Partiti e politici

Elezioni europee: quale Europa vogliono gli elettori?

19 Marzo 2019

Le elezioni europee si avvicinano e molte regioni del Vecchio Continente appaiono più inquiete che mai. Dai gilet gialli alla Brexit passando per la Catalogna, senza dimenticare i cosiddetti populisti e sovranisti in ascesa un po’ ovunque, mentre i partiti “tradizionali” sono in crisi, l’Europa appare lacerata e in trasformazione. A complicare il quadro c’è il fatto che nessuno può sapere chi vincerà le europee. Se nel calcio infatti si dice che la palla è rotonda, e quindi il risultato non è mai scontato, si potrebbe affermare qualcosa di analogo per le elezioni: quante volte le attese sono state sconfessate?

Se quindi non possiamo sapere in anticipo che Europarlamento uscirà dalle urne di maggio, possiamo però legittimamente cercare di capire che cosa chiedono gli europei in generale, e gli italiani in particolare, ai candidati. Per rispondere a questa domanda ci siamo rivolti al professor Enzo Risso, direttore scientifico dell’istituto di sondaggi Swg.

Che cosa si aspettano gli Italiani?

«Che l’Europa cambi strada, lasci gli ormeggi delle politiche di austerity e ricostruisca quello che è il senso originario del sogno europeo e cioè concentrarsi su tre pilastri: lotta ai cambiamenti climatici, strutturazione di uno sviluppo basato sull’equilibrio sociale e sull’inclusione e l’idea che la Ue sia il punto riferimento di un altro modo di fare comunanza di destino tra i vari popoli e quindi non sia solo un’entità burocratica che determina eventi dall’alto».

I desideri degli Italiani sono in sintonia con quelli del resto d’Europa? Pensiamo ad esempio ai paesi del nord, come la Germania, che hanno fortemente sostenuto l’austerity.

«Come Swg abbiamo fatto una ricerca in cinque paesi più l’Italia. Mi riferisco a: Austria, Francia, Germania, Polonia e Spagna. È emerso che chiedono un’Europa più forte e integrata il 61% degli italiani, il 57% degli austriaci, il 50% dei francesi, il 59% dei tedeschi, il 45% dei polacchi e il 67% degli spagnoli. All’interno di queste percentuali ci sono cittadini che vorrebbero addirittura gli Stati Uniti d’Europa: si va dal 30% degli spagnoli al 13% dei polacchi, mentre gli italiani favorevoli sono il 28%. Se invece guardiamo a chi vuole uscire dall’Unione europea, si passa dal 17% della Francia al 7% della Spagna. Solo l’% degli italiani è per l’Italexit».

Quindi chi vuole la fine dell’Unione è una minoranza.

«Sì, gli europeisti restano la maggioranza in tutti i paesi, ma chiedono di affrontare quattro sfide. In primis quella sociale, cioè ricucire le fratture sociali e le disuguaglianze create in questi anni, perché l’Europa ha senso se è integrazione sociale e responsabilità collettiva. La seconda sfida è rigenerare il sogno europeo, quindi avere una visione politica e non burocratico-contabile. Al punto tre di questa sorta di programma possiamo mettere la richiesta di ricostruire il senso di identità, quindi l’Europa deve diventare una comunità di destino e non una somma di paesi, deve generare cultura, identità, cittadinanza e modello sociale di convivenza. Il quarto punto è ridisegnare il futuro, per affrontare sfide a livello globale come l’espansione della Cina, il 5G, la quarta rivoluzione industriale, i disastri climatici, le grandi migrazioni. Sono tutti temi, questi, che non possono essere affrontati dai singoli stati, perché davanti a tali sfide anche la Germania è piccola. E aggiungerei una quinta sfida, che un po’ le assomma tutte quante».

Quale?

«Quella di generare una nuova classe dirigente, sia europea sia nei singoli stati. Gli Europei lo hanno capito e vissuto sulla loro pelle. Tutto ciò non si gioca solo nelle elezioni. Ma la gente avrà queste sfide nel cuore mentre vota a maggio, magari non tutti le percepiranno chiaramente, ma le pulsioni vanno in questa direzione».

Cosa chiedono invece i giovani italiani e i loro coetanei europei alle prossime elezioni?

«I giovani italiani hanno a cuore il grande tema di superare la precarizzazione esistenziale a cui la condizione del lavoro li ha condannati.

I giovani europei, come gli italiani, hanno bisogno di futuro e di una società che pensi al futuro. Il grande fallimento liberista, se si vuole, è stato quello di aver ucciso il futuro per i giovani. È stato un avere tutto, qui e adesso e non si è pensato al domani. Per questo possiamo parlare di fallimento di buona parte delle élite che sono state incapaci di generare un’idea di futuro e prendere scelte utili anche per il domani».

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