UE

Brexit: i Tories di Johnson vogliono un nuovo deal, Juncker dice no

11 Giugno 2019

Inizierà giovedì nei Tories il percorso per scegliere un nuovo leader, una fase particolarmente importante se si considera che in base nel sistema inglese chi è capo del partito di maggioranza diventa primo ministro in maniera praticamente automatica. Al nuovo leader, inoltre, spetterà anche gestire gli ultimi mesi del processo che porterà all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.

Tra i favoriti alla successione c’è Boris Johnson, attualmente parlamentare e in passato Segretario di Stato per Affari Esterni, dimessosi dal ruolo in segno di rottura con Theresa May e la sua gestione delle trattative per Brexit. Secondo gli hard brexiters, infatti, la linea della May sarebbe stata troppo morbida e troppo supina alle richieste di Bruxelles per arrivare all’obiettivo di evitare un no deal.

Proprio in questa prospettiva, Boris Johnson ha dichiarato qualche giorno fa al Sunday Times che, con lui come primo ministri, si dovrà rinegoziare un accordo che garantisca migliori condizioni per il Regno Unito, altrimenti la Brexit si farà, ma senza accordo, e soprattutto senza il pagamento da parte dello Uk del divorzio (attualmente la cifra ammonta a 39 miliardi di sterline, ovvero 44 miliardi di euro). Una posizione che ha anche la funzione di serrare le fila prima del confronto per la leadership, smarcandosi anche dalle linee più morbide di altri contendenti.

In un’intervista di oggi a Politico, Jean-Claude Juncker ha però ribattuto alle esternazioni di Johnson: sulla Brexit non cambia nulla. L’accordo raggiunto è ritenuto definitivo dall’Unione Europea, indipendentemente da chi siede a Downing Street. Il parlamento inglese potrà solo scegliere se ratificarlo o se uscire senza intesa alla data del 31 ottobre.

In effetti, da parte dei Tories sarà difficile arrivare a riaprire le negoziazioni: in caso diventasse primo ministro, Johnson si troverebbe a dover accettare l’accordo (screditando tutta la sua linea politica) o a dover affrontare l’incertezza di un’uscita senza intesa (correndo tutti i rischi del caso). E’ chiaro che, in questa fase, l’ex ministro degli esteri abbia tutto l’interesse ad alzare i livello di scontro per spingere Bruxelles e il prossimo presidente della Commissione a riaprire le trattative per scongiurare gli effettivi negativi che il no deal avrebbe anche per l’UE. Tuttavia, è molto difficile che l’Europa decida riaprire tutto: significherebbe considerare l’accordo precedente come un patto stipulato con Theresa May e non con il Regno Unito.

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