UE

E se la Grexit fosse l’unica porta per una lunga marcia verso l’Europa?

20 Luglio 2015

Qualcosa è rimasto tra le pagine chiare e le pagine scure della vicenda greca. In realtà di pagine chiare non se ne sono viste, ma mi scuserete la licenza per salvare una citazione di una vecchia canzone, peraltro dal contenuto difficilmente comprensibile come quello del negoziato del 12 luglio. In realtà, la strategia di Schaeuble ha messo all’ordine del giorno due domande. La prima è se Schaeuble sia o meno un idiota, come pare abbia chiesto a Mario Draghi. La seconda è l’effetto della uscita della Grecia dall’area Euro, quando si verificherà. La prima domanda ha una lunga storia: non è la prima volta che il razionale popolo tedesco va in calore per un idiota e un pazzo (con folle di beoti di altri paesi che se ne invaghiscono e ne prendono la scia). La seconda domanda invece è nuova, è la “terra inesplorata” che prima o poi dovremo visitare. Vale quindi la pena di cercare di capire, dai comportamenti dei negoziatori e dalle loro strategie, come potrebbe essere la vita  in questa nuova terra e, per differenza, la vita nella terra in cui viviamo. Con una domanda in mente: se non sia preferibile migrare verso questa terra nuova, nella speranza che ci conduca all’Europa.

Per rispondere alla domanda su quale idea di Europa e quali scenari abbiano in mente i politici che hanno preso parte alla trattativa è sufficiente fare un salto in uno dei tanti universi paralleli che qualche scuola di fisici ci assicura che esistono. In particolare, c’è un universo parallelo nel quale Varoufakis non si è dimesso la mattina dopo il referendum e si è presentato al tavolo dei negoziati con la sua scelta strategica. Sappiamo che in questo universo parallelo Schaeuble si è presentato con la sua proposta di Grexit temporanea, e Varoufakis ha risposto: “caspita, ci siamo letti nel pensiero, io ho una proposta di Grexit permanente!”.

Questo è quello che sicuramente sappiamo di questo universo parallelo, mentre non sappiamo come sarebbe andato avanti e si sarebbe concluso il vertice. Forse i due ministri avrebbero fatto “flic-floc” come facevamo noi da ragazzi quando ci capitava di dire la stessa parola. Si sarebbe intromesso qualcun altro, ministro delle finanze o primo ministro? Probabilmente no. Davanti alla volontà delle parti, chi si sarebbe opposto? Forse nessuno avrebbe potuto disinnescare la proposta di Grexit, anche perché  non c’era nessun europeista all’Eurogruppo o al consiglio dei ministri di Europa. E allora forse la Grecia sarebbe uscita dall’Euro e i due ministri sarebbero usciti a bere una birra. O forse si sarebbe opposto Donald Tusk, ex primo ministro polacco ora a capo del Consiglio d’Europa, che è effettivamente intervenuto anche nell’universo in cui stiamo vivendo. Avrebbe forse detto: “non uscite da quella porta”, come ha effettivamente fatto, alla Merkel e a Tsipras. Ma sul concetto di Europa di Donald Tusk torneremo più avanti.

In questo teatro dell’assurdo, che è stato evitato per un evento che nessuno avrebbe potuto prevedere, è nascosta la domanda centrale sul Grexit. Come è possibile che in una negoziazione (un “gioco”, in termini matematici) entrambi i contendenti si presentino offrendo alla controparte la stessa minaccia credibile? La risposta che viene in mente è che lo scenario Grexit è talmente incerto e aleatorio, è talmente “terra inesplorata” che ognuno ritiene che il danno sia maggiore per l’altra parte.  La spiegazione alternativa è che la minaccia riguardi il bene comune, in una sorta di: “muoia Sansone con tutti i Filistei”. Ma se questa fosse la spiegazione da parte di Schaeuble, il titolo di “idiota” sembrerebbe addirittura riduttivo.

In realtà, la spiegazione della carta “Grexit” è diversa per Varoufakis e Schaeuble. Varoufakis ha dichiarato ceh avrebbe voluto rendere l’uscita delle Grecia una minaccia credibile (ritenendo ovviamente di non giocare contro un idiota e di non essere idiota egli stesso). Per fare questo il suo piano avrebbe utilizzato la proposta degli IOU che da tempo circolava: l’emissione di titoli per il pagamento della pubblica amministrazione e per la circolazione interna. Questo progetto aveva due problemi. Il primo è che il conto sarebbe ancora una volta stato pagato dal popolo greco, con una riduzione del valore della nuova moneta interna. Il meccanismo infatti ricorda un vecchio sketch di Enrico Montesano che, nelle vesti di Andreotti, proponeva di pagare i dipendenti con una moneta a doppia faccia, quella di diecimila lire per la ricezione dello stipendio, e quella delle mille per la spesa. In secondo luogo, c’è la chiara percezione negli ambienti tecnici dell’Europa che il personale della banca centrale greca non sia pronto a gestire scenari estremi come l’uscita dall’Euro, e questo avrebbe reso la minaccia di Varoufakis poco credibile.

Schaeuble ha giustificato la sua proposta di Grexit a tempo sulla base della sua formazione di avvocato, utilizzando una clamorosa “gabola”. L’argomento sarebbe che la Grecia ha bisogno di una riduzione del debito, ma questa non è coerente con i trattati perché configurerebbe un aiuto alla Grecia. Il nostro avvocato quindi finge di confondere una perdita su un credito andato a male con un aiuto. Tanto più che quando i prestiti sono stati fatti, per risarcire i creditori privati, allora erano pienamente aiuti allo stato greco. Va da sé che la stampa ed il dibattito politico hanno preso questa idiozia come oro colato, come se il signor Schaeuble fosse l’interprete autentico dei trattati, per una sorta di diritto di Brenno.

Nelle negoziazioni di Bruxelles, quindi, si è giocato una sorta di dilemma del prigioniero. Se Grecia e Germania avessero confessato la loro volontà di Grexit entrambi avrebbero avuto la loro perdita. Quello che è successo è che solo Schaeuble ha confessato, mentre Tsipras ha avuto paura, e la Grecia si è presa il grosso della perdita. Per infiorettare una bella immagine di Jacopo Tondelli, i greci hanno offerto l’amore dorico, ma il popolo di Faust ha voluto il possesso dell’anima. L’equilibrio buono, quello della cooperazione per la risoluzione della crisi greca all’interno dell’Europa, era fuori discussione, perché avrebbe richiesto giocatori razionali e con un’ottica di lungo periodo.

Infine, abbiamo detto che l’accordo è stato forzato da Donald Tusk. Il Financial Times riporta che lui “non può accettare l’argomento, che qualcuno è stato punito, specialmente Tsipras o Grecia. L’intero processo riguardava l’assistenza alla Grecia”. Un buon inizio di dichiarazione, ma poi il Financial Times chiarisce l’idea di Europa di Donald Tusk. “Il signor Tusk ha detto che era preoccupato dall’estrema sinistra, che egli crede stia sostenendo ‘questa illusione della sinistra  che uno possa realizzare qualche alternativa’ al modello economico corrente dell’Unione Europea. Sostiene che questi leader di estrema sinistra stavano spingendo per mettere da parte valori europei tradizionali come ‘furgalità’ e principi liberali e basati sul mercato…” E a scanso di equivoci  chiarisce che per lui “l’atmosfera è un po’ simile a quella del tempo dopo il 1968 in Europa”: un’affermazione inquietante e ridicola da uno che nel 1968 viveva al di là della cortina di ferro. Comunque, il concetto è chiaro: se sei europeo non puoi aspirare ad alcuna alternativa di sinistra.

Insomma, tra gente che considera l’Europa come un locale privato con tanto di buttafuori e gente che confonde l’Europa con un regime, l’Europa non c’è più. Il clima e gli argomenti sul rendere credibile l’uscita della Grecia dall’Euro ricordano quelli del 2008 sulla possibilità di lasciar fallire una grande banca. Il caso Lehman Brothers mostrò che il modo migliore per far sembrare credibile un evento estremo è lasciarlo accadere. Il fallimento di Lehman Brothers ha avuto un forte effetto contagio, ma ha anche spinto la comunità internazionale a una riforma della regolamentazione finanziaria senza precedenti. Nello stesso modo, è lecito pensare che il Grexit possa far ripartire l’Europa. Certamente non subito, e non  per noi. Ma senz’altro il contraccolpo ripulirebbe la politica europea da signorotti e servi, e nel lungo periodo rinasceranno europeisti con anticorpi più forti. Sarà una lunga marcia, ma li riconosceremo dal fatto che in occasione di un affare come quello della Grecia, non scenderanno in piazza ad Atene, ma occuperanno Berlino. Se noi saremo ancora vivi, non avremo senz’altro la forza per esserci, ma potremo partecipare dalle case di riposo, chiedendo alle nostre badanti di mettere a palla un pezzo della nostra generazione che canta: “first we take Manhattan, then we take Berlin!”.

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