suo elettorato.
  • Dalla tornata escono fortemente ridimensionate Forza Italia, smembrata da un’emorragia di voti verso la Lega, e +Europa che vede la fine del suo progetto europeista senza mai riuscire a concretizzare la sua idea. Ottiene un grande risultato Fratelli d’Italia raddoppiando i suoi voti inseguendo da destra i temi della Lega.

In secondo luogo, il risultato porta a un chiaro cambio degli equilibri politici interni alla “strana maggioranza” di Governo.

Molte sono le ipotesi sugli scenari futuri, dal rimpasto di Governo alla nuova maggioranza (con l’ingresso di nuovi partiti o formata da nuovi schieramenti), al nuovo premier, fino alle elezioni anticipate. Difficile dire se la coppia litigiosa possa convivere e se il patto di Governo riuscirà a tenere insieme due forze con posizioni (sulla carta) diametralmente opposte: solo la sfera di cristallo può prevedere gli esiti del voto sul breve e medio periodo. Quello che è certo è che entrambi avranno bisogno di adottare misure concrete e di soddisfare il proprio elettorato (oltre a cercare di conquistarne nuovo) per resistere al logorio del potere.

Il terzo dato è quello dell’affluenza, che segna il record degli ultimi 20 anni superando il 50% a livello europeo con 200 milioni di elettori che si sono recati alle urne spinti da diverse motivazioni, dalla volontà di fermare “l’ondata nera” a quella di affermare l’onda verde ambientalista, dagli euroscettici che vogliono distruggere l’Europa agli europeisti convinti che vogliono far ripartire il processo di integrazione a lungo sopito. In Italia, in controtendenza, l’affluenza è stata del 54,5%, in calo rispetto al 57,2% del 2014 e fisiologicamente inferiore alle elezioni politiche, tornata storicamente più sentita e con maggiore affluenza.

I dati elettorali a partire dall’affluenza stessa parlano anche di un Paese che continua ad essere profondamente spaccato.

Scendendo nello Stivale aumenta la disaffezione alla politica e la capacità di intercettare gli elettori, da un lato si hanno il nord e il centro (con percentuali del 63% e 59%), dall’altro il sud (48,3%) e le isole (37,2%). Anche la geografia del voto conferma la divisione, guardando la mappa dei risultati si vede un centro e nord a trazione leghista colorati di verde con solo una macchia rossa al centro (la Toscana del PD) e un sud giallo con la maggioranza in tutte le regioni dei voti del Movimento 5 Stelle. Ma la frattura è anche tra grandi città e resto del Paese (con l’eccezione del sud Italia, in controtendenza): il Partito Democratico è la prima forza nelle grandi città (Roma, Milano, Genova, Torino, Bologna e Firenze), confermando l’etichetta di “partito dei centri”, mentre in “periferia” dominano quasi ovunque Lega e Movimento 5 Stelle (nelle regioni del sud e nelle sue grandi città come Napoli e Palermo).

Infine, i giovani, gli under 30 protagonisti in molti Stati membri di questa tornata elettorale. La generazione Erasmus che vuole difendere l’idea di Europa e migliorarla senza rimetterla integralmente in discussione ma chiedendo più inclusione, cooperazione tra Paesi, più attenzione alle tematiche ambientali, ricordando che l’Europa non è solo un club o il revisore severo ma un’idea concreta e un sogno per molti. Sulla spinta di questi ideali, in Europa volano i Liberali e i Verdi a cui i giovani si sono rivolti. In Italia, in una campagna in cui i giovani sono spariti (ancora una volta) dai programmi e dai proclami, guadagna consensi soprattutto la Lega, prima tra gli under 25 e nella fascia tra i 25 e i 34 anni (rispettivamente con 24,2 e 37% – dati SWG). Viene in parte confermato il trend europeo con il rilevante risultato di +Europa che si è attestata al 13% dei consensi tra i 18 e i 24 anni.

Noi di Yezers cerchiamo di andare controcorrente in un Paese in cui i giovani sono dimenticati, non trovano spazio nel dibattito politico e si disaffezionano. Cerchiamo di offrire alle Generazioni X e Y uno spazio per confrontarsi e fare politica partendo dalle proprie idee, concretizzandole in proposte e progetti strutturati.

Perché la politica non è fatta solo di slogan, la realtà che affrontiamo ogni giorno è complessa e richiede risposte concrete e articolate.

Nel nostro piccolo cerchiamo ogni giorno di affermare l’importanza della Politica e della necessità di includere nel dibattito la parte propulsiva del Paese che chiede di essere coinvolta per costruire il futuro con sguardo fresco, innovativo e talvolta meno disincantato.

 

Federico Bergna

Head of Public Affairs di Yezers

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