UE
Chi può sconfiggere Tsipras? Le paure della maggioranza silenziosa
Il popolo greco ha la politica nel sangue, eppure anche per loro tornare alle urne per la quarta volta in cinque anni potrebbe essere un po’ troppo. Lo conferma il fatto che la maggior parte del corpo elettorale, stando ai sondaggi, non aveva nessuna voglia di essere richiamata al voto. Non sarà però la stanchezza a segnare le elezioni del 25 gennaio e anzi, ancora una volta, a decidere quale sarà l’esito saranno le emozioni forti: da una parte l’entusiasmo, dall’altra paura. Da una parte la speranza che le cose possano cambiare grazie alla sinistra radicale di Syriza, guidata da quello che è diventato il leader della sinistra europea, Alexis Tsipras; dall’altra il timore di veder vanificato un lavoro durato anni, a base di austerità e misure draconiane, un timore che inevitabilmente porterà a votare Samaras, il premier attualmente in carica e leader del partito di centrodestra Nea Dimokratia.
«Un governo Syriza non rispetterà accordi firmati dal suo predecessore, il nostro partito rispetta gli obblighi che derivano dalla partecipazione della Grecia alle istituzioni europee. Ma l’austerità non fa parte dei trattati di fondazione dell’Unione Europa». Alexis Tsipras, 23 gennaio 2015
Non è la prima volta che in Grecia si respira quest’atmosfera, anzi. Proprio la paura aveva deciso le elezioni del 2012, in cui Syriza aveva sfiorato il successo ma in cui era stato il partito di Samaras a prevalere. Ma c’è un caso più recente, e sempre in Europa, di un voto deciso ancora una volta dalla paura, dalla mancata volontà di compiere un salto nel vuoto, ed è quello del referendum in Scozia di pochi mesi fa. Dopo mesi passati a rincorrere, gli indipendentisti sembravano aver ingranato la quarta: l’entusiasmo era tutto dalla loro, l’unica campagna elettorale che sembrava in grado di mobilitare persone era quella per il “sì” e negli ultimi giorni non pochi sondaggi davano in testa gli indipendentisti. E invece, la vittoria dei “no” è stata abbastanza netta. Le ragioni di quello che a molti è sembrato un risultato inatteso sono da ricercare nella maggioranza silenziosa: un numero significativo di persone che non scende in piazza, non si mobilita, non agita bandiere, non risponde ai sondaggi. Insomma, in campagna elettorale è come se fosse invisibile. Ma al momento decisivo, nel segreto dell’urna, fa pesare il suo voto: un voto che segue la logica del “meglio il diavolo che conosci”. Un voto che, prima di tutto, vuole mantenere lo status quo, quanto meno evitare stravolgimenti che potrebbero portare a conseguenze inaspettate.
È andata così in Grecia nel 2012, è andata così in Scozia nel 2014, perché la cosa non dovrebbe ripetersi anche in questo 2015? Tra i tanti sondaggi che danno Syriza in vantaggio su Nea Dimokratia (in media con, rispettivamente, il 27/30% contro il 24/27% dei voti) ce n’è uno che potrebbe far pensare che l’elettorato, alla fine, tradirà le aspettative di Alexis Tsipras: una rilevazione condotta dall’istituto Rass mostra come, in un ipotetico testa a testa tra il candidato di Syriza e l’attuale premier Samaras, sarebbe quest’ultimo a vincere, e anche con un ampio margine, 41% contro 33%. Il dato potrebbe far pensare che più le elezioni diventano un referendum pro o contro Tsipras, più Samaras si avvantaggerà della paura dei greci, che potrebbero riversare sul suo partito Nea Dimokratia i loro voti altrimenti dispersi tra più formazioni. Non la pensa in questo modo, però, Margherita Dean, corrispondente da Atene per Radio Popolare e collaboratrice del quotidiano greco Efsyn: “Questo sondaggio non ha valore, Samaras è il primo ministro uscente ed è il politico che la gente conosce di più, è chiaro che un sondaggio di questo tipo lo avvantaggi. Io non ne terrei conto. Certo, nel 2012 è stata la paura a far vincere la Nea Dimokratia, e anche quest’anno sarà la paura a portare molti voti a Samaras. La gente teme la sinistra, ma non credo che questa paura sarà sufficiente a far sì che si ripeta quanto avvenuto nel 2012”. Lo dimostrerebbe anche il modo in cui il premier uscente ha condotto la sua campagna elettorale, inizialmente cercando di instillare timori, “ma quasi subito cambiando rotta. Vedendo che la carta della paura che non funzionava, ha preso a parlare di speranza, di come non si debba interrompere il lavoro iniziato e promettendo un graduale taglio delle tasse”.
Ed ecco che, questa volta, il risultato elettorale potrebbe premiare la speranza: “C’è voglia di provare qualcosa di diverso, di provare la sinistra –nota Dean –, non tanto per convinzione ideologica, ma per vedere che cosa sia in grado di fare Tsipras e per punire i protagonisti di una scena politica che ha condotto la Grecia nella situazione in cui si trova oggi”. A portare acqua al mulino di Tsipras c’è anche il fatto che la paura di uscire dall’euro (che aveva giocato un ruolo decisivo nel 2012) oggi sembra essere passata: “Da questo punto di vista la gente è convinta che ormai i giochi siano fatti, nessuno crede che davvero la Grecia uscirà dalla moneta unica, anche perché tutti sanno che Syriza scenderà a compromessi”; la strategia di Tsipras in questa campagna elettorale, segnata da toni meno radicali, sarebbe quindi quella giusta.
A venire incontro a Tsipras – nonostante i toni allarmistici dei grandi media internazionali e lo spauracchio di una corsa allo sportello che inizia a farsi largo – è stata paradossalmente anche Bruxelles, da dove sono arrivati numerosi segnali tutti all’insegna del “lavoreremo con chiunque vinca le elezioni”, un assist inaspettato per la sinistra greca. “Bruxelles fa bene a gettare acqua sul fuoco – spiega Paolo Magri, vicepresidente esecutivo e direttore dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) – mentre dalla Germania arrivano segnali contrastanti. La maggior parte dei tedeschi ha le idee chiare: o la Grecia rispetta i patti o è meglio che lasci l’euro. Ma proprio perché la situazione nel paese sta lentamente migliorando, Grecia e troika potrebbero riconsiderare, almeno in parte, i termini e le condizioni dei prestiti alla Grecia. Questo darebbe maggiori garanzie ai contribuenti tedeschi di veder tornare i soldi prestati, e ai greci di veder premiati i loro sforzi. Inoltre un segnale conciliatorio da parte dei governi europei, magari appena chiuse le urne e a prescindere dal risultato finale, aiuterebbe a prevenire il possibile panico sui mercati e un nuovo, preoccupante effetto di propagazione, anche all’Italia”.
Per queste ragioni, quindi, la carta della paura ha perso parte della sua potenza. E la prospettiva di una vittoria di Tsipras ha forse riportato anche un po’ di allegria e fiducia, sensazioni raccolte da Dean sulle strade di Atene e in provincia: “Il turismo è ripartito in maniera decisa e questo ha fatto fare un bel sospiro di sollievo. Ad Atene, girando, si vede ancora una certa difficoltà, le compere natalizie non sono certo andate bene, tutti aspettavano i saldi. Ma è cambiato un po’ l’umore, mentre prima non si sentiva nessuna voglia di sperare, adesso per strada si vede qualche sorriso in più. Forse sta anche aumentando la fiducia nei consumi”.
In termini più freddi, l’analisi è simile anche da parte di Magri: “Dopo sei lunghi anni di recessione oggi la Grecia si ritrova con un pil ridotto di quasi un quarto ma con un sistema economico tornato, seppure ancora timidamente, a crescere. Secondo la Commissione europea il paese quest’anno dovrebbe uscire dalla pericolosa spirale deflattiva in cui si stava avvitando. E poi il debito pubblico ha smesso di crescere più del pil, dal 2013 il saldo primario è tornato positivo, e anche il deficit è in via di riassorbimento”.
Ma non è contraddittorio che i primi segnali positivi da parte dell’economia non portino a una rinnovata fiducia nei confronti di Samaras? “No, perché per la gente la ripresa è ancora tutta sulla carta – prosegue Magri –. In generale il quadro economico-sociale rimane tutt’altro che roseo: il tasso di disoccupazione è ancora superiore al 25%, le disuguaglianze si sono approfondite e oltre 6 milioni di greci su 11 vivono al di sotto della soglia di povertà o vi sono vicini”. Forse, provando a trarre delle conclusioni, si potrebbe dire che quel leggerissimo miglioramento che si inizia ad avvertire, unito allo scampato pericolo dell’uscita dell’euro, consenta ai greci, al contrario, di rischiare un po’ di più, di far prevalere la speranza sulla paura e quindi votare, questa volta per davvero, per Tsipras.
“I greci – spiega ancora il direttore dell’Ispi – sono certamente stremati e non solo per la situazione economica: nell’arco di cinque anni hanno sperimentato quattro elezioni, tre diversi governi, estremismi di opposta natura. Inclusa Alba dorata che in queste ultime elezioni rischia di prendere più voti del Pasok, lo storico Partito socialista. Ma la situazione non è come quella di tre anni fa, quando i greci erano stati chiamati alle urne due volte a distanza di un mese per scegliere non solo tra partiti diversi ma anche tra destini diversi per il loro paese. Oggi l’incertezza è minore e gli elettori sembrano avere le idee più chiare. Non è un caso che quasi tre greci su quattro dichiarino di non voler abbandonare l’euro. Rinegoziare le condizioni per restare dentro sì, ma senza uscire”, e questo è esattamente quando Tsipras ha promesso loro.
Alcune pesanti incognite, comunque, aleggiano ancora sulla Grecia. Se infatti si conosce bene qual è il programma di Samaras (la prosecuzione di quanto fatto finora unita alla promessa di una riduzione graduale delle tasse), le cose non possono essere così chiare in caso di vittoria di Syriza. È un po’ la domanda che tutti si pongono: “Ma che cosa succede se vince Tsipras?”. Per un eventuale governo di sinistra, la prima prova del fuoco arriverà già a febbraio, quando ci sarà da trovare un accordo con la troika per l’esborso della sesta e ultima tranche di prestiti e per trovare un modo per consentire alla Grecia di tornare sui mercati. Ma per ottenere questo, la Troika chiede l’innalzamanto dell’età pensionabile, l’aumento dell’Iva sul turismo, una maggiore flessibilità nei licenziamenti collettivi. Insomma, altra austerità.
Misure che lo stesso Samaras, finora, si è rifiutato di accettare e che ovviamente Tsipras non potrebbe mai far digerire al suo elettorato. Al contrario, quanto promesso da Tsipras va in direzione totalmente opposta: innalzamento di salari minimi e pensioni, blocco delle privatizzazioni e dei licenziamenti nel pubblico impiego. E questo chiedendo contestualmente una ristrutturazione del 70% del debito pubblico greco. A questo punto, si aprirebbe il negoziato, difficilissimo, con la Commissione Europea, la Bce e il Fmi. Un punto di incontro potrebbe consistere in una moratoria sul pagamento degli interessi del debito pari a 9 miliardi all’anno. Come dire, si parte da posizioni il più lontano possibili, per poi provare a trovarsi a metà strada.
Ma per provare a intraprendere questo percorso, prima, Syriza deve riuscire a vincere le elezioni e, soprattutto, a formare un governo. E al momento la missione sembra tutt’altro che facile: la sensazione è che in questi ultimissimi giorni si stia un po’ riaprendo la forbice e che Syriza è tornata a sperare nella maggioranza assoluta. Per formare un governo, non sembrano esserci molte altre strade, visto il dialogo impossibile con il Partito comunista e con il Pasok (per ragioni diverse) e l’incognita del partito di centrosinistra Ta Potami (il fiume), che potrebbe essere la chiave di queste elezioni. Considerando che la soglia del 38%, che darebbe a Syriza la maggioranza assoluta, resta comunque difficile, è decisivo capire come si piazzeranno gli altri partiti. “Fare previsioni in questo momento è estremamente difficile, anche se i rapporti di forza sembrano piuttosto chiari. In un clima così incerto può sempre verificarsi un travaso di voti, anche all’ultimo momento, e non è per nulla detto che i sondaggi ci restituiscano una fotografia affidabile del paese”, conclude Dean. E così, si torna all’inizio: alla maggioranza silenziosa che potrebbe essere sottostimata e che, nel segreto dell’urna, potrebbe anche rovesciare le sorti e cancellare le speranze che tanti, in Grecia, stanno iniziando davvero a coltivare.
Aggiornato il 23 gennaio 2015
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