UE
La barbarie di un Paese che dimentica e confina in un cassetto la storia
“A Postdam sotto le querce
In pieno mezzogiorno un corteo,
davanti un tamburo e dietro una bandiera
e una bara nel mezzo”
Ci sono voluti un prete, don Enzo Volpe, sacerdote nel quartiere palermitano di Ballarò, e un conduttore televisivo, Diego Bianchi, per dichiarare rispettivamente a Porta a Porta e a Otto e mezzo, che abbinare a un decreto repressivo il nome della località di Caivano significa marchiare con uno stigma indelebile questo luogo. Se c’è un errore che ha compiuto l’opposizione in questo anno di governo Meloni, é stato quello di non capire che non sarà un malinteso pragmatismo a costruire un’alternativa adeguata. La stagione in cui ci si chiedeva se era possibile guardare con ottimismo ai processi d’integrazione economica globale e sperare che essi contribuissero a costruire un mondo con meno, non senza, povertà e fame, se mai è esistita, è tramontata da tempo. Oggi siamo al cospetto della disperazione sociale e di una destra identitaria, per nulla disposta a rinunciare al suo modo di essere. Di fronte a gente che non esita a rivendicare le proprie origini e anzi se ne vanta, il fronte progressista deve definire alla svelta la sua natura, e sulla base di ciò che vorrà essere, costruire il proprio destino. Quando leggo della svolta securitaria di alcuni sindaci del PD, ancora convinti che seguire Fratelli d’Italia e Lega sul loro terreno preferito porti consensi, mi rendo conto che non hanno imparato granché dalle sconfitte subite negli ultimi anni. E non sono le Amministrative o le Europee il problema, ma la ragione d’essere di una parte politica che, ora più che mai, dovrebbe esprimere idee radicalmente antitetiche a quelle della maggioranza.
E così, il Paese che fu di Cesare Beccaria, dell’articolo 27 della Costituzione, redatto da persone che avevano conosciuto sulla propria pelle l’orrore delle carceri fasciste, di Franco Basaglia, e del movimento democratico per l’emancipazione di tutte le categorie che per decenni erano rimaste escluse da ogni forma di tutela e di diritto, questo Paese sta diventando l’avamposto della disumanità. I verbi più gettonati sono “sanzionare”, ” punire”, ” reprimere”, ben coscienti, almeno per quanto riguarda i fautori di questa svolta cattivista, che le parole contribuiscono a formare in maniera decisiva l’opinione pubblica. E si finisce con il fenomeno migratorio, dove siamo passati da Mare Nostrum agli accordi con gli Stati che non garantiscono nessuno standard di umanità. Per non parlare poi dei naufragi e delle migliaia di vittime senza nome e senza volto che ghiacciano sul fondo del Mediterraneo, mentre qualcuno arriva persino a colpevolizzare il tormento che induce gli emigranti a partire.
Secondo Anna Arendt, il male non possiede la caratteristica della profondità, non è intimamente legato alla natura dell’uomo. Il male, che può raggiungere livelli “estremi”, riesce ad espandersi con eccezionale rapidità, a raggiungere ogni angolo del reale ma, nonostante ciò, esso si propaga soltanto in superficie, come un fungo. Il pensiero, che invece va in profondità, cerca il male, lo indaga, e non riesce nell’intento, perché il male, in profondità, non esiste: è banale. È una lezione tuttora attuale.
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