UE
Atene, elezioni tra delusione e incertezza
Atene, quartiere di Koukaki, sotto l’Acropoli. Stamattina, la città si è svegliata con un sole caldo, trenta gradi già alle 10; soprattutto, Atene e gli ateniesi si sono svegliati ripetendo la frase “nessuno sa cosa succederà con queste elezioni”. Se Tsipras aveva la scorsa volta conquistato il voto cruciale del greco medio, dando l’impressione di rappresentare un’alternativa credibile, ora quel voto sembra essersi perso per strada. Nessuna delle opzioni che il popolo greco si trova davanti può offrire radicali palingenesi, né sogni facili d’indipendenza dalle scelte imposte dall’Europa.
“Nessuno sa cosa succederà con queste elezioni”. Ciò non viene detto però come parlando in attesa di una rivoluzione, o di un terremoto. Per capire il sentimento con cui viene detta questa frase, bisogna mettere insieme: i) una sensazione d’impotenza, che nulla possa cambiare, ii) che nulla debba cambiare, e infine, iii) l’attitudine fatalista che tante volte colpisce nei Greci. La frase significa anche che il governo che potrebbe uscire dalle urne sarà nel migliore dei casi un governo “incolore”, un’alleanza tra forze che in ogni caso possono soltanto ratificare ciò che lo stesso governo precedente ha finito per accettare, il memorandum con i creditori europei.
Le delusione di Tsipras è stata pedagogica – chi scrive non può fare a meno di pensare. Chi si presentava come innovatore, finalmente in grado di animare un nuovo socialismo europeo, non è riuscito a capitalizzare il credito che la Grecia aveva acquisito durante il suo semestre di presidenza europea, nel 2014. Griechenland rechnet sich schön, la Grecia si fa bella con i suoi conti, ironizzava un tabloid tedesco allora. Poi Tsipras-Varoufakis, e il rapido degenerare delle trattative sul rinnovo del programma d’aiuti, fino al referendum, il NO al memorandum, e poi la firma dello stesso memorandum pochi giorni dopo. Se questo percorso non può che essere stato frustrante per la Grecia che aveva votato Syriza, deve anche aver significato qualcosa di positivo: una crescita del corpo sociale, svezzato ora anche alla facile novità che il partito di Tsipras rappresentava.
L’altro ieri, racconta una donna, al comizio di Siriza a Síntagma per la chiusura della campagna elettorale c’era poca gente, e pochissimi sotto i trentacinque anni. N., barista del bar Vanilia in odós Vikou, ci dice: “Tsipras e Varoufakis sono andati in Europa come dei dilettanti, gente che si trova la palla sui piedi per la prima volta”. Alla domanda più specifica di cosa pensi di Varoufakis e del suo valore politico dice: “eh, Varoufakis è un ottimo compagno per bere una birra..non di più”. E poi dichiara: “se voto, voterò un piccolo partito, perché non appena diventi grande, in politica diventi un malfattore”.
Intanto, la Grecia vota. Molto riserbo della gente sul voto, per strada e al seggio. Uno scrutatore del seggio alla scuola di Koukaki ci dice che l’affluenza è bassa, era in lì del 10% alle 13, e le urne si chiudono alle 19. Nessuno sa cosa succederà con queste elezioni, la Grecia non ha tanta voglia di guardare al suo futuro politico, perché crede ogni sua scelta sia irrilevante.
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