UE

Il vero problema della politica italiana è cosa accadrà dopo Mario Draghi

6 Giugno 2018

Ora che il nuovo governo a trazione binaria Movimento 5 Stelle (M5S) e Lega si è formato, è possibile fare diverse considerazioni su quale potrà essere il suo percorso. Sotto l´apparente guida del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, questo coacervo governativo non solo sarà soggetto a pressioni interne, per conciliare le due anime dell´esecutivo, ma anche a pressioni esterne. E no, non bisogna pensare che si stia facendo riferimento alle richieste degli investitori internazionali, a quelle della Commissione europea o a quelle dei partner transatlantici. Il vero punto è che per comprendere quale sarà il viatico del governo gialloblu di Conte bisogna guardare sia a destra sia a sinistra, così come a Francoforte.

L´impasse in cui si è trovato il Paese dopo il 4 marzo 2018 ha restituito un minimo di umiltà politica a quello che forse è stato il più pirotecnico fallimento elettorale, prima con il referendum costituzionale poi con le recenti elezioni, che si è verificato nell´Italia repubblicana. Matteo Renzi non ne è il solo colpevole, ma il suo accanimento sul personalismo del Partito democratico (Pd) ha contribuito a rendere inappetibile una compagine politica il cui programma non solo era fra i più ragionevoli in ottica europea, ma che era anche fra i più sostenibili sotto il profilo delle coperture finanziarie. Inutile girarci intorno: ¨Renzi e i suoi¨ (semi-cit., nda) hanno fallito. E lo hanno fatto in malo modo, alcuni consapevoli di non essere più intoccabili, altri no. Ma non è nemmeno questo il vero problema.

Negli ultimi giorni abbiamo letto che la Banca centrale europea (Bce) avrebbe ridotto gli acquisti di titoli di Stato italiani nell´ambito del programma di allentamento quantitativo (Quantitative easing, o Qe) che ha annunciato nel gennaio 2015 e che ha iniziato nel marzo dello stesso anno. Notizia fallace, in quanto la compensazione del peso in portafoglio dei bond governativi dei differenti Stati della zona euro era stata già decisa da tempo, e non vi è stata alcuna ritorsione a seguito del voto italiano dello scorso marzo. Eppure, la propaganda del governo gialloblu aveva già iniziato a rullare sui social media, contribuendo a rafforzare le echo chamber degli elettori di M5S e Lega, che risultano essere sempre più immuni ai tentativi di spiegazione razionale degli addetti ai lavori. Ed è questo il dilemma cruciale.

Se partiamo dall´assunto che le posizioni di M5S e Lega non ci rappresentano, come è possibile pensare di cambiare l´orizzonte della politica italiana? La polarizzazione che è avvenuta negli ultimi anni in Italia ricorda le stesse dinamiche che si sono osservate negli Stati Uniti nel corso del 2015 e del 2016. A fronte di una figura politica poco apprezzata a titolo personale da un sempre maggiore numero di elettori, ovvero Hillary Clinton, è emersa una figura alternativa, cioè Donald Trump, la quale ha sbaragliato la sua area elettorale di riferimento, distruggendola dall´interno. Non vi ricorda qualcosa? Se proviamo a sostituire la Clinton con Matteo Renzi e il centrodestra moderato con Matteo Salvini, il quadro è completo. Uno scenario a cui va aggiunto però Luigi Di Maio, quindi la Casaleggio Associati. Vale a dire la componente anti-sistema che più nell´ultimo decennio ha raccolto consensi in Italia (e non solo).

Gli scienziati politici si stanno arrovellando per comprendere quale sarà il prossimo trend per l´Italia. Ma è già possibile tentare una previsione. Osservando l´orizzonte politico italiano, il cosiddetto arco, non si può essere sereni. Perché non si vedono alternative valide, da un lato a Renzi, dall´altro a Silvio Berlusconi. E allo stesso modo, le echo chamber degli elettori che hanno optato per il M5S e per la Lega sono così inattaccabili che – anche in caso di un governo Conte appena mediocre – è possibile che non solo riescano a concludere la legislatura, ma che possano formare anche il prossimo ticket elettorale. Anche perché c´è un ulteriore aspetto che non deve, né può, essere sottovaluto. Ovverosia, il ruolo inconsapevole della Bce, la quale ha calmierato e cristallizzato i mercati finanziari europei negli ultimi cinque anni coi suoi continui interventi, ora a parole ora sul piano degli acquisti di titoli.

Non solo il mandato del presidente Mario Draghi terminerà nel tardo 2019. Non solo il programma di acquisto di titoli di Stato finirà nel breve. Ma anche, la Bce ha di fronte a sé la sfida di controbilanciare l´incredibile offerta di credito che ha contribuito a creare negli ultimi tre anni. Una sua riduzione, molto spesso, ha significato un peggioramento delle condizioni economiche dell´area in cui è avvenuta. Ma cosa succederebbe se l´offerta di credito, a seguito dell´exit strategy della Bce, crollasse in Italia nei prossimi anni? La risposta è semplice, almeno dal punto di vista teorico. Entrambi i partiti della maggioranza di governo, M5S e Lega, inizierebbero a sfruttare le echo chamber dei loro elettori, colpevolizzando la Bce della scarsità di liquidità, e quindi della recessione. Dall´altro lato, considerata l´inesistenza di componenti moderate sia a destra sia a sinistra, ci sarebbe ben poco. La Bce potrebbe agire in modo limitato, perché non può legare un suo programma a un singolo Paese. Non ci sarebbero quindi specifiche spiegazioni per non procedere con il ritiro della maxi liquidità. Ma, allo stesso punto, aumenterebbe la pressione degli investitori – internazionali e domestici – sul debito pubblico italiano.

A fronte di un quadro del genere, cosa potrebbe succedere? Qualunque evento, compresa un´uscita accidentale dalla moneta unica. Perché chi nasce quadrato, come molti neo-eletti di M5S e Lega, non può morire tondo. E di fronte all´opportunità di governo, l´impressione è che abbia prevalso l´utilitarismo. Cioè la linea del ¨Non abbiamo mai pensato all´uscita dall´eurozona¨. Ma quando la prossima recessione arriverà, ed è possibile che giunga una volta che verrà meno il credito della Bce, sarà utilizzata qualunque arma politica pur di mantere il consenso elettorale. Compresa quella, estrema, dell´uscita dalla zona euro. E, a quel tempo, si spera che non sia aumentata l´insofferenza di Bruxelles, Parigi e Berlino nei nostri confronti. Così come bisogna sperare, per un sano pluralismo democratico, che nasca un´alternativa moderata a M5S e Lega. Succederà? L´impressione è che, a forza di negare i propri errori, gli sconfitti non faranno mai autocritica e non riusciranno a coordinarsi per proporre qualcosa di nuovo. E a patire, ancora una volta tanto, saranno gli elettori. Con essi, l´eurozona intera.

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