UE
La grande sfida dell’Unione Europea e l’interesse nazionale dell’Italia
Ci sono due modi per conquistare e sottomettere una nazione ed il suo popolo. Uno è con la spada, l’altro è controllando il suo debito
John Adams (1735-1826), secondo presidente USA
L’Unione Europea fu fondata per superare gli egoismi degli stati nazione e prevenire i conflitti che avevano originato due guerre mondiali, evitando il ripetersi delle cause che li avevano generati. L’ultima guerra mondiale era scaturita dalla Grande Depressione che aveva portato a scompensi politici e sociali violentissimi ed all’ascesa del nazifascismo.
Il disegno di un’Europa dei popoli di Cattaneo e Mazzini prima, Spinelli e Rossi poi sembrò trovare nel piano Marshall (European Recovery Program) il collante propulsivo per questo disegno, volto a favorire la ricostruzione e la pace con 14 miliardi di dollari donati dagli USA che invece di infierire sui vinti, in primis la Germania, volevano favorire la crescita e l’ordine. Il piano faceva propri i principi di John Maynard Keynes, l’economista che per primo aveva spiegato l’importanza dell’intervento dello Stato per compensare shock che potevano far crescere repentinamente la disoccupazione, con i costi sociali e di stabilità che questa comportava. Il mondo aveva imparato la lezione della Grande Depressione e della Seconda Guerra Mondiale.
L’Europa che ha preso forma nei decenni è invece quella disegnata da Khalergi e Jean Monnet, che prevede un accentramento del potere nella tecnocrazia europea, non soggetta a scrutinio democratico, ed un potere enorme nell’emissione della moneta, perché attraverso la moneta si controlla il destino dell’economia e soprattutto dei paesi indebitati come l’Italia. L’Europa neoliberista che ha fatto propri i principi di Friedrich von Hayek, dimenticando Keynes.
In questa cornice l’Italia, una volta separato il Tesoro dalla Banca d’Italia nel 1981 vide il debito crescere a dismisura, complice una politica orientata al clientelismo ed allo spreco. La speranza di molti con l’avvio dell’unione monetaria era quello di imporre un maggiore rigore gestionale allo Stato, facendo leva sulla gestione illuminata tedesca. Speranze rimaste deluse perché l’ingresso dell’Italia nell’unione monetaria non ha portato a miglioramenti economici ma solo un progressivo impoverimento, determinato da deindustrializzazione, dalla perdita di competitività non compensata da svalutazioni valutarie e dal violento e continuo deflusso di risparmi da quando nel 2011 i falchi europei hanno reso evidente che l’Italia può fare default (Figura 1). Un fantasma che ormai aleggia nella testa di tutti i risparmiatori.
Con la Grande Crisi del 2008-2011 si è visto che Francia e Germania tutelano in primis i loro interessi commerciali e politici e non il benessere comune della comunità europea. Il salvataggio della Grecia, effettuato anche con i soldi italiani, è servito a salvare le banche tedesche e francesi, non la popolazione greca, devastata in modo doloso . La depressione italiana è il terreno fertile per i francesi che comprano le società migliori a prezzi di saldo e per i tedeschi che invece propendono maggiormente per acquisire quote di mercato quando i concorrenti italiani finiscono in difficoltà.
L’uomo che controlla l’offerta di moneta in Gran Bretagna controlla l’Impero ed io controllo l’offerta di moneta in Gran Bretagna
Nathan Mayer Rothschild (1777-1836)
L’Europa al bivio: ça passe ou ça casse
Oggi l’Europa si trova davanti ad un bivio, il più importante della sua storia. Era chiaro ai padri fondatori che l’integrazione europea si sarebbe sviluppata per fasi successive, coincidenti con crisi, perché i paesi non in stato di necessità sarebbero stati recalcitranti a perdere sovranità.
Il Coronavirus ha rappresentato l’elemento scatenante di una crisi economica senza precedenti nel mondo occidentale. Il crollo dei mercati di questi giorni è stato repentino e simmetrico su tutti i mercati, così come repentino e simmetrico sarà il crollo dell’attività economica. Quello che ai tempi della Grande Depressione si sviluppò in tre anni, ora si svilupperà in soli tre mesi.
Il crollo economico di dimensioni mai viste, se non affrontato come ha insegnato Keynes, ovvero con un intervento massiccio dello Stato, comporterà fallimenti e disoccupazione diffusa. Ed il recupero sarà più lento e parziale. L’impatto economico comporterà gravi conseguenze sociali e sulla stabilità finanziaria, sociale e politica dei paesi più gravemente colpiti, come ha insegnato la Grande Depressione.
La Cina, in modo meno pubblicizzato, e gli Stati Uniti hanno reagito con i piani più importanti di espansione fiscale mai visti, finanziati in base monetaria dalla banca centrale. Il livello debito/PIL salirà ma con tassi di interesse prossimi a zero ed il supporto della banca centrale, si è visto in Giappone che anche il 200% di debito/PIL non è insostenibile. Il mantra è la Modern Money Theory (MMT).
L’Europa procede, come sempre in ordine sparso, con la Germania che annuncia piani importanti ma si dimentica di quanto sia importante prevenire la devastazione economica e quindi anche sociale degli altri paesi della Comunità. L’Europa nel migliore dei casi con questo approccio rischia scenari da Giappone.
L’Italia, che è stata la prima ad effettuare il lock-down, è particolarmente esposta ad una crisi economica senza precedenti in assenza di interventi (perdita di PIL superiore al 10-15%). Data l’elevata incidenza di PMI e lavoratori autonomi, i fallimenti e la perdita di capacità produttiva possono essere senza precedenti, rendendo difficile la successiva ripresa e probabile il default/ristrutturazione del debito. L’instabilità sociale si fa sempre più probabile e con essa rischi ben più grandi.
Il blocco dei falchi europei propone all’Italia di usufruire del ESM, il fondo salvastati per 35 miliardi di euro (a fronte dei 14miliardi contribuiti), cifra insufficiente e che richiederebbe l’attuazione di un programma concordato per la ristrutturazione, che l’Italia giustamente non accetta di farsi imporre, costituendo l’avvio di una spirale che ricorda la Grecia.
Cosa sta succedendo? E’ chiaro che siamo nella fase più importante della storia europea perché il livello di integrazione è destinato a salire significativamente dopo questo giro. O l’Unione Europea a finire in caso alternativo. Ed allora i vari paesi vogliono tradurre gli attuali rapporti di forza in assetti di potere destinati a durare per decenni.
E se l’Italia non accetta subito le condizioni lo dovrà fare dopo, perché più passa il tempo e più il tessuto aziendale si disgregherà e la pressione sociale sul Governo salirà. Governo e paese che con il passare del tempo saranno sempre più deboli. Nel frattempo le imprese tedesche godono del supporto illimitato del loro governo e si rafforzeranno, non avendo necessità che in Europa si trovi una soluzione comune.
Meno rilevano i Paesi Bassi che si agitano perché temono che con gli eurobond si debbano mettere in comune le entrate fiscali: una buona parte dei loro ricavi potrebbero essere a rischio visto che derivano dall’erosione della base imponibile di altri paesi.
Cosa deve fare l’Italia?
I falchi europei hanno commesso un errore grave nell’adottare un approccio negoziale duro in questo frangente:
- Schengen è sospeso e le attività economiche sono ferme a causa del virus. I costi devastanti che si avrebbero in caso di rottura dell’area monetaria li stiamo affrontando già. Meglio sostenerli e ripartire, finalmente dopo decenni, piuttosto che sostenerli e poi morire di nuovo di austerity.
Questa crisi è diversa dalle altre, non è economica, è sanitaria e sta portando via migliaia di vite. E’ immorale e contrario ai principi fondanti dell’unione non supportare altri paesi in questo frangente. Di fronte ad atteggiamenti ricattatori e vessatori su un’emergenza che porta alla perdita di migliaia di vite, mentre la solidarietà tra chi può cresce (i medici che richiano la vita senza protezioni, i carabinieri che fanno la spesa a chi non ha più cibo) l’opinione pubblica sosterrebbe scelte estreme. - Il mondo non può sopportare una crisi finanziaria dell’Italia o una crisi dell’Euro in questo difficile momento (anche Donald Trump che sarebbe il primo a volere l’Europa a pezzi non vuole altri shock che metterebbero a rischio la sua rielezione)
- La Germania ha un’esposizione record da Target2 ed ha da perdere più di chiunque altro a trovarsi senza mercato unico in un mondo in cui il processo di globalizzazione si è invertito.
In questo quadro è chiaro che:
- non si possono aspettare le due settimane che Conte ha dato all’Europa per elaborare una soluzione perché in due settimane il paese sarà debilitato. Senza “incentivi” ai falchi ad essere ragionevoli alla scadenza una soluzione accettabile non arriverà.
- non si può andare avanti con la scure del default sulla testa degli italiani per altri dieci anni, altrimenti non si troveranno capitali ed impegno imprenditoriale per far ripartire il paese dopo questa crisi. La svolta, per uscire da questa crisi deve essere definitiva.
- la ristrutturazione del paese dobbiamo farla noi, non farcela imporre dall’esterno. Non si può da un lato chiedere risorse all’Europa e poi quelle risorse sprecarle. Non si può andare avanti con una politica che fa dello spreco e dell’acquisto del consenso la regola costante. Su questo hanno ragione e questa parte di ragione bisogna togliergliela.
Qualunque soluzione richiede un’eliminazione radicale degli sprechi (l’ultimo dei quali è il salvataggio integrale dell’Alitalia che andava pesantemente ristrutturata). Una proposta seria, anche con sacrifici economici importanti, dimostrerebbe serietà ed aiuterebbe a soddisfare l’elettorato tedesco.
L’unica strada per l’Italia e l’Europa è attuare subito un programma di rilancio stile piano Marshall, finanziato come quelli cinese ed americano in base monetaria, dando a privati ed imprese le risorse che sono venute a mancare per una crisi che non è loro imputabile.
Se l’Europa non fosse disponibile in modo unitario ad intraprendere un percorso comune, allora meglio che le strade si dividano rispetto al cedere sovranità e darla a qualcuno che la usa per spogliare il paese. Si potrebbe rispolverare il piano che giace in ECB da anni di un’Europa divisa in due blocchi economici o nel caso più estremo andare ciascuno per la propria strada, inserendosi in una diversa area di influenza (la via della seta?).
Conclusioni
La precedente crisi dell’euro (pre-Grecia) ha raggiunto l’apice, cosa ai più non nota, quando la Spagna ha dimostrato di essere pronta a lasciare l’euro, con rilevante supporto internazionale. A quel punto i falchi hanno rinfoderato gli artigli e la crisi dell’euro è magicamente rientrata con esito favorevole per tutte le parti coinvolte.
Quindi qualunque cosa si voglia fare, è essenziale avere un’alternativa al nuovo piano di rilancio europeo ed essere pronti credibilmente ad attuarla. Subito, perché il paese non può attendere i tempi dilatori dei politici europei.
In questi momenti, chiave è la figura del leader, che trascina tutti verso obiettivi comuni, più grandi degli egoismi individuali. Ai vertici dei paesi europei non ce ne sono ma sappiamo che se da questa crisi dobbiamo emergere, un leader nuovo lo dovremo trovare perché, comunque vada, il percorso sarà lungo e difficile.
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