UE

Sarà Padoan il prossimo ospite d’onore all’«Eurogruppo dei cretini»?

30 Giugno 2015

In questo fine settimana ho ricercato e riletto il messaggio di augurio che avevo mandato al mio maestro Mario Draghi, quattro anni fa esatti, in occasione della sua elezione al vertice della BCE. Alla luce di quello che è successo nei quattro anni successivi, rileggere quel messaggio in cui lo salutavo come un nuovo Altiero Spinelli mi ha trasmesso un misto di imbarazzo e ironia. Oggi è infatti chiaro che Mario Draghi non è Altiero Spinelli, e Mario Draghi lo sapeva già allora. E quello che vediamo oggi è che non c’è nessuno Altiero Spinelli all’orizzonte. Ma allora, con la crisi che si stava trasferendo dalla Grecia al resto dell’Europa, mi appariva chiaro che l’Europa avrebbe potuto essere salvata solo da un banchiere centrale. Oggi siamo ancora alla stesso punto, e Mario Draghi con lo sguardo triste di un cowboy interpretato da John Wayne ha ripetuto ancora laconico: garantiremo la stabilità. A differenza di allora, però, viene da chiedersi se questa Europa meriti di essere salvata, o non sia meglio lasciarla deflagrare con i suoi comandanti e i suoi scriba.

Oggi, a differenza dell’inizio della crisi, gli economisti sono unanimi nel giudizio tecnico sulla proposta greca e la controproposta dei creditori. Sono d’accordo tutti al di là del loro credo politico e della loro scuola di pensiero. Non importa se di destra o di sinistra, se keynesiani o liberali, sono tutti concordi. Luigi Zingales sul Sole 24 Ore ha scritto di trovare ragionevole la proposta greca, riportata sul sito di del ministro delle finanze Varoufakis. Wolfgang Munchau sul Financial Times ha usato il termine “inferno dantesco” per descrivere la controproposta dei creditori. Andrea Boitani su lavoce.info ha snocciolato i sacrifici patiti dal popolo greco, citando un numero che li riassume tutti: un surplus primario aggiustato per il ciclo economico del 5%, “il più alto di Europa (l’Italia è seconda)”.  Poi c’è  Robert Shiller, che in un’intervista sulla Repubblica ritiene sacrosanta la scelta di Tsipras di dare la parola agli elettori, e sulla questione dell’impatto di un’eventuale deflagrazione del debito greco, dice che non sarà una passeggiata di salute, come ci ammannisce la politica e la propaganda: Shiller è preoccupato dell’impatto che potrà avere perfino negli Stati Uniti.

La scienza quindi è concorde, perché ormai si parla di cognizioni di base della fisiologia di un sistema economico. I medici dicono che senza sangue non si vive, e che di radiazioni si può morire anche a grande distanza. Ma sembra che la politica, soprattutto quella dell’Europa, ignori queste realtà di base, o che sia disposta a rischiare un esperimento nucleare per qualche cosa che non sappiamo a che distanza stia tra la ripicca di condominio e la lotta politica. Ecco il dilemma di oggi: la politica europea è solo meschina  e vile o è spietata e machiavellica? È solo l’Europa dei cretini, o viviamo un remake europeo dell’attacco alla Moneda del 1973?

La risposta a questa domanda è ardua. Guardate i personaggi di questa Europa. Abbiamo raccontato in un precedente intervento le gesta, da studente e da ministro (monello in entrambi i casi) dell’allampanato Djessenblom, presidente dell’Eurogruppo. Ogni volta che lo vediamo e lo sentiamo ci riconosciamo il problema di fondo di una classe politica che pensavamo solo italiana: chi fa politica non è buono a fare altro. Poi c’è Jean-Claude Junker, con una faccia che potresti trovare in ogni “pro loco”, e come un lavoro per la “pro loco” ha interpretato la sua carica in Lussemburgo. Che spirito europeo possiamo intuire in un personaggio simile?

C’è l’ingombrante presenza di Christine Lagarde, presidente del Fondo Monetario Internazionale. È stato difficile tener dietro ai cambi di posizione del FMI in questa vicenda. Diciamo che il FMI, abituato a intervenire nei paesi in via di sviluppo, dove la base imponibile della fame stordisce l’opinione pubblica e la reazione politica alle sue proposte, si è trovato in forte imbarazzo nell’intervenire in un paese dell’occidente. Così, la parte tecnica del FMI ha fatto ammenda sul programma al napalm che è stato servito alla Grecia. A un certo punto pare che i negoziatori siano venuti fuori sostenendo che il debito greco era insostenibile (scoperta da Nobel) e che i creditori avrebbero dovuto abbonarne una parte (gli altri, ovviamente, in stile FMI). E in pieno inizio di luna di miele, è arrivata lei, Madame Lagarde dal collo lungo come un Modigliani. E ha cambiato verso alle negoziazioni con frasi di dolce supponenza come solo le donne francesi di gran classe sanno fare. Il motivo? Pare che sia la paura di perdere la poltrona, perché i paesi in via di sviluppo vorrebbero togliere l’FMI da imbarazzi futuri occupando questa poltrona che è stata da sempre riservata agli europei. Madame Lagarde ha un metodo infallibile per risolvere i momenti in cui la sua immagine si appanna: convocare una giornalista e parlarle della parità di genere. In questo modo, con queste interviste addomesticate, Madame Lagarde si trasforma in suffragetta e strizza l’occhio all’altra metà del cielo. Ma evidentemente non è stato abbastanza  per i paesi in via di sviluppo, e allora Madame Laguarde ha dovuto starnazzare con tutta la sua classe per salvare la propria poltrona. Che idea di Europa può essere attribuito a questa oca in carriera?

Poi c’è il nostro ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che va ripetendo che un default greco non sarebbe un problema perché “stavolta è diverso” (ricorda il titolo di un famoso libro dedicato alle crisi). Ci ricorda che la BCE oggi “ha tutti gli strumenti” per stroncare l’instabilità a breve termine. Niente di più falso. Quali sarebbero gli strumenti? Il Quantitative Easing è definito nel massimo dettaglio per quantità e tipo di acquisti. L’OMT (outright monetary transaction) è il vero bazooka di cui dispone Draghi, ed è stato di recente sdoganato dalla Corte Europea. Ma Padoan dimentica che questo intervento è “condizionale”. Vuol dire che se dopo il fallimento della Greca la speculazione si appunta sull’Italia, il Governo deve presentare un piano di rientro al meccanismo europeo di stabilità (ESM) prima che la BCE possa, in autonomia, acquistare titoli italiani. Significa che toccherà allora a Padoan l’invito a fare l’ospite d’onore all’«Eurogruppo dei cretini». E chissà quanto tempo ci vorrà? Si vedrà in giro anche Madame Lagarde, la dura? Da un lato, la prospettiva non mi dispiacerebbe, visto che il Financial Times riportava tempo fa che a febbraio il nostro Padoan è stato il primo a prendere la parola contro la Grecia.

Ci vorrà quindi un po’ di tempo perché la BCE possa intervenire, e intanto l’aumento dello spread potrebbe portare a fondo qualche banca. Un aumento di 200 punti base, considerando una duration media di 5 anni dei titoli in portafoglio alle banche significherebbe riportare in bilancio una perdita del 10%. Su 400 miliardi di titoli di stato italiani nei portafogli delle banche, sarebbero 40 miliardi circa che spariscono. Forse qualche banca non ce la farà, e allora il costo si riverbererà di nuovo sui conti pubblici (ricordiamo che il salvataggio graverebbe ancora sui conti pubblici italiani). Quindi, i 65 miliardi di esposizione di cui parla la stampa sono solo quelli diretti, che potrebbero diventare una valanga arricchendosi dell’esposizione del sistema bancario ai titoli di stato.

Insomma, la detonazione, che tutti ci dicono sarà indolore con un tappo di spumante, potrebbe invece tuonare come una valanga, travolgendo stati e banche. Cosa augurarsi?  Che l’assalto al palazzo di Tsipras, unico fine del gioco dei politici europei, abbia successo e che la neve fresca resti come un ricatto a minacciare altre valanghe? O che la deflagrazione sommerga tutto, come una guerra non guerreggiata? Forse un Altiero Spinelli, e tante sue copie, potrebbero nascere in questo terzo dopoguerra.

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