Europa

Salvini, Le Pen, Jobbik: la rete di Putin per fare guerra all’Europa

10 Dicembre 2014

Le relazioni tra la Russia e l’Occidente peggiorano di giorno in giorno. E l’Europa è ancora in mezzo. A novembre uomini assai diversi tra loro come il presidente finlandese Sauli Niinistö e l’ex leader sovietico Michail Gorbačëv hanno dato l’allarme. Pochi giorni dopo, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha attaccato l’espansionismo russo. «Sono incline a ritenere che una nuova Guerra Fredda non sia impensabile, anche se non si ripeterebbero certo i vecchi copioni. – dice a Gli Stati Generali Andrey Makarychev, professore presso l’Istituto di governo e politica dell’Università di Tartu, in Estonia – La Russia mostra i muscoli, per quanto deboli o simbolici essi siano, su scala globale; porta avanti un progetto di conservatorismo sociale sul piano domestico, e westfaliano su quello internazionale; resuscita il linguaggio del confronto con l’Occidente, usando parole come “nemici”, “quinta colonna”, “traditori nazionali”». Epicentro del confronto è senz’altro l’Ucraina in guerra civile, ma la crisi investe tutta l’Europa, e si dispiega a più livelli: diplomatico, economico, energetico, politico. Per Stefan Wolff, professore di sicurezza internazionale all’Università di Birmingham, si tratta di «una classica rivalità geopolitica per il potere e l’influenza in un’area che entrambe le parti considerano di interesse vitale (o privilegiato), e dove le rispettive azioni sono percepite come ostili e minacciose».

Pochi giorni fa Mosca ha deciso di fermare il progetto South Stream, gasdotto che doveva portare il gas russo in Italia e Austria attraverso il Mar Nero e i Balcani. Per Umberto Vergine, amministratore delegato di Saipem (controllata di Eni), la fine di South Stream comporterà 1,25 miliardi di euro di mancati ricavi nel 2015 . «Le cause della crisi – spiega a Gli Stati Generali Norman Naimark, docente di studi dell’Europa orientale a Stanford – Una è Putin e la politica interna russa che, per varie ragioni, sembra aver bisogno dell’Occidente, e in particolare dell’Europa, come nemico. Dopo tutto, gran parte dell’attuale pressione sull’Ucraina ha avuto inizio dopo le proteste anti-Putin. Ha giocato un ruolo anche l’inadeguata diplomazia europea, all’inizio troppo conciliante, ma priva di sufficienti incentivi da indurre la Russia a considerarsi europea».

Uno dei teatri del confronto è il Mar Baltico, dove si registra un’impennata delle attività di aerei militari russi. A ottobre la notizia di un misterioso sottomarino nelle acque dell’arcipelago di Stoccolma ha scatenato un putiferio in Svezia, paese da sempre russofobo: secondo un sondaggio, il 40% degli intervistati è favorevole a un’adesione della Svezia alla NATO, il dato più alto dal 1995. Pure la Finlandia ha deciso di rafforzare i legami con la Nato. «La preoccupazione finnica non è immotivata. Dopotutto, loro sanno come trattare con la Russia – osserva Greg Simons, ricercatore del Centro di studi russi ed euroasiatici dell’Università di Uppsala, in Svezia – Quanto alla storia del sottomarino in acque svedesi, per me la cosa è molto sospetta. Tutto si basa sulla premessa che ci fosse un sottomarino, e anche se nessuno lo ha visto, che fosse proprio russo. Peraltro la tempistica di quest’apparizione ha coinciso con il dibattito sul budget del nuovo governo». Secondo fonti governative scandinave, ai russi non gradiscono l’idea che gli svedesi e i finlandesi, formalmente neutrali, passino in toto dalla parte di Washington. Temono che il Baltico diventi totalmente un «lago atlantico», proprio come l’Europa centrale si è trasformata in una «provincia dell’Occidente». Citano gli impegni presi nel 1990 da George Bush sr con Gorbačëv: niente espansione a est. «L’espansione della Nato e della Ue fino ai confini russi è un fenomeno che Putin vede come ostile», ammette Hope Harrison, della George Washington University.

Cosa farebbero gli americani se il Messico si alleasse con Mosca? È la domanda provocatoria che molti fanno in Russia. Per secoli i russi hanno considerato Estonia, Lettonia e Lituania come il cortile di casa. Oggi i tre paesi sono membri della Nato e della Ue, eppure la longa manus russa si fa ancora sentire. Nel 2009 Jan Brokken, noto scrittore olandese e conoscitore del Baltico, ha visitato la Lituania in crisi, dove «i russi calano come falchi per accaparrarsi la partecipazione nelle aziende dei tedeschi in difficoltà», (così scrive nel suo libro “Anime baltiche”). E sia in Estonia sia in Lettonia operano due partiti  russofili. Certo, in entrambe le repubbliche vivono significative minoranze russofone.

Putin però sta cercando di estendere la sua influenza politica oltre i confini dello spazio post-sovietico. In Ungheria, per esempio. Dove il partito di estrema destra Jobbik, terza forza politica del paese, è un fan sfegatato della politica estera di Putin, e teorizza un’Europa dei popoli, a scapito della UE atlantista “controllata dalle banche”. I legami tra lo Jobbik e Mosca hanno attirato l’attenzione dei media e della magistratura. Per esempio Béla Kovács, influente europarlamentare dello Jobbik, è accusato di essere una spia del Cremlino, e il governo magiaro ha già chiesto alla UE di sospendere la sua immunità da europarlamentare.

In realtà Putin fa proseliti nelle fila delle nuove destre di tutta Europa. Piace il suo carisma da uomo forte, il suo nazionalismo anti-Usa e anti-Ue, la lotta al radicalismo islamista, e la difesa ultraconservatrice della famiglia tradizionale e dei valori cristiani. Per Wolff, il sostegno putiniano ai partiti di estrema destra è forse «un modo per mettere in difficoltà le élite occidentali e sfruttare le debolezze delle democrazie liberali che l’Occidente sta sostenendo in Ucraina, Moldavia e Georgia, e ha sostenuto in Europa centrale e orientale. È pure una reminescenza della vera Guerra Fredda, ma allora l’URSS aiutava, ovviamente, partiti che considerava ideologicamente di sinistra».

Mosca ha simpatizzanti in Grecia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovacchia. E in Italia. «Tra Putin e Renzi io scelgo Putin. Tutta la vita – ha dichiarato qualche giorno fa, in un’intervista a Radio Anch’io, il segretario della Lega Nord Matteo Salvini. Che a ottobre, a Milano, ha pure brevemente incontrato Putin, regalandogli la classica felpa salviniana e una statuetta di Alberto da Giussano. «La Russia deve essere un alleato sia economico e commerciale, sia contro il terrorismo internazionale. Fare la guerra contro la Russia è l’ultima delle cose che servono all’Italia e all’Europa – ha detto Salvini ai margini di una recentissima visita a Mosca. E un deputato del suo partito è promotore dell’intergruppo parlamentare “Amici di Putin”, per «uscire dall’impasse causata dall’irrigidimento delle posizioni nei confronti di Mosca».

Sono amici di Putin pure i francesi del Front National (FN) guidato da Marine Le Pen. «La Russia e il FN condividono gli stessi valori», ha recentemente commentato Andrei Isaev, membro del partito Russia Unita (il partito di Putin) e vicepresidente della Duma. Ed è finita sui giornali di tutto il mondo la notizia che il FN ha ricevuto un prestito di 9 milioni di euro da una banca russa, la First Czech-Russian Bank. «Il FN ha bisogno di prendere in prestito grosse somme per finanziare le sue campagne elettorali, mentre aspetta i rimborsi delle spese dallo Stato – dice a Gli Stati Generali Wallerand de Saint Just, tesoriere del partito – Il FN è stato costretto a chiedere un prestito a una banca straniera perché la sua banca, le banche francesi e quelle europee non gli avrebbero erogato prestiti. Queste banche hanno detto che non prestano denaro a partiti politici o candidati alle elezioni». Per Saint Just la transazione tra il FN e la banca è di natura «puramente economica». E su Putin, il giudizio del FN è chiaro: si tratta di «un importante leader russo, che si è dedicato alla rinascita del suo paese dopo la terribile ordalia del comunismo. Il FN pensa che «la Francia dovrebbe osservare una politica equilibrata tra Stati Uniti e Russia, e che non dovremmo interferire negli affari della Russia, specialmente per quanto concerne il caso ucraino». 

 

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