UE
Europa senza futuro. La Conferenza già decisa da Macron
Qualche giorno fa, oscurata dal diffondersi in Italia dell’epidemia da Corona Virus, si è consumata l’ennesima farsa del pluri-nazionalismo europeo incarnato dal Consiglio dei 27 stati membri. Il tema era il prossimo budget settennale basato sul piano di governo formulato dall’organo esecutivo comune, la Commissione, sulla base degli obiettivi condivisi con l’organo democratico comune, il Parlamento.
La decisione sul budget, tuttavia – ovvero cosa farà nel breve termine l’Unione europea per conseguire gli obiettivi che essa stessa si è data, dal garantire la transizione ecologica e la sostenibilità sociale, ai diritti digitali e l’innovazione tecnologica – non spetta né alla Commissione né al Parlamento. Spetta, sulla base del Trattato istitutivo – la mastodontica, illegibile, incomprensibile, iper-tecnica specie di costituzione europea – a questo bizzarro organismo anti-europeo che è il Consiglio dei capi di stato e di governo dei 27 stati membri dell’Unione. Questi 27 stati rappresentano appunto i rispettivi governi nazionali, non l’Europa. Non hanno una visione comune ma 27 contrastanti visioni particolari.
Come in ogni precedente Consiglio, anche in questa ultima, insostenibile leggerezza del non essere europeo, il dibattito non è stato un confronto sulle esigenze, opportunità, prospettive, minacce per i cittadini d’Europa e le scelte politiche necessarie ad affrontarle. Al contrario, è stato il consueto campo di lotta tra galli nazionali – ciascuno interessato a far sapere alla propria audience casalinga che si è usata la “voce grossa” e si sono battuti i “pugni sul tavolo” in una parossistica rincorsa a contrapporre 27 nazioni come fossero paesi stranieri con interessi divergenti, mentre negli altri continenti quei 27 sono considerati una cosa sola, l’Europa appunto.
Il Consiglio europeo è un organismo pluri-nazionale, quindi per sua natura non europeo.
Non prende decisioni che riguardano l’insieme dei cittadini dell’Unione, si limita a negoziare a ribasso misure che, una dopo l’altra, svuotano l’Europa della dimensione comune rendendola un inutile pachiderma burocratico incapace di decidere e di rispondere ai propri stessi portatori di interesse, i cittadini.
Il Consiglio impedisce all’Unione europea di affrontare le sfide geopolitiche e rispondere alle urgenze internazionali. Il Consiglio, con il potere di veto che i Trattati conferiscono a ciascun singolo paese membro, consente a stati come Ungheria e Polonia di violare i diritti e le libertà fondamentali tutelati dagli stessi Trattati istitutivi, perché qualunque sanzione contro uno qualunque degli stati membri può essere presa solo dal Consiglio dei 27 stati – non dal Parlamento – e solo all’unanimità, cioè con il voto favorevole anche dello stesso stato violatore. Un nonsense che ha portato l’Unione europea alla morte cerebrale.
Un morto – va da sé – non ha futuro. E questo è talmente evidente che con la nuova legislatura europea si è deciso di provare a resuscitare il cadavere. La terapia l’ha prescritta il più grande fake dell’europeismo contemporaneo, Emmanuel-sciovinista-Macron, al quale si deve l’iniziativa di niente di meno che una grande Conferenza sul futuro dell’Europa. Macron ha convinto Merkel – quindi la Conferenza si farà, durerà due anni, sarà inaugurata il prossimo 9 maggio – sì tra due mesi.
Non si sa però ancora come funzionerà. Il Parlamento ha fatto una proposta su come la Conferenza dovrebbe funzionare e quali poteri dovrebbe avere, così come una proposta ha formulato la Commissione – ed entrambi per questa Conferenza prevedono il minimo, ovvero che possa discutere e decidere anche la modifica dei Trattati, obiettivo necessario affinché si possa finalmente tentare di dare agli europei una democrazia comune, superando il sistema pluri-nazionalista attuale.
Anche il Consiglio ha fatto la sua proposta, ma guarda un po’ la proposta dei capi dei 27 stati membri esclude che la Conferenza possa decidere alcunché, men che meno la modifica dei Trattati.
Le organizzazioni della così detta società civile hanno criticato tutte e tre le istituzioni, senza particolari distinguo.
Avrebbe avuto senso invece, per le organizzazioni della società civile, distinguere. E non contrapporsi, ma sostenere gli sforzi del Parlamento, sfidarne la volontà di dare alla Conferenza un potere costituente effettivo, piuttosto che rivendicare la generica partecipazione dei cittadini – il mantra della Democrazia partecipativa – pur sapendo che a trattati vigenti non solo i cittadini ma nemmeno il Parlamento e la Commissione hanno il potere di decidere nulla. In Europa manca la Democrazia tout court. Che senso ha rivendicare Democrazia Partecipativa senza una cornice istituzionale che di suo sia democratica?
Tra le organizzazioni della “società civile” sembra ormai prevalere la rassegnazione rispetto alla possibilità di incidere da qui al prossimo Consiglio che ne deciderà le sorti, sul mandato della Conferenza, e si guarda già al dopo, tra due anni, quando l’Europa un futuro non lo avrà già più.
Ma come si fa a rassegnarsi? Perché non si scende in piazza ora? Perché non si prende ora l’iniziativa – cioè prima che i giochi siano chiusi, prima che sia troppo tardi e ai cittadini non resti davvero che vedere tutto crollare giù?
Perché non lo si fa non lo so. D’altronde se le organizzazioni dei cittadini europei non avvertono l’urgenza di battersi per l’Europa democratica, e farlo ora, allora forse la non-Europa dei 27 stati nazionali è effettivamente quello che ci meritiamo.
AGGIORNAMENTO del 13/03/2020
Il 19 e 20 marzo si terrà un incontro online tra organizzazioni e attivisti europei che non intendono lasciare l’Europa andare alla deriva. L’obiettivo è discutere proposte concrete e prendere iniziative comuni per far assumere all’Europa la rotta della democrazia. La partecipazione è aperta a tutti – cittadini singoli e associazioni, attivisti e rappresentanti politici. Il dialogo si svolegrà in inglese. Qui è possibile consultare i contributi degli organizzatori e registrarsi per partecipare.
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