UE

La faccia di quello che non funziona nell’Unione Europea

22 Marzo 2017

Nel giorno del 60° anniversario dei Trattati di Roma, a ricordarci cosa non funzioni nell’Unione Europea ci pensa l’uscita razzista di Jeroen Dijsselbloem, Presidente dell’Eurogruppo e Ministro delle Finanze olandese.

In un’intervista al quotidiano tedesco FAZ, Dijsselbloem ha pensato bene di fare un paragone secondo cui i paesi del Sud Europa spendono tutti i soldi in alcol e donne, per poi chiedere aiuto al Nord Europa.

Una dichiarazione tanto penosa da far ridere. Non che ci sia da indignarsi, nel senso: chi se ne frega. Non è che ci si offende per le uscite di un politico di carriera qualsiasi.

Ma se si considera che Dijsselbloem è a capo dell’organismo che raccoglie i ministri delle finanze dell’eurozona, abbiamo un bel quadro della visione della realtà con cui tanti politici e funzionari hanno voluto gestire la crisi greca e stanno gestendo la stessa crisi dell’euro.

Nella sua intervista alla FAZ, il Presidente dell’Eurogruppo ha letteralmente dichiarato:
Nella crisi dell’Euro, i Paesi del Nord della zona Euro si sono mostrati solidali con i Paesi in crisi. Come socialdemocratico, ritengo che la solidarietà sia molto importante. Ma chi la chiede, ha anche dei doveri. Io non posso spendere tutti i miei soldi per liquori e donne e poi chiedere aiuto a Lei. Questo principio vale su livello personale, locale, nazionale ed anche a livello europeo“.

Malgrado le spiegazioni successive, e al di là dell’uso di metafore penose, la dichiarazione non lascia spazio a molte interpretazioni: il Nord Europa avrebbe aiutato un Sud Europa che ha speso in liquori e donne. Lo schema è quello ultra-semplicistico dei fannulloni e dei lavoratori, in cui si finge di non conoscere l’eterogenea geometria dell’euro e dell’UE. Quelle del Presidente dell’Eurogruppo sono posizioni tecnicamente legittime, forse a tratti giustificate, ma la banalizzazione dei fatti e l’uso di stereotipi razziali tradiscono un problema più cruciale: una profonda e radicata estraneità al senso stesso di un progetto europeo.

Al di là dei problemi strutturali della moneta unica e del suo essere più o meno vincolata al destino dell’UE, le parole del politico olandese sono la dimostrazione di come l’Unione Europea manchi di una visione politica reale, di un progetto che vada al di là dei calcoli di qualche ragioniere dei vari governi nazionali o di qualche esattore BCE.

Solo con una tale povertà di prospettive politiche, infatti, si creano le condizioni per cui il Presidente di un organo che dovrebbe favorire l’UE si dedica a fare esternazioni formulate con toni razzisti. Certamente l’olandese non è il solo nord-europeo a pensare qualcosa del genere su italiani, spagnoli, greci, portoghesi, ed è un suo diritto dire quello che vuole. Da parte nostra, non si tratta di piagnucolare invocando le regole del politicamente corretto. Come già detto: chi se ne frega.
Ma da un punto di vista istituzionale, è radicalmente evidente che Dijsselbloem non possa rappresentare un qualsiasi organo che agisca per l’unione dell’Europa. Quali garanzie hanno i paesi del Sud Europa se il Presidente dell’organo che influisce sulle politiche economiche non è imparziale e fa uso di stereotipi? Il razzismo fra nazioni dell’Unione è la negazione stessa dell’unità dell’Europa.

Dijsselbloem è forse la rappresentazione vivente di un’Europa talmente svuotata di valori politici da essere ormai colonizzata da burocrati mediocri e politici di carriera di ciascuno dei paesi membri, personaggi spesso portatori di culture completamente ostili a un progetto di unità dei popoli. Un progetto che, nel caso interessi a qualcuno, era nato soprattutto per smettere di spararci addosso tra europei.

Insomma: finché a ricoprire ruoli di potere europeo ci saranno politici come Dijsselbloem, è inutile stupirsi dell’avanzata del populismo e dei nazionalismi identitari. Non solo: se continuerà a essere animata da persone come Dijsselbloem, l’Unione Europea durerà ancora poco. Ma poco davvero. Questo è chiaro a tutti.

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