UE

La confusione sul prossimo Presidente della Commissione e l’incognita BCE

22 Giugno 2019

La riunione del Consiglio Europeo che avrebbe dovuto dipanare la matassa dei ruoli di vertice delle istituzioni europee, primo fra tutti quello di Presidente della Commissione Europea, si è di fatto chiusa con un rinvio. Come atteso da alcune parti, i leader europei non hanno trovato la quadra sui nomi di chi guiderà l’UE nei prossimi cinque anni, riaggiornandosi al 30 giugno, due giorni prima che il Parlamento Europeo elegga il suo nuovo presidente.

Il Consiglio Europeo può proporre un candidato se il nome riceve l’appoggio di almeno 21 stati membri, che comprendano almeno il 65% della popolazione UE. Con l’attuale orientamento dei governi UE, lo stallo è altamente probabile, e anche qualora un nome superasse la fase del Consiglio, dovrebbe comunque ottenere la maggioranza in Parlamento.

Attualmente, è molto difficile continuare a insistere per la nomina di uno tre Spitzenkandidaten principali: Manfred Weber, dei Popolari,è il candidato di un partito la cui maggioranza è stata fortemente ridimensionata dalle urne, e ha già incassato il niet di socialisti e liberali. Frans Timmermans per i Socialisti e Margrethe Vestager per i liberali potrebbero proporsi come ago della bilancia, ma partono dalla difficile posizione di essere i candidati sostenuti da gruppi non risultati primi alle elezioni, un deficit che quanto meno Weber non avrebbe. Proprio per questo negli scorsi giorni Angela Merkel ha dichiarato che “non è accettabile una proposta del Consiglio europeo” sul nome del prossimo presidente della Commissione “che sia poi respinta dagli eurodeputati”. Come a riaffermare la centralità del Parlamento (e del voto), e quindi a sostenere se non Manfred Weber, almeno una figura espressione del Partito Popolare Europeo, che da parte sua può comunque uscito vincitore dalle urne.

Le argomentazioni della Merkel, però, pur avendo il merito di attribuire un ruolo determinante al Parlamento in quanto unica istituzione UE a elezione diretta, si basano sul rispetto di un sistema che ha ormai perso legittimità agli occhi di molti, e che per giunta non è vincolante: già prima del voto Emmanuel Macron, centrale nelle trattative in corso, ha dichiarato il sistema degli Spitzenkandidaten ormai morto. Vi sono poi questioni di legittimità politica: per quanto primo partito, il Partito Popolare ha preso meno di un quarto dei voti totali, una situazione che rende difficile pretendere di eleggere il Presidente della Commissione. Facendo leva su ciò, Macron, appoggiato in questo da Liberali e Socialisti, ha ribadito il suo no a Weber. Secondo molti, il presidente francese vorrebbe giocare la carta Michel Barnier, francese capo delle negoziazioni sulla Brexit, ma il rischio è che anche questo nome sia ormai bruciato.

La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che le negoziazioni per il Presidente della Commissione non possono non accompagnarsi a quella per il prossimo presidente della BCE e del Consiglio Europeo, creando un sistema di trattative intrecciate, in parte palesi in parte celate, che ingarbuglia il quadro e che ha reso impossibile giungere a un accordo ieri (una situazione che Politico ha sintetizzato con “c’era così tanto disaccordo tra capi di Stato e di governo che non sono riusciti nemmeno a mettersi d’accordo su cosa erano in disaccordo”).

Attualmente non è possibile capire come evolverà il dialogo. In ogni caso, occorrerà tenere presente anche della questione delle ripartizioni tra nazionalità: se i francesi riusciranno a imporre un loro nome per la Commissione, per la Germania sarà più facile chiedere un tedesco alla BCE, tanto più se consideriamo l’isolamento dell’Italia (che esprime tra l’altro il presidente BCE uscente) e l’Inghilterra ormai prossima all’uscita. A quel punto, però, il nome più papabile potrebbe essere quello di Jens Weidmann, attuale presidente della Bundesbank famoso per le sue posizioni conservatrici. Proprio per questo, Weidmann è malvisto da coloro che sperano di poter cambiare le regole europee proseguendo sul percorso intrapreso da Mario Draghi.

 

 

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