Governo

Candido (o del Pessimismo), Una vita fuori dall’euro

30 Maggio 2018

Candido se ne stava davanti al banco della pescheria, con aria pensosa.

Gli era venuto in mente un articolo che aveva letto, qualche anno prima, su un signore greco. Non ne ricordava il nome, ma come lui era in pescheria.

“Quanto vengono i gamberoni?”

“Sono 15 lire al chilo”

Candido guardò i gamberoni e sospirò, come di fronte a un collier di Svarovski.

Erano trascorsi sei mesi da quando l’Italia era uscita dall’euro.

Ancora gli suonava strana come parola, “lire”: sorda come il suo portafoglio.

 

Candido se lo ricordava molto bene: un lunedì doveva esserci un’asta dei titoli del debito pubblico italiano, l’ultima speranza di mettere al sicuro i conti. Lui era andato al bancomat per ritirare i soldi della settimana, spesa e bollette.

 

Siamo spiacenti, prelievo momentaneamente fuori servizio”.

 

Aveva provato con quello accanto: stesso problema.

Mentre usciva, vedeva un capannello di persone, accanto a un’altra banca, con la stessa espressione sorpresa e inconsapevole sul volto. Era andato a lavoro, aveva aperto litanicamente la pagina del giornale online…

Ed ecco qui:

“Il governo italiano annuncia il default sul debito pubblico. Francia e Germania promettono fermezza e risoluzione. Angela Merkel: “È la fine della moneta unica. L’euro sarà soltanto una moneta per paesi virtuosi. Il tempo della pazienza è finito”. Per il conio della nuova moneta saranno necessarie alcune settimane. Le banche resteranno chiuse fino ad allora per consentire l’aggiornamento dei software dei bancomat, in attesa della stampa delle nuove banconote, nel frattempo sostituibili dai minibot già in circolazione. A garanzia della sicurezza dei luoghi e delle persone, l’esercito predispone lo stazionamento e l’impiego dei carri armati, affidando pieni poteri al generale Tuttodunpè”.

Comunicato scarno.

Candido non aveva capito, allora, ma ricordava adesso una sensazione nitida: e cioè che la realtà, da quel momento in poi, lo aveva continuamente anticipato.

Da quel giorno era stato un continuo di morsi all’incredulità.

Prima le rassicurazioni del governo: “State tranquilli. I mutui da 100 mila euro vengono automaticamente ri-denominati in 100 mila lire”.

Poi, però, con un’indifferente regolarità, era cominciato un inferno fatto di silenzi.

Candido lavorava come impiegato alle poste. Un lavoro rispettabile, da 1250 lire al mese.

In un altro mattino inconsapevole, trovò la lira veniva svalutata del 40%.

Se ci fosse stato l’euro, avrebbe significato, dalla sera alla mattina , o overnight come dicono gli inglesi, 500 euro di meno in busta paga.

E il problema è che l’euro c’era ancora.

“State tranquilli, con la lira svalutata esporteremo di più e i prezzi dei beni si modificheranno automaticamente”.

Candido si stava facendo un’educazione economica sul concetto di vischiosità.

Perché il suo salario cambiava subito e il pane, invece, rimaneva coi prezzi ancorati a qualche mese prima?

Perché la benzina costava così tanto?

“Eh, ma è naturale. Quando c’è una crisi di queste proporzioni, la prima cosa che succede è che salgono i costi delle materie prime. E dei beni correlati, di conseguenza”.

Immaginò per un attimo una torta di farina e petrolio.

Lui, ormai, la macchina la teneva come il vestito della domenica: faceva fare un giro alla famiglia, una volta al mese. Suo figlio Luca stava con gli occhi attaccati al finestrino e guardava l’autostrada deserta.

Avevano alzato la tassa sulla casa.

C’era stato un dibattito lungo lunghissimo, poi, sulla patrimoniale, ma alla fine era prevalsa una logica pro-crescita: tassare i patrimoni? E perché? Tanto, se qualcuno avesse attività finanziarie, sarebbero tutte all’estero.

Meglio la casa, con un occhio alla progressività, certo.

Ma poi si era deciso di farla uguale per tutti, almeno in un primo momento, che non era il caso di gravare sui ceti più produttivi e non c’era tempo di rivedere le rendite catastali.

Lo slogan del governo era: “Pagami, poi ti spiego”.

Candido, intanto, si era visto togliere la tredicesima. Sempre overnight.

E pure i bonus, che il tempo era malus e non stava bene divertirsi con un lessico inappropriato.

Davanti al bancone del pesce, continuava a ricordare: ma queste esportazioni, alla fine, avevano ridato ossigeno all’economia?

No, perché quando un paese come l’Italia fallisce, sarà pure più conveniente esportare, ma anche gli altri paesi, quelli che importano, finisce che non se la passano tanto meglio: Moody’s aveva declassato il debito francese e si vociferava che la Germania stesse preparando il benservito anche ai cugini d’Oltralpe.

“Cosa vuole, signor Candido. La merce non ce la compra più nessuno” diceva Antonio, produttore e commerciante di vini che chiudeva perché non ce la faceva più. E si ritirava in campagna a piantar grane.

Per non parlare di Umberto. Aveva fatto affari, qualche anno prima, assemblando mobili di qualità con le pregiatissime querce di Norvegia.

Legno massello, resistente. Anche ai cambi di moneta, però. Fortebraccio stava alle porte e l’Umberto, che vendeva in Italia, incassava in lire con debiti in euro.

Un disastro…

E non era mica solo lui: anche Candido aveva preso l’iPad con un prestito della Apple. E anche quello era in euro mentre lui lo pagava in lire.

Se ne stava immobile, di fronte al banco del pesce, in quel mattino silenzioso di settembre.

Perché era il silenzio a stancare gli animi.

Aveva accompagnato Luca al primo giorno di scuola. Terza elementare. Avevano preso il primo treno, perché di regionali ce n’erano meno: tagli al personale e ai servizi.

Quest’anno Luca avrebbe avuto i libri con i disegni delle battaglie di Alessandro Magno.

Ma  Candido aveva spiegato al piccolo che, per qualche tempo, le battaglie avrebbe dovuto vederle sulle fotocopie.

In bianco e nero, faceva vintage ed era molto adatto a un libro di glorie passate.

“Tanto è solo questione di tempo, Luca, ancora qualche mese…”.

Terribile vedere lo sguardo di tuo figlio, che capisce quando gli stai mentendo.

 

Candido tirò su gli occhi dai gamberoni. Il collier di Svarovski, regalo per il decimo anniversario della moglie, lo aveva venduto. Finalmente disse:

“No, dai, dammi un chilo di sardine”.

Venivano 2 lire al kilo.

Non se lo ricordava proprio, il nome di quel signore greco: chissà che fine aveva fatto. Si ricordava, però, che comperava anche lui le sardine.

Come si dice: ironia del destino? Perché in fondo, un po’, ci si sentiva così: come sardine, sempre più strette, in quell’olio che non cambia mai.

Ad aspettare i primi venti dell’autunno e l’uscita dal tunnel.

Candido provò un brivido: prese la bolletta del gas . Doveva correre in banca a pagarla.

O, fuori dal tunnel, gli avrebbero tagliato anche la luce.

 

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