UE

Per capire la crisi dell’Europa guardiamo il nuovo governo austriaco

17 Dicembre 2017

Tre ministeri chiave vanno al partito ultranazionalista austriaco. Il Fpö, il partito che un tempo fu di  Jörg Haider, infatti, ha ottenuto quelli dell’Interno, degli Esteri e della Difesa. Il nuovo governo austriaco, guidato da Sebastian Kurz, il giovane leader del Övp, il partito popolare di matrice cattolica che Kurz ha spostato decisamente a destra, marca indubbiamente una vittoria della destra estrema.

Questo governo è figlio legittimo del risultato elettorale del 14 ottobre scorso, e tuttavia non è solo questo. La sua fisionomia indica almeno due elementi dell’agenda politica e culturale in Europa nei prossimi mesi

Uno è evidente: è la crisi delle sinistre in Europa e l’emergere di una nuovo protagonismo delle destre estreme. All’origine di quel problema c’è la non capacità delle sinistre in Europa di dare risposte adeguate alle domande del popolo, di essere o di pretendere di essere l’agenzia politica capace di rappresentarne le criticità, i problemi, facendo proprie le sue ansie. E’ una crisi che dura da tempo e che ha interessato tutte le socialdemocrazie storiche dell’Europa, da quelle scandinave, a quella tedesca ai socialisti francesi, ai laburisti e, ovviamente, anche la socialdemocrazia austriaca, la Spö.

L’altro è meno evidente, ma non è meno radicale.

Il quadro delle scelte di valore nelle elezioni austriache non riguarda solo la dimensione del confronto destra/sinistra, ma anche quello con la fisionomia della Chiesa di Francesco I. L’Austria non è un paese indifferente dal punto di vista dell’identità religiosa. E’ un paese profondamente cattolico e che ha fatto sempre della sua identità cattolica non solo un valore, ma anche un baluardo identitario.

Il voto dello scorso 14 ottobre, popolare, profondamente nazionalista, xenofobo, non si propone solo come alternativo alla sinistre democratiche europee. Proprio per la fisionomia politica e culturale dell’Austria, quel voto è anche una replica al profilo culturale dell’attuale papato. In questo senso il voto della cattolica Austria non è un dato indifferente anche per la Chiesa.

In breve la scelta testimoniata da voto del 14 ottobre scorso tradotta nel nuovo governo varato ieri non parla solo all’Europa politica, ma parla anche a quelle agenzie, la Chiesa, il mondo del volontariato, chi ha pensato e praticato una politica sociale di intervento sulle emergenze del nostro tempo, a cominciare dalle questioni poste dai flussi migratori.

Da ieri, dunque, occorre guardare con attenzione a ciò che accade a Vienna, non solo nella composizioone del governo, ma anche nel linguaggio, nelle immagini che verranno veicolate, nelle epressioni che faranno da marchio del nuovo stile.

E’ iniziata una stagione che si propone di modificare radicalmente l’identità dell’Europa così come l’abbiamo conosciuta negli ultimi trent’anni. Forse per la prima volta come non capitava da molto tempo nella storia d’Europa  quella crisi non è solo politica, ma culturale e per certi aspetti, se la parola non fosse troppo impegnativa, anche “di civiltà”.

 

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.