UE

Grecia, la NATO salva l’Unione

14 Luglio 2015

Non ho mai creduto alla Grexit per due buoni motivi: perché nella Vecchia Europa, non quella dei new comers, è molto più presente di quanto noi italiani immaginiamo il ricordo di vincitori e sconfitti del ’45;  e perché la Germania ha perso la partita per una sua nuova geopolitica autonoma dalle Potenze e dall’Europa due anni fa quando, complici gli amici americani, l’Ucraina tornò ad essere un confine dell’Occidente e l’amicizia con Putin si infranse sulla punta delle baionette in Crimea. Oggi l’Europa è stata salvata un’altra volta dalla Nato, anche se facciamo fatica a scriverlo e ad ammetterlo. Sotto ogni patto politico internazionale è sotteso un accordo militare che lo renda solido e solidale. Sotto la triade TTIP/TTP/ELA che rimodellerà il futuro delle relazioni economiche (e politiche) internazionali dell’Occidente stanno patti bi/multilaterali di difesa. Se la Grecia è ancora uno di noi rispetto alla dichiarata volontà tedesca (condivisa palesemente da Varoufakis che ha fatto finta di trattare per 5 mesi) di favorirne l’uscita per poi rivedere i trattati e rimodellarli a proprio (legittimo) vantaggio lo dobbiamo alla copertura data a Draghi dagli americani (per quello Schaeuble, che non è uno stupido, abituato a lunghissime trattative ha perso le staffe con il Governatore), all’opera del polacco filoamericano Tusk e  alle “definitive” telefonate da Washington.

L’Europa oggi è un animale strano: nata sulle ceneri del ’45 ma governata dalle macerie del muro: è la classe dirigente post muro, Schaeuble e Juncker esclusi, che in tutti i paesi ha preso il potere ed è un gruppo dirigente “nazionale” perché dopo il fallimento della Costituzione Europea affondata malamente dai Francesi è tornata ad essere una Europa intergovernativa dove contano i governi membri. Ed è un gruppo dirigente impreparato sulla politica internazionale, ipnotizzato dagli insorgenti populismi nazionali: ci lamentiamo di Renzi, ma gli altri? Notizie degli spagnoli? Inglesi che fanno sapere di non volere la convocazione del consiglio a 28?

È una questione generazionale? “I am not going to exploit, for political purposes, my opponent’s youth and inexperience”  affermò Reagan nel dibattito televisivo contro un pimpante Mondale. Ma non vi è dubbio che i sistemi di selezione dei gruppi dirigenti in Europa in questi anni basati molto sugli aspetti generazionali non sono stati particolarmente brillanti.

Le sfide però sono imponenti: l’economia letteralmente inchiodata più o meno dappertutto, la sfida cinese (che voleva il suo futuro porto del Pireo nell’Euro), la sicurezza in guerre asimmetriche. Io credo che questa partite si risolva in un modo solo: i tre grandi malati che per un motivo o per l’altro si è dimostrato non possono fare a meno uno dell’altro, Germania Francia e Italia, membri del G7, devono capire insieme come portare l’Europa nel secolo degli sconvolgimenti globali. Anzi, prima di tutto devono capire se ci vogliono andare insieme oppure no. E’ l’Europa Continentale che deve decidere cosa vuole da se stessa e prendere una lezione dalla vicenda greca : salvo decidere di accettare una leadership, come è stato fatto, che però è perdente perché il bastone con le stellette (e a stelle e strisce) sta altrove e non esistono accordi politici senza un sottostante derivato sulla sicurezza.

 

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