UE
Bye bye Europa. Alla prossima!
Qualcuno di autorevole sostiene che giovedì, 16 giugno l’Europa è stata salvata da tre colpi di pistola. Non credo. Comunque non sarebbe la prima volta che nella storia dell’Europa la pistola cambia il corso degli eventi.
Non furono molti di più quelli che la persero definitivamente: era il 28 giugno 1914 e un po’ per l’autista moravo che sbagliò percorso, un po’ per la goffaggine, un po’ perché il caso è un attore nella storia che conta e pesa più di quanto siamo disposti a riconoscere, anche allora l’Europa subì una trasformazione profonda. La migliore gioventù d’Europa si andò a schiantare proprio in quel momento.
Corsi e ricorsi della storia, forse. Ma forse, più semplicemente, bisognerebbe anche essere in grado, al di là dell’emozione del momento, di riconoscere che i processi politici non sono mai definiti dal fattore “naso di Cleopatra”.
Davvero pensiamo che Brexit sia un processo fermabile, o comunque un processo casuale? E soprattutto siamo certi che quel processo che rimette in discussione l’assetto dell’Europa anziché essere il sintomo di una cosa che verrà non sia uno dei tanti segni di una crisi profonda, culturale, politica, prima ancora che economica che dura da almeno un decennio?
Cos’è stata l’Europa nell’immaginario collettivo negli ultimi dieci anni, dal maggio 2005 quando finisce l’incantesimo e a partire da Spagna, Francia, Polonia, con riluttanza si guarda di malavoglia alla ratifica del “Trattato di Lisbona”? Il sogno europeo – forse meglio l’incantesimo dell’idea di Europa – è finito già lì.
Poi cosa è stata Europa?
Per lungo tempo l’Europa è stata una chance di fuga rispetto ai propri disagi nazionali. Da una parte consentiva di sottrarsi al proprio governo centrale e di aggirare talora dei vincoli percepiti come troppo rigidi. Funzionava da escamotage per rimettere in discussione la struttura della propria realtà di Stato nazionale di appartenenza. Oppure, dall’altra, serviva per avere la sensazione di fuoriuscire da una precedente condizione di “servaggio” e agganciarsi a un mondo in sviluppo.
Europa non corrispondeva a un mito politico (anche se continuamente si ripeteva il mantra di Europa , ma sempre più come identità del passato da mantenere e sempre meno come progetto a cui dare gambe per camminare), ma era una possibilità per dare prospettiva alla propria società nazionale altrimenti al collasso. Non è stato, forse così per i paesi dell’“ex impero sovietico”? Ovvero un presunto Piano Marshall. Una realtà quand’anche abbia avuto questo ruolo e questa funzione, oggi non è in grado né di garantire né di soddisfare.
In quella versione l’Europa era un modo per trovare una propria funzione specifica, e dunque neo nazionalista, dentro uno scenario che non rispondeva ad alcun criterio generale e che soprattutto non pensava in termini “continentali”. A ben vedere la febbre “antieuropea” si nutre delle stesse richieste, attraverso un investimento su un obbiettivo opposto, ma con un identico immaginario nazionalistico.
Per l’Europa un’altra volta.
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