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Gli anarchici di Atene: «Il patto con Tsipras è rotto, torneranno le molotov»
ATENE – Dal porto del Pireo con la macchina si passa dalla zona di Plaka. Centinaia di bancarelle e turisti con i cappellini di paglia che acquistano gadget raffiguranti la dea Atena. Da qui si intravede il Partenone che svetta sul monte e poi scompare alle spalle mentre la macchina sfreccia su piazza Syntagma, sede del Parlamento, davanti al quale per mesi ha manifestato senza sosta il fronte del no all’austerity. Svolti a destra ed ecco l’università, il Politecnico, dove il 14 novembre del 1973 gli studenti occuparono contro il regime fascista dei colonnelli. Proseguendo verso nord, il panorama cambia. Ora i turisti sono spariti, e te ne accorgi subito di essere entrato in un quartiere diverso dagli altri. Lo capisci dai muri imbrattati e dai graffiti che sei arrivato ad Exarcheia, il fortino anarchico di Atene. E’ da qui che è maturata la lotta dei greci contro la troika, ed è qui che tutto, dice qualcuno, è destinato a morire. Syriza compreso.
A Exarcheia i piani alti dei palazzi hanno le finestre chiuse e le serrande calate. Sono abbandonati, disabitati. Alcuni immobili sono stati ristrutturati ma ora giacciono invenduti. Da queste parti la vita si consuma solo ai piani bassi, nelle case occupate dagli abitanti delle assemblee di quartiere. Dall’altra parte della strada c’è la sede del Pasok, il partito di stampo socialista. Non sembra una sezione di partito ma una bottega scolorita e invecchiata. Il vetro della porta è stato preso a sassate da alcuni anarchici, gli stessi che tempo fa assalirono Gianis Varoufakis, ex ministro delle finanze, seduto in un bar in Exarcheia con la moglie. La storia politica di questo quartiere inizia nel 1974 quando per la prima volta alcuni abitanti si dichiarano ‘anarchici’. Sono ancora pochi, 200 forse 300, si riuniscono in case pubbliche, gli squat, intorno ad alcune figure di riferimento. I primi giornali circolano qui, tra queste stradine oggi piene di locali e bar, dove la notte i giovani fanno festa e di giorno decine di senza tetto e tossicodipendenti vagano come anime in pena o dormono sui marciapiedi.
Siamo negli 1974 e la saldatura tra gli abitanti del quartiere avviene non sulla base dell’appartenenza di classe, come è stato per l’Italia, ma sulla base di un sentimento di rabbia diffusa che li accomuna. Ciò che spinge i greci a incontrarsi nelle case occupate non sono ragioni sociali, operaie o studentesche. Il movimento anarchico di Exarcheia ha radici urbane, nasce e cresce contro la sinistra, contro lo stalinismo, contro il fascismo e nulla c’entra le rivendicazioni di tipo sindacale. Gli anarchici greci infatti sono un prodotto del sistema politico di quegli anni e in quegli anni decidono di praticare la violenza conto obiettivi specifici, così come fanno ancora oggi quando lanciano le molotov contro banche e sedi di partito. A differenza di altri insurrezionalisti sparsi per il mondo, non sentirete mai un greco di Exarcheia definirsi anarchico. Lo sono certo, ma loro preferiscono dirsi semplicemente anti-autoritari, gente qualunque, molto arrabbiata. Dunque quando parliamo di anarchici in Grecia non ci riferiamo solo al blocco nero, quello rappresentato col passamontagna e la spranga in mano, ma a una fetta molto più larga di popolazione che secondo una ricerca del 2014 corrisponde al 12 per cento dell’elettorato complessivo di Syriza che si autodichiara anti-autoritario e anticapitalista.
Nel 1981 gli anarchici a Exarcheia sono 5000 circa. Le loro pratiche sociali conquistano le strade, non le fabbriche. Nel 1978 Exarcheia si riempie di locali tra cui i rebetàdika, genere musicale greco importante come il blues in America. Tra i più famosi del quartiere c’era il Dada e il Poulikakos. La zona diventa presto l’epicentro del divertimento e sostituisce Plaka dove oggi invece è concentrato il turismo ateniese. Negli anni 90, però, al successo segue la decadenza. La zona è devastata dall’arrivo dell’eroina che, come in altri quartieri popolari del mondo in questo periodo, distrugge una generazione di rivoluzionari. Non solo. La repressione statale si intensifica. Nel 1995 il movimento anarchico pare decimato, oltre 1000 militanti sono in carcere. Finché nel dicembre del 2008 una tragedia risveglia tutti. Alexandros Andréas Grigoropoulos, 15 anni, muore ucciso dalla polizia durante un pattugliamento notturno nel quartiere. In Exarchia scoppia la rivolta. La gente esce dalle case, i borghesi protestano insieme ai proletari. I giovani iscritti al partito comunista insieme agli anarchici, i socialisti con gli ecologisti, i riformisti, gli studenti, i disoccupati. Vengono attaccate banche, stazioni di polizia, imprese. E’ un tentativo di insurrezione, la prima volta dopo tanto tempo. Ognuno protesta per un motivo diverso, tutti d’accordo e uniti nel movimento anti autoritario. un movimento radicale, urbano. E’ allora che la base anarchica dura e pure si mescola all’elettorato del partito di Alexi Tsipras. E’ allora che gli anarchici, diversamente da quanto avviene nel resto del mondo, si ritagliano un ruolo speciale anche a livello elettorale.
Chi osserva oggi con leggerezza, potrebbe dire che Exarcheia è un po’ come San Lorenzo a Roma o Porta Genova a Milano: un quartiere ‘fattone’, il quartiere dei punk a bestia, dei borghesi che vogliono la rivoluzione. Invece è proprio dalla struttura sociale e urbana di questa zona che si capisce cosa sta succedendo in Syriza e nella sinistra greca tutta. In Exarchia infatti convivono anime politiche simili ma diverse: nella stessa piazza, Platia Exarchion, c’è Nosotros, una delle sedi degli anarchici del movimento anti autoritario, ci sono i giovani di Syriza e quelli del Pasok, e a pochi metri, la base operativa degli anarco-comunisti (i neri), quelli che in piazza lanciano le molotov e di compromessi non ne vogliono sentir parlare. Sono tutte queste anime diverse ed è il loro bilanciamento a giocare un ruolo chiave nella sopravvivenza del partito di Alexis Tripras. Ed è con queste anime anarchiche che il premier dovrà fare i conti.
Incontro Antonios in un bar tra via Temistocle e Platia Exarchion. Arriva in bicicletta, indossa una polo lilla e ai piedi ha un paio di mocassini di camoscio. Abbigliamento inusuale per un anarchico direbbe qualcuno, invece no. Ad Atene gli anarchici sono quasi tutti come lui. Antonios fa l’avvocato, aspetta un bambino e vive in un appartamento di proprietà come buona parte dei greci. Una volta il partito di Tsipras gli ha anche offerto un posto come consulente negli uffici amministrativi del governo. Lui però ha rifiutato perché si definisce insurrezionalista ed è una delle teste calde del movimento anti autoritario di Atene, il coordinamento di assemblee autonome nelle città greche che in Exarcheia ha un’importante base operativa e a cui Syriza deve tanto. Mi porta in giro per il quartiere e mi spiega che “a Tsipras il movimento anti autoritario piace. Tra noi e loro – spiega Antonios – c’è un rapporto di odio e amore. Noi gli serviamo e quindi non può accusarci di essere dei violenti perché rappresentiamo il 10 per cento del suo elettorato. D’altra parte, è proprio Syriza il nostro nemico numero uno perché se i nostri anarchici votano per lui, il movimento anti autoritario perde consenso”.
Suona strano alle orecchie di chi crede che gli anarchici non votino mai. Ma tant’è: nel 2012 tra gli anti autoritari e Syriza viene siglato una specie di ‘patto’ non scritto. “Alle politiche di quell’anno, io come altri, abbiamo fatto uno strappo alla regola e abbiamo deciso di votare Syriza. Il partito infatti viene dalla tradizione dalla disobbedienza civile, No Global, e preferisce altre pratiche a quelle della devastazione ma spesso si è schierato contro la repressione dello Stato capendo le ragioni degli incappucciati. In questo senso, nel 2012, abbiamo deciso di sostenerlo elettoralmente per ‘farci spazio’. Infatti, immediatamente dopo le elezioni, siamo riusciti a ottenere più tolleranza in tema di sfratti e sgomberi in Exarcheia e qualche concessione dal punto di vista legislativo. Alcuni compagni arrestati sono stati rilasciati e anche il reato di terrorismo è stato rivisto cosicché oggi lanciare molotov non è più grave come mettere una bomba in una banca”. Imbocchiamo via Temistocle. Antonios fa un sorrisetto e indica un balcone con una bandiera accartocciata e scolorita. “Guarda lì in alto – dice – Quella è la sede giovanile di Syriza a cento metri dalla sede cittadina del movimento antiautoritario anarchico”. Il movimento anti autoritario di cui Antonios fa parte ha tante anime. “C’è chi lancia molotov e spacca vetrine se è necessario ma noi facciamo politica e anzi – spiega – alcuni anarchici sono proprio quelli che oggi frequentano le sezioni di Syriza. Siamo amici-nemici. La forza del partito di Tsipras oggi è la nostra sconfitta. Ci rubiamo il consenso a vicenda. Infatti parte del loro elettorato rappresenta la base del nostro movimento fatto dagli abitanti delle periferie e dagli studenti”.
Non stupirà infatti che nella giovanile di Syriza si leggono autori come Antonio Negri, Sergio Bologna, Franco “Bifo” Berardi e tanti altri della scena teorica anarchica tradizionale e di quella post-autonoma. Tanto per dirne una, il 10 gennaio 2013 in un’intervista radiofonica riportata anche da Matteo Pucciarelli e Giacomo Russo Spena nel loro libro Tsipras chi? il deputato Vanghelis Diamandopoulus, difendendo un centro sociale da uno sgombero ammise di condividere “alcune idee dell’anarchia”, e che il vero problema “è il governo che vuole distruggere ogni forma di resistenza”. Alzo lo sguardo e cerco qualcosa che indichi che questa di fronte a noi è la sede di Syriza. Non noto nulla. Al contrario, sul palazzo non c’è nulla a indicare che questa è la sede del partito di governo. Anzi, da qui sotto sembra che i militanti del partito di Tsipras vogliano quasi nascondere la loro identità in questo quartiere. Da qualche tempo infatti nel partito c’è chi teme ritorsioni anarchiche.
“Oggi il patto non scritto siglato nel 2012 tra anarchici e Syriza si è rotto”. L’accordo era questo: Tsipras avrebbe trattato condizioni accettabili su debito e austerità e gli anarchici avrebbero evitato le violenze. A metà luglio, dopo ore di trattative, i leader dell’Eurosummit hanno avviato il negoziato con la Grecia per il lancio di un terzo programma di salvataggio. Un’azione triennale, un sostegno tra gli 82 e gli 86 miliardi di euro, vincolato da un pacchetto di riforme che coinvolge fisco, pensioni, accesso al mercato e riforme giudiziarie. Stando all’accordo verrà creato un fondo di garanzia degli investimenti da 50 miliardi in cui Atene collocherà palazzi, isole, aziende pubbliche e le banche ricapitalizzate. A metà luglio la troika sembra avere vinto la partita, il patto Syriza-anarchici è definitivamente rotto. Poco dopo la firma dell’accordo con l’Ue infatti, il blocco nero è tornato in piazza Syntagma. Duecento incappucciati armati di mazze hanno marciato per le vie di Atene seppur in maniera simbolica per ricordare che un passo indietro con la troika significa il ritorno delle molotov.
Per Antonios il partito di Tsipras è destinato a scomparire perché sta scomparendo la sua ragion d’essere: la sua alterità al sistema. Il premier rischia. Infatti, “oggi Syriza è stretta tra due fuochi: da una parte la destra che lo accusa di organizzare e proteggere i violenti, dall’altra alcune frange più radicali anarchiche che lo accusano di essere troppo moderato”. Il rischio quindi è che scegliendo il compromesso, alle prossime elezioni Tsipras perda il consenso della base anti capitalista. Cioè proprio quell’elemento che finora ha caratterizzato e differenziato Syriza. Il che ne farebbe un partito come gli altri, come il Pasok, come la Nuova Democrazia destinato, proprio come questi, a finire nel mirino delle molotov degli anarchici. C’era una volta, i loro semi alleati.
(fotografia di Giulia Cerino)
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