UE

Più che il “Salvastati” all’Italia serve un “Salvafaccia”

23 Novembre 2019

Ancora una volta una palla è diventata una valanga. Ma non è neve, e il colore non è bianco. Sul fondo Salvastati politica e tecnica, destra e sinistra, politica e antipolitica si sono uniti nel fine comune di mostrare all’Europa che l’Italia ormai è una barzelletta che sarebbe suscettibile di finire in tragedia, se solo qualcuno all’estero ci prendesse ancora sul serio.

Il carattere unificante della figuraccia nasce dal fatto che è scaturita da un’audizione di un tecnico politico di sinistra (ex parlamentare del PD), e la polemica è stata lanciata sui social dal Gatto e la Volpe, i due politici tecnici anti-Euro della Lega, utilizzando proprio le sue parole. E poi un tecnico con un passato da politico, che siede a capo dell’ABI, ha lanciato il suo grido di guerra minacciando che le banche non compreranno titoli di stato, come se lo dovesse decidere lui. Il tutto nell’indifferenza dei mercati, dei banchieri e dei tecnici veri.

Il carattere ridicolo della contesa è chiaro a chiunque se approcciamo il problema ignorando la tecnica. Stiamo parlando di una cosa che in volgare si chiama “Salvastati”. Serve a fornire finanziamenti a stati in difficoltà finanziaria, cioè cui i mercati non fanno più credito. Ora, se uno chiede soldi perché non è in grado di pagare un debito, la cosa più naturale è che gli venga chiesto, tra le altre cose, di ristrutturare il debito stesso. Tipicamente le ristrutturazioni del debito sono basate su tre tecniche: allungamento delle scadenze, riduzione degli interessi e “periodi di grazia”, cioè periodi in cui si sospendono i pagamenti.

Ora, chiedere a un fondo Salvastati di darti i soldi senza ristrutturare il debito è come andare dal dentista e rifiutarsi di aprire la bocca. Eppure questo è il tema sollevato dai nostri “tecnici”, che sono senz’altro tecnici di qualcos’altro che non la gestione delle crisi finanziarie. Ristrutturare il debito è sempre una condizione necessaria per consentire di liberare risorse in grado di superare una crisi finanziaria. Se queste risorse non possono essere liberate, o non sono sufficienti, allora si dice che il debito è insostenibile. E si fa semplicemente fallimento, senza doversi rivolgere al fondo Salvastati.

Così, mentre secondo i nostri “tecnici” l’idea di una possibile ristrutturazione del debito spaventerebbe i mercati, i mercati sono spaventati solo dai nostri “tecnici”, e dal fatto che essi vogliano escludere la possibilità della ristrutturazione del debito da parte del meccanismo Salvastati. Infatti, escludere lo strumento della ristrutturazione rende più difficile il risanamento generale di una condizione finanziaria. E se i mercati sanno che i debiti che sottoscrivono non potranno essere ristrutturati, saranno portati ad escludere tali scenari di risanamento.

A questo si aggiunga che in alcuni casi la ristrutturazione del debito può essere fatta a parità di valore di mercato del debito, cioè senza generare perdite per i creditori. L’esempio è la ristrutturazione del debito di Roma Capitale con Cassa Depositi e Prestiti, cui ho preso parte personalmente. Senza questa ristrutturazione, la gestione commissariale del debito di Roma si sarebbe trovata senza soldi in cassa al termine dei prossimi due anni, e avrebbe dovuto tornare a chiedere i soldi ai contribuenti, romani e italiani.

E’ chiaro che spesso la ristrutturazione di un debito sovrano richiede che il valore del debito venga ridotto, e che quindi i creditori subiscano delle perdite. Ma qui c’è in gioco un principio di equità che è naturale e comune a tutti i sistemi giuridici. Per noi latini si chiama “par condicio creditorum” e per gli anglosassoni “pari passu rule”. Sancire l’intoccabilità del debito, pur a fronte di un piano di salvataggio, significherebbe derogare a questo principio e attribuire uno status privilegiato al credito finanziario, aumentando l’impatto delle crisi sulla carne viva del paese (ricchezza pensionistica, spesa per la sanità, la scuola, ecc…). Per fare un caso concreto, due giorni fa in Grecia un collega mi diceva che un professore ordinario al massimo dell’anzianità oggi riceve circa 2000 euro al mese, contro i 3000 prima della crisi. Se non ci fosse stata la ristrutturazione del debito, con il concambio del 2012, come richiedono i nostri “Soloni” (qui il termine è appropriato), oggi il mio amico professore riscuoterebbe ancora meno, perché si sarebbe sobbarcato anche le perdite dei creditori.

Questo turbinio di posizioni senza senso in realtà è polvere originata da una vecchia polemica, ormai sopita, su schemi di ristrutturazione automatica che erano stati proposti dai tedeschi, e che avrebbero potuto effettivamente essere pericolosi, perché avrebbero potuto scatenare fenomeni di manipolazione del mercato dei titoli di stato. Ma questo non c’entra niente con il riconoscere che la ristrutturazione del debito sia un esito necessario di un procedimento complessivo di risanamento finanziario.

Non solo è passato il pericolo della proposta tedesca, i tedeschi hanno anche accettato che i costi del fondo siano ripartiti secondo la cosiddetta “capital key”. Vuol dire che i tedeschi pagano più del 27% del conto e noi meno del l’12%. Per aggiungere riso a riso è appena il caso di ricordare che poco tempo fa quattro nostri tecnici, stavolta tecnici veri, avevano elaborato una proposta molto più equa nei confronti della Germania: secondo quella proposta, noi avremmo dovuto pagare più di loro perché siamo più rischiosi. E allora si levò un coro di polemiche dai tecnici di qualcos’altro, sul tema che: “i tedeschi non avrebbero mai accettato”. Chi ha poca memoria si vada a rileggere i miei  commenti su queste colonne.

In conclusione, ora che i tedeschi accettano di pagare più di noi, e che hanno rinunciato anche a schemi di ristrutturazione automatica del debito, noi facciamo le bizze. Vogliamo che il debito sia sacro e intoccabile, e che quindi si offrano maggiori tagli a pensioni, scuola e sanità come carne sacrificale per garantirne l’intoccabilità. In più, tutto questo, che se ha poco a che fare con l’equità non ha assolutamente nulla in comune con la sinistra, è stato detto da un ex parlamentare del PD e rilanciato da due parlamentari della Lega che sono per l’uscita dall’Euro. Ce n’è abbastanza per vergognarsi e dire: “ich bin ein berliner”.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.