UE

Anche il Nord scopre la crisi: la Finlandia è il nuovo malato d’Europa

1 Marzo 2016

La Finlandia potrebbe essere il nuovo malato d’Europa. Anzi, a detta dei leader al governo, già lo è. L’economia arranca, la disoccupazione cresce, la popolazione invecchia. E così nel Paese, che più di tutti ha chiesto la cura del rigore ai membri dell’Ue in difficoltà, aumenta l’euroscetticismo. Perché la moneta unica è vista come la causa di (quasi) tutti i mali… insieme alla Apple.

Il ministro delle Finanze ed ex primo ministro, Alexander Stubb, ha usato in maniera chiara la definizione di “malato” per il suo Paese. Il ragionamento è del resto suffragato dai fatti: in meno di dieci anni il Prodotto interno lordo è diminuito del 7%. Il tasso disoccupazione è balzato dal 6,2% del 2008 al 9,5% del 2015. E le stime della Commissione europea non sono così lusinghiere: nel 2016 scenderà appena dell0 0,1%, conservando lo stesso trend nel 2017 quando dovrebbe attestarsi al 9,3%. Insomma, si manterrebbe stabile. Senza dimenticare le turbolenze sui mercati che potrebbero provocare un ulteriore deterioramento del quadro economico. Le conseguenze sarebbero quindi facilmente prevedibili: il tasso di disoccupazione potrebbe raggiungere la soglia psicologica del 10%, quasi su livelli “mediterranei”.

Come è possibile che la Finlandia abbia fatto registrare un avvitamento su se stesso? Un po’ per celia, ma non troppo, Stubb nel 2014 ha dato la “colpa” alla Apple. Per due motivi. Prima di tutto per la concorrenza alla Nokia, un tempo colosso della tecnologia. L’avanzata travolgente dei prodotti griffati con la mela morsicata ha fatto perdere la leadership al colosso finlandese. Costretto a farsi inglobare dalla Microsoft con effettivi immaginabili: decine di migliaia di persone rimaste senza lavoro.

Ma la tecnologia ha danneggiato un altro settore dell’economia finlandese. La diminuzione della domanda di carta, avvenuta con la diffusione dei supporti digitali per la lettura, ha colpito l’industria forestale che storicamente aveva trainato il Pil del Paese nordeuropeo. Quindi la Apple, simbolo dell’hi-tech, è stata ‘incolpata’ anche di questo, sebbene siano tante le aziende che hanno contribuito al cambio di abitudini di lettura (e non solo).  Così entra in gioco il nazionalismo, che assume la forma del sentimento anti-Ue: l’euro è visto come un fattore negativo.

Secondo l’economista dell’Università di Helsinki, Tuomas Mallinen, citato dalla Bbc, la moneta unica ha indebolito la competitività ai prodotti finlandesi, togliendo la leva della svalutazione. Un punto di vista che il governatore della Banca centrale, Erkki Liikanen, non condivide affatto: «Non credo che con un marco finlandese (la valuta in circolazione prima dell’euro) più debole la Nokia avrebbe vinto la concorrenza dell’iPhone e le persone avrebbero usato più carta». Resta comunque un dato: gli elettori premiano i nazionalisti dei Veri Finlandesi proprio sull’onda di una chiusura all’esterno. Il partito guidato da Timo Soini ha ottenuto il 17,7% alle elezioni del 2015.

Insomma, c’erano una volta i Pigs, Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna a far tremare l’Europa. Con il Nord severo custode di tutti i pregi. Ma la crisi economica ha stravolto anche questi canoni consolidati. E adesso la Finlandia, mitico esempio di efficienza, deve cercare la via d’uscita dal pantano. Benché bisogna tener presente un fatto: non si tratta di una situazione “greca”, perché si tratta di un Paese che vanta un elevato livello di reddito con ammortizzatori sociali all’avanguardia. Il pericolo per l’Ue è comunque lo stesso, anzi forse più forte: l’alimentazione del processo di disgregazione dell’euro.

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