UE

Cambio di governo in Francia

12 Luglio 2020

(SkypeEuropa Weekly, rubrica settimanale sull’Europa raccontata dai giornali internazionali: 6-10 luglio 2020. Marko Hromis, Federico Pompei, Luca Gatti)

In Settimana, in Francia, le dimissioni del Primo Ministro Edouard Philippe, fortemente volute dal Presidente Macron, hanno segnato un cambio di passo nella politica interna francese. Il presidente infatti in vista delle elezioni dell’Eliseo del 2022, ha voluto rafforzare la sua leadership dando una scossa molto forte. Un cambio di governo che può essere visto come un segno di rinnovamento e ripartenza post emergenza, ma che mostra anche le sottili tensioni e i timori di Macron per il sempre crescente seguito ottenuto dal premier dimissionario Edouard Philippe. Solo il tempo dirà se la scelta intrapresa da Macron sarà vincente o forse, troppo azzardata.

Le presidenze consistono in fasi che possono legittimamente richiedere personalità diverse. Gli eventi possono intervenire e richiedere un cambio di direzione e di stile. Un nuovo volto può trasmettere un senso di rinnovamento. Macron sta seguendo una tradizione della Quinta Repubblica. Il problema è che raramente, se mai, ha funzionato. Nel caso di Macron, potrebbe persino ritorcersi contro accentuando la percezione che lo rende così impopolare: che vuole gestire il paese da solo.

Probabilmente con questo rimpasto, Macron sta risolvendo una tensione intrinseca nella costituzione francese tra “due capi dell’esecutivo”. L’impianto era stato progettato da Charles de Gaulle, più preoccupato per il posto della Francia nel mondo, che lasciò le questioni domestiche al suo premier. Più recentemente, i presidenti hanno esercitato il potere esecutivo su tutte le aree, come l’iperattivo Nicolas Sarkozy che derise i suoi predecessori definendoli “re inattivi”. Macron ha portato la tendenza alla sua logica conclusione, assumendo il ruolo stesso del primo ministro.
Ma un presidente onnipotente, insieme a un parlamento debole, difficilmente soddisfa gli standard di una democrazia liberale del 21 ° secolo e tanto meno la separazione dei poteri, una dottrina inventata in Francia. Macron non può evitare il paradosso che ha indebolito la fiducia nella democrazia contemporanea: i francesi vogliono un leader forte ma non uno che si arroghi tutto il potere.

(Financial Times, 5 luglio 2020)

Di non poco conto è stata la (sorpresa) elezione di Donohoe a presidente dei 19 paesi dell’Eurogruppo, in sostituzione di Mario Centeno. Scrive Politico.eu:

L’elezione di Calviño avrebbe segnalato uno slancio senza precedenti per una maggiore integrazione federale, mentre il sostegno a Donohoe suggerisce il desiderio di premere i freni. La spagnola aveva detto ai suoi colleghi dell’Eurogruppo che, se eletta, si sarebbe impegnata ad approfondire le eccezionali garanzie economiche e bancarie della zona euro. […]

Per vincere la presidenza, Donohoe aveva bisogno della maggioranza di almeno 10 paesi, senza almeno il sostegno iniziale tra le maggiori economie della zona euro, poiché Germania, Francia, Italia e Spagna si schieravano tutte dietro a Calviño. […] La vittoria di Donohoe rafforza il ruolo del PPE nell’UE dopo che il partito ha perso la presa quasi totale sul potere istituzionale l’anno scorso. […] Il gruppo conservatore è passato dalle presidenze di tutte e tre le principali istituzioni – la Commissione, il Consiglio e il Parlamento – a una sola, il posto della Commissione ora ricoperto da Ursula von der Leyen. Bruxelles è ora ordinatamente divisa nell’influenza del partito, con i due posti di lavoro del PPE in equilibrio con i socialdemocratici che ricoprono la presidenza del Parlamento e il principale lavoro di politica estera dell’UE. Il gruppo liberale Renew Europe, di cui Gramegna è membro, detiene la presidenza del Consiglio europeo. La vittoria dell’Irlanda ha anche dimostrato che i piccoli paesi dell’UE sono disposti a unirsi contro le potenze più grandi. Il risultato potenzialmente prefigura la riunione del vertice della prossima settimana sul bilancio [17-18 luglio], con i conservatori fiscali forse a disagio con le ingenti somme di denaro che la Commissione propone di prendere in prestito.

( Bjarke Smith-Meyer, Politico.eu, 9 luglio 2020)

Insomma, Angela Merkel, Giuseppe Conte e Emmanuele Macron dovranno fare molta attenzione, la prossima settimana, in occasione della discussione cruciale e vitale per l’Ue sul Recovery Fund.

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