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Elezioni greche, uno su due non vota, Tsipras primo ma senza maggioranza
Un elettore su due non è andato a votare oggi alle elezioni per il rinnovo del Parlamento greco. In base ai primi dati ufficiali sembra inoltre che Alexiz Tsipras abbia vinto la sua scommessa: il suo partito, Syriza, viene accreditato di una percentuale intorno al 35; prima formazione parlamentare ma senza maggioranza parlamentare. I conservatori di Nuova Democrazia, guidati da Vangelis Meimarakis, sarebbero al 28,7%, mentre Alba Dorata, la formazione di estrema destra, è il terzo partito, al 7%. Se questi dati fossero confermati, Tsipras non potrebbe governare da solo con 145 seggi (la maggioranza è di 151 su 300). Probabile perciò la formazione di un governo di coalizione. Da vedere si arriverà a un bis della coalizione eterogenea dei mesi scorsi, o se farà le larghe intese con il centrodestra. Alla tedesca.
Urne aperte questa m.attina in Grecia dalle 7. Si voterà fino alle 18 (ora italiana). Al seggio Alexis Tsipras ha sfoggiato ottimismo: «Oggi la Grecia esercita il suo diritto democratico e decide del proprio futuro. Serve un governo forte con un mandato per quattro anni, sono ottimista». Per il presidente di Nea Dimokratia, Vangelis Meimarakis, che contende a Tsipras la maggioranza e l’incarico di premier, «è un giorno di festa: oggi non parlano i politici, ma i cittadini con il loro voto. I greci vogliono liberarsi dalle bugie, stasera festeggeranno una nuova Grecia». Gli ultimi sondaggi danno Syrillza davanti al centrodestra.
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Il terzo voto arriva inll meno di 8 mesi. Sarà anche meno atteso rispetto ai precedenti che avevano portato la Grecia al centro del mondo, ma resta il fatto fondamentale: gli elettori greci chiamati alle urne domenica 20 settembre, dopo le elezioni del 25 gennaio, per il rinnovo del Parlamento, e dopo il referendum del 5 luglio sull’accordo da fisarrrmare con i creditori. Il clima è decisamente meno da “festa della democrazia”, benché ci sia da indicare la maggioranza che dovrebbe guidare il Paese per i prossimi anni, salvo (tutt’altro che impossibili) nuovi episodi di instabilità. Il quadro politico, infatti, lascia immaginare che nemmeno la prossima legislatura possa essere particolarmente duratura. Così il turbolento 2015 è destinato in ogni caso a lasciare il segno, tra elezioni, polemiche e contrasti. Con la crisi economica come convitato di pietra.
Alexis Tsipras, dopo l’ascesa di Syriza capace di ottenere 36,3% dei consensi alle ultime elezioni, ora deve confrontarsi con sondaggi non lusinghieri. Se i rilevamenti dovessero dimostrarsi veritieri, i conservatori di Nea Dimokratia (Nuova Democrazia) – ringalluzziti anche dalla leadership di Vangelis Meimarakis – contendono la maggioranza a Syrizia. Il distacco è contenuto in un punto percentuale, perciò tutto è possibile al termine dello scrutinio. Il primo posto alle elezioni vale il premio di maggioranza, con una dote di 50 seggi da aggiungere a quelli ripartiti con il sistema proporzionale, e di conseguenza porta l’incarico di primo ministro del presidente della Repubblica. Nel caso in cui fosse chiamato a formare il governo, per Vangelis Meimarakis sarebbe facile trovare la sponda con i socialisti del Pasok (ridotti comunque a percentuali minime sotto il 6%) e la formazione europeista To Potami (indicata al 5%). La soglia vitale è 151 seggi sul totale di 300.
Tsipras, invece, ha un problema maggiore: deve vincere con un ampio margine per sperare di poter governare con relativa tranquillità. E ciò vuol dire non dover allargare troppo la coalizione, di cui difficilmente farebbe parte Leiki Anotita (Unità popolare) dell’ex ministro dell’Energia, Panagiotis Lafazanis, capofila degli scissionisti a sinistra dopo che Tsipras ha accettato le riforme imposte dai creditori. In questo marasma la cancelliera tedesca, Angela Merkel, è spettatrice soddisfatta: comunque vada, Atene non è più una minaccia per l’Europa. Tanto che il commissario agli Affari economici dell’Ue, Pierre Moscovici, ha ostentato serenità: «Ho l’impressione, anche quando vedo i sondaggi, che vi sia una chiara maggioranza in Grecia per i partiti che hanno sostenuto il programma di salvataggio». Insomma, nessuno pensa più a invasioni di campo come avvenuto in parte a gennaio e in maniera più evidente a luglio. Perché tra gli aspiranti premier non c’è più chi osa discutere il Memorandum. Syriza è visto ora come un partito di sinistra “socialdemocratizzato”. Ossia molto più vicino alla socialdemocrazia che alla sinistra antagonista, al netto di alcune battaglie. Qualche paura elettorale è suscitata giusto dalla possibile buona performance di Chrysi Avgi, il partito neo-nazista Alba Dorata, che vuole capitalizzare la sfiducia crescente tra i greci. Ma i sondaggi non vanno oltre il 7,5 per cento.a
La Grecia, nonostante la bufera mediatica dei mesi scorsi sul default, inizia a dare qualche segnale di ripresa economica piuttosto consistente. L’Eurostat, nei dati diffusi a settembre, ha rilevato una crescita pari all’1,6% nel secondo quadrimestre del 2015 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. E anche rispetto al primo quadrimestre c’è stata un aumento del Prodotto interno lordo dello 0,9%. Certo, il Paese arriva da una riduzione del Pil pesantissima: da 242,096 miliardi di euro del 2008 a 179,080 miliardi del 2014. Le stime formulate a maggio dall’Ue parlavano di una crescita dello 0,5% nel 2015 e un’accelerazione al 2,9% per il 2016, quando anche il rapporto deficit/Pil è previsto in discesa. Se il trend individuato dall’Eurostat dovesse proseguire, ci potrebbero essere anche dati migliori a fine anno rispetto alle aspettative. D’altra parte sul versante lavoro resta un drammatico 25,2% di disoccupazione (ultimo aggiornamento a luglio), sebbene in flessione in confronto al 26% di dicembre 2014. Chi si metterà alla guida della Grecia, avrà un doppio compito non proprio facile: ammorbidire le richieste dei creditori internazionali e provare a spingere la ripresa, mantenendo un equilibrio sociale in un tessuto sfilacciato dalla grande crisi.
Oltre all’aspetto economico, c’è un fatto politico che riguarda una persona ma anche un intero progetto. Alexis Tsipras si gioca gran parte del futuro politico con coraggio. Ma questa qualità nel caso specifico potrebbe non bastare. Un’eventuale vittoria ‘monca’ lo porterebbe ad alleanza anomale, molto di più rispetto a quella con la destra antieuropeista di Anel (Greci indipendenti). In questo caso potrebbe trascinare nel baratro il sogno “dell’altra Europa” di cui è stato alfiere. Quell’Unione europea con una matrice più socialista e meno ultra-liberista con la sola preoccupazione per il bilancio. La missione si è in parte già infranta con la spaccatura che ha portato alla nascita di Unità popolare. Inoltre c’è la testimonianza di una delusione profonda con la posizione critica assunta dall’ex ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis. L’inevitabile mossa di tornare al voto, compiuta da Tsipras per la perdita di pezzi nella maggioranza, potrebbe certificare un evento storico: seppure senza ammetterlo, l’Europa di Angela Merkel sta per portare a casa un grande successo, ossia quello di aver reso la Grecia un monito vivente contro le forze antagoniste – vedi Podemos in Spagna – senza portarla al fallimento totale. Ma prima di cantar vittoria, servono i numeri delle elezioni greche.
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