UE
Catalogna: un voto regionale per una secessione a catena. Con quali effetti?
Forse per capire la portata della questione, è necessario descrivere uno scenario dirompente. Almeno per i calciofili impenitenti. Dalla prossima stagione il Barcellona potrebbe non giocare più nella Liga spagnola. Ebbene sì, se la Catalogna dovesse diventare indipendente non ci sarebbe più El Clasico con il Real Madrid. Il presidente della massima Lega spagnola, Javier Tebas, ha già espresso il proprio parere: i blaugrana sarebbero considerati una società ‘straniera’. Ho cominciato, un po’ per celia (ma non troppo), dalla questione sportiva per raccontare l’importanza del voto di domenica 27 settembre in Catalogna, una delle regioni più ricche della Spagna (secondo dati del 2012 era al quarto posto per Pil procapite). Ma più che i tifosi di calcio, è ancora l’Unione europa spettatrice preoccupata dall’evoluzione dei fatti in territorio spagnolo. Anzi catalano.
Le elezioni catalane rischiano difatti di essere una deflagrazione che esplode in mano all’Europa. Il presidente della Generalitat (come viene chiamata la regione), Artur Mas, vuole compiere l’atto finale per la secessione con Barcellona che diventa Capitale di uno Stato a sé, staccato da Madrid. Tuttavia, per raggiungere l’obiettivo occorre conseguire la maggioranza assoluta, fissata a 68 seggi sul totale di 135. La ‘Junta per il sì’ è l’alleanza secessionista, formata da Convergència i Unió (CiU, la federazione di partiti centristi di ispirazione indipendentista) e la Esquerra Republicana de Catalunya (Erc), ed è data intorno ai 65/66 seggi, vicinissima alla soglia decisiva, ed è unita al Cup, partito anticapitalista ed euroscettico. Il desiderio di indipendenza è cresciuto negli anni, alimentato dalla crisi economica e dal mancato accordo sui trasferimenti fiscali con il governo centrale: Barcellona si sente vessata da Madrid, che trattiene gran parte delle tasse. A questo si aggiunge il problema del lavoro: la Catalogna, secondo i dati ufficiali, ha visto quasi triplicata la disoccupazione dal 2008, quando era sopra i 7% a oggi che si attesta sopra il 19% dopo aver toccato il picco del 24,45% nel primo trimestre del 2013.
Il culmine del sentimento indipendentista è stato toccato però nel 2014 con l’organizzazione di un referendum sulla secessione il 9 novembre 2014. Ma le Istituzioni spagnole, il governo prima e la Corte Costituzionale poi, hanno dichiarato illegale la consultazione, annunciando sanzioni per i funzionari pubblici che avrebbero preso parte in maniera ufficiale al voto. Così Artur Mas non revocato il quesito referendario e ha mandato alle urne i catalani, parlando di “processo partecipativo”, senza alcun valore reale, che si è rivelato ovviamente un plebiscito per il “sì”. Insomma, una prova muscolare in vista dell’annuncio di nuove elezioni, fissate il 27 settembre 2015. Con una chiara sfida al governo conservatore di Mariano Rajoy che non è davvero mai stato propenso al dialogo, nonostante vari appelli, compreso quello dell’ex premier socialista Felipe Gonzalez. “Potete immaginare una riunione del Consiglio europeo con 150 o 200 membri nella già difficile governance dell’Unione? Perché questo deriverebbe dalla decomposizione della struttura dei 28 Stati nazionali all’interno dell’Unione europea”, ha scritto Gonzalez in un intervento su El Pais. Un modo che lascia intendere come il 27 settembre sia una data che riguarda la Spagna come l’intera Europa.
La questione non è solo un ‘derby’ politico, culturale e soprattutto economico tra il governo centrale spagnolo e quello regionale catalano. Se davvero Artur Mas dovesse conseguire la maggioranza dei seggi, cosa accadrebbe? Gli elettori secessionisti lo sostengono affinché porti avanti il processo di distacco dalla Spagna. Difficilmente potrebbe tradirli. Perciò sono previste pesanti ricadute per l’economica spagnola e un duro colpo assestato ai mercati internazionali. E poi: in questo quadro cosa farebbe l’Unione europea? L’orientamento annunciato è quello della ‘espulsione’. Il governatore della Banca di Spagna, Luis Maria Linde, non ha mostrato dubbi in merito: si andrebbe al ‘corralito’, la sospensione dei prelievi bancari perché la Catalogna sarebbe immediatamente esclusa dall’Ue e quindi dal sistema della Bce. Altro che Barcellona fuori dalla Liga. A meno che, alla fine, non prevalga la comprensione invocata da Gonzalez, che ha indicato una possibile rotta con “riforme concordate al fine di garantire la peculiarità (regionale), senza rompere l’uguaglianza dei cittadini e la sovranità di tutti per decidere del nostro futuro comune”.
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