Privacy

Il parlamento Ue prospetta di smembrare Fb, Zuckerberg risponde in 5 minuti

22 Maggio 2018

Il Parlamento europeo ha ventilato la possibilità di smembrare per legge Facebook in quanto monopolista dei social media. L’audizione del fondatore e amministratore delegato del più famoso, popolare e potente social network al mondo è però finita tra la frustrazione dei responsabili politici degli otto gruppi presenti in Parlamento. Dopo quasi un’ora e mezza di autentica torchiatura, chiamato a rispondere dell’utilizzo improprio dei dati personali di decine di milioni di utenti, della diffusione di notizie false e di influenzare le elezioni politiche, i referendum e quindi mettere a rischio le democrazie e le società occidentali, Zuckenberg ha liquidato la mole di domande in un quarto d’ora minuti, in molti casi lasciando gran parte delle questioni aperte. Solo le proteste dei capigruppo, hanno costretto il presidente dell’europarlamento, Antonio Tajani, a strappare a Zuckerberg la promessa di rispondere puntualmente per iscritto entro i prossimi giorni.

L’evento, richiesto da mesi dai gruppi politici dopo lo scandalo Cambridge Analitica e atteso da settimane, è arrivato a tre giorni dall’entrata in vigore del nuovo regolamento sulla protezione dei dati personali con cui l’Unione europea uniformerà l’utilizzo delle tracce che ciascuno di noi lascia online ogni qual volta visita un sito, fa clic con il mouse su un social o posta un commento. La riforma sarà in vigore da venerdì 25 maggio e, nonostante le incertezze sui costi dell’effettiva applicazione, offrirà un’unica serie di norme sulla protezione dei dati per tutte le imprese che operano nell’UE, indipendentemente dalla loro sede.

È vero anche che, all’inizio dell’audizione, il Ceo di Facebook ha avuto una ventina di minuti per ricordare valori condivisi come “importanza dei diritti umani” e “interesse per la tecnologia”, l’impatto che il social network ha sulla vita di cittadini e aziende anche in Europa – dove 8 milioni di imprese utilizzano la piattaforma gratuitamente – e sulla presenza diffusa, con centri di sviluppo in Irlanda, Londra, Parigi, Svizzera e da fine 2018 anche Danimarca che daranno lavoro complessivamente a oltre diecimila persone. È chiaro, ha ammesso Zuckerberg che gli strumenti messi a disposizione possono essere e sono stati utilizzati in modo malevolo, anche per causare danni gravi come i tentativi di orientare le elezioni. «Ci scusiamo per gli errori commessi», ha detto, «ci vorrà del tempo per implementare i cambiamenti, ma ci stiamo lavorando già da molto tempo. Abbiamo incrementato i nostri controlli e lo facciamo in modo proattivo, non solo su segnalazione degli utenti, abbiamo sospeso 200 applicazioni che utilizzavano i dati dei nostri utenti in modo scorretto, e abbiamo un team al lavoro da mesi per essere perfettamente in linea con le nuove regole di protezione dei dati personali che saranno in vigore in tutta Europa da venerdì 25 maggio».

Affermazioni che tuttavia non hanno abbassato la soglia di aggressività dei capigruppo. I leader politici europei hanno sottoposto Zuckerberg a una gragnuola di richieste scomode su mancanza di concorrenza, utilizzo dei dati, tracciamento degli utenti, tracciamento e recupero dei dati di persone non iscritte al social network attraverso altri siti, neutralità della piattaforma e volontà di pagare le tasse, tra le altre. Sembravano un branco di lupi affamati di fronte a un agnellino. Ma lui, lo sguardo apparentemente perso e con un atteggiamento remissivo e chiaramente sulla difensiva, non si è lasciato impressionare più di tanto.

Ad aprire la batteria di fuoco è stato Manfred Weber, presidente dei Popolari (PPE) chiedendo se Cambridge Analitica sia stato un caso isolato oppure solo la punta dell’iceberg e come pensa la compagnia di Zuckerberg di evitare problemi simili in futuro. La bomba però è arrivata dal leader dei liberaldemocratici (ALDE), il belga Guy Verhofstadt: prima ha sventolato l’infografica sulle volte in cui il Ceo di Facebook è stato costretto a chiedere scusa per gli errori commessi. «Sono già a tre volte quest’anno e siamo solo a maggio. Siete davvero in grado di riparare i danni? Io credo che l’unico modo sia di avere un regolamento pubblico, come è stato per le banche». Poi, ha guardato dritto negli occhi il suo dirimpettaio dall’altra parte del tavolo: «C’è un problema di concorrenza. Siete disponibili a collaborare con le autorità antitrust europee per esaminare la piattaforma e aprire i libri contabili in modo che possiamo vedere se un monopolio esiste o meno? Sarà accettabile per voi scindere le attività e liberarvi di Messenger, Wapp o Instagram?».

La forza, quasi la violenza, con cui Verhofstadt ha posto tali questioni hanno fatto sembrare “leggeri” gli interventi dei colleghi. Nigel Farage, leader di Ukip e degli euroscettici è scivolato addirittura nel colore con un riconoscimento esplicito dei meriti di Facebook rispetto al suo successo politico: «Sono il più grande utente di Facebook in termini di tutte le istituzioni dell’UE», lamentandosi poi che il cambiamento dell’algoritmo della piattaforma ha ridotto il numero di interazioni per individui come lui e Donald Trump.

A riportare i toni sul versante della gravità ci ha pensato il labourista inglese Claude Moraes, che, rispondendo indirettamente a Farage, «io sono il più modesto utente di Facebook», ha sottolineato come Zuckerberg fosse di fronte al Parlamento europeo e non al Congresso statunitense e che i regolamenti europei in materia di protezione di dati sono molto più stringenti rispetto a quelli americani.

Un aspetto che Zuckerberg conosce a menadito tanto è vero che, come ha rivelato Politico nei giorni scorsi e come gli ha rinfacciato Verhofstadt, in vista dell’entrata in vigore del nuovo regolamento (GDPR), la piattaforma ha modificato le proprie note legali. Le centinaia di milioni di utenti asiatici, africani, russi e latino americani per i quali fino a poche settimane fa il riferimento erano le regole sulla privacy in vigore a Dublino, quindi nell’Unione europea, sono stati assoggettati al diritto degli Stati Uniti.

Zuckerberg si è guardato bene dal farne menzione nel giro di risposte in chiusura di conferenza. In circa cinque minuti si è limitato a ribadire l’impatto positivo che Facebook ha sulle persone e sull’economia, «diamo accesso al web a centinaia di migliaia di piccole e medie imprese in modo paritario che altrimenti non avrebbero alcuna possibilità di competere rispetto alle grandi imprese multinazionali», l’impegno a correggere gli errori del passato, ad adempiere alle nuove normative di protezione dei dati dal primo giorno e a investire per evitare la diffusione di notizie false.

L’atteggiamento ha rinvigorito lo scetticismo degli europarlamentari nei confronti di una delle aziende più potenti al mondo che anche grazie ai 2,2 miliardi di utenti si è nel tempo trasformata da compagnia tech a compagnia media. L’evasività delle risposte hanno invece avvalorato il fact-checking circolato dopo l’audizione al congresso americano e che abbiamo la possibilità di riproporvi qui di seguito.

1. Quanti dati raccoglie Facebook? Zuckerberg ha affermato che “la stragrande maggioranza” dei dati raccolti da Facebook sono dati che gli utenti scelgono di condividere con Facebook. Ha anche detto: “Limitiamo un sacco di dati che raccogliamo e usiamo”.

Queste affermazioni sono fuorvianti. Facebook raccoglie molti dati direttamente dai suoi utenti, come le informazioni sul loro profilo, i contatti e qualsiasi contenuto che decidono di condividere su Facebook. Facebook raccoglie anche una grande quantità di dati sui suoi utenti da un’ampia varietà di fonti, incluse le attività dell’utente su Facebook e servizi affiliati (ad esempio, Instagram, Whatsapp), cronologia messaggi, cronologia posizione, transazioni finanziarie e visite a siti Web di terzi e app.

2. Facebook traccia gli utenti su altri siti Web e app per pubblicità mirata? Zuckerberg ha riconosciuto che Facebook tiene traccia dell’attività di navigazione dell’utente su siti Web e app di terze parti. Ha detto che Facebook memorizza i registri web “temporaneamente” e quindi converte i registri Web in una serie di interessi pubblicitari che utilizza per pubblicità mirata.

Queste affermazioni non riescono a riconoscere l’ampia portata della raccolta di dati di Facebook su altri siti Web e app. Uno studio della Princeton University del 2016 ha stimato che i cookie di tracciamento di Facebook sono presenti sul 25% dei più grandi siti Web su Internet. Una relazione tecnica del 2015 commissionata dall’autorità belga per la privacy ha rilevato che i plug-in sociali di Facebook sono presenti sul 32% dei primi 10.000 siti Web, inclusi siti Web sanitari e governativi. Facebook non ha rivelato pubblicamente la portata delle sue attività di tracciamento su altri siti Web e app. Facebook ha pubblicato un post sul blog dopo le audizioni che spiegano i vari modi in cui tiene traccia degli utenti. Il blog conferma che gli utenti sono monitorati anche se sono usciti da Facebook o non hanno un account Facebook. Tuttavia, il blog non riconosce quanti siti web e quante app siano coperte, né chiarisce per quanto tempo i registri web vengono “temporaneamente” archiviati.

Inoltre, il blog di Facebook non menziona il fatto che tiene traccia della navigazione web e dell’attività di utilizzo delle app utilizzando il servizio Onavo Virtual Privacy Network (VPN). Facebook ha acquistato Onavo nel 2013 e ora sta integrando la funzionalità VPN Onavo etichettandola come una funzionalità denominata “Proteggi” nell’app Facebook mobile. Se un utente attiva la funzione VPN Onavo, fornisce a Facebook l’accesso a tutto il traffico di dati mobili dell’utente, inclusa la cronologia di navigazione web. L’anno scorso, il Wall Street Journal ha riferito che Facebook ha utilizzato Onavo per tracciare la popolarità dei servizi competitivi e delle preferenze degli utenti per informare le acquisizioni e le decisioni sui prodotti.

3. Chi possiede e controlla i dati dell’utente? Zuckerberg ha ripetutamente affermato che gli utenti possiedono i loro dati e sono in “controllo completo” dei loro dati su Facebook.

Questa affermazione è fuorviante. I controlli di “privacy” di Facebook consentono agli utenti di controllare la misura in cui i loro dati sono visibili ai loro amici e ad altri utenti di Facebook. Anche se l’utente sceglie di non condividere i dati pubblicamente o con gli amici, tuttavia, Facebook continuerà a raccogliere e utilizzare i dati per i propri scopi. Gli utenti devono concedere a questi diritti generali di Facebook l’utilizzo dei propri dati come condizione di “prendere o lasciare”. Facebook offre scelte limitate di “controllo degli annunci”, ma queste scelte limitano solo la raccolta di dati e la pubblicità su altri siti Web e app. Le scelte di opt-out del controllo degli annunci non limitano la capacità di Facebook di utilizzare i dati dalla propria piattaforma per fornire pubblicità mirata su Facebook. Pertanto, l’unico modo per un utente di evitare che Facebook raccolga e utilizzi i propri dati è di eliminarlo completamente, il che vanifica l’intero scopo dell’utilizzo di Facebook.

4. Gli utenti di Facebook possono disattivare la pubblicità mirata? Zuckerberg ha dichiarato che “chiunque può attivare e disattivare la raccolta di dati per gli annunci, indipendentemente dal fatto che utilizzino i nostri servizi o meno”.

Questa affermazione è falsa. Come spiegato sopra, Facebook non offre ai propri utenti alcuna possibilità di utilizzare i dati dei servizi di Facebook per indirizzare la propria piattaforma pubblicitaria. Le uniche scelte offerte agli utenti di Facebook sono l’esclusione dalla pubblicità mirata basata su informazioni di altri siti Web e app o pubblicità mirata che viene mostrata su altri siti Web e app. Inoltre, non è chiaro in che modo gli utenti non di Facebook possono rinunciare a tale tracciamento a meno che non aprano un account Facebook. Il post di Facebook conferma che traccia gli utenti quando non sono su Facebook, ma non fornisce alcuna spiegazione su come un non-utente può scegliere di non utilizzare questi dati per la pubblicità mirata.

5. Facebook è monopolio? Zuckerberg ha dichiarato che Facebook affronta la competizione perché i consumatori medi utilizzano 8 app diverse per comunicare e rimanere in contatto.

Falso. Facebook non deve affrontare una concorrenza significativa da qualsiasi concorrente diretto. Facebook è utilizzato dal 79% degli utenti Internet degli Stati Uniti e genera quasi l’80% del traffico sociale mobile. Inoltre, Facebook possiede 3 delle 8 app più popolari solo negli Stati Uniti (Facebook è il più popolare e FB Messenger e Instagram sono tra i primi 8).

Al termine dell’audizione al Parlamento rimane senza risposta la domanda di Verhofstadt: Dovrà lei scegliere se passare alla storia come una persona che ha migliorato il nostro mondo, oppure un genio che ha creato un mostro digitale che ha distrutto le nostre democrazie e le nostre società.

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