Europa
La Grecia, le elezioni, l’Europa: ecco le questioni essenziali
La Grecia torna a votare. È la terza volta in meno di tre anni. Syriza, il partito di sinistra guidato da Alexis Tsipras, è il favorito e potrebbe conquistare la maggioranza assoluta. In chiusura di campagna elettorale, Tsipras ha ribadito che un governo Syriza «non rispetterà accordi firmati dal suo predecessore» con Bce, Unione Europea e Fmi in cambio degli aiuti concessi nel 2010. «Il nostro partito rispetta gli obblighi che derivano dalla partecipazione della Grecia alle istituzioni europee. Ma l’austerità non fa parte dei trattati di fondazione dell’Unione Europa». Ma qual è il quadro attuale della Grecia e cosa potrebbe succedere in caso di vittoria di Tsipras? E quale impatto potrebbe avere sull’Europa?
Elezioni, Parlamento e maggioranza politica
Il Parlamento greco è composto di 300 deputati. Viene rinnovato ogni 4 anni tramite un sistema elettorale proporzionale “rinforzato”: è prevista una soglia di sbarramento a livello nazionale (3%) e un premio di maggioranza (il 16%, 50 seggi parlamentari) per la lista o per la coalizione che ottiene più voti.
Si stima che il 39% dei voti a livello nazionale è necessario per ottenere la maggioranza parlamentare assoluta. Dato il livello di astensione atteso, nella tornata elettorale di domenica 25 gennaio 2015 potrebbe anche bastare anche il 37 per cento.
Syriza è il partito favorito, seguito a 3-7 punti percentuali da Nea Demokratia, il partito di centrodestra del premier uscente Antonis Samaras. In caso di vittoria di Syriza, il Presidente della Repubblica affiderebbe a Tsipras l’incarico di formare un nuovo governo. Se nessuno ha la maggioranza assoluta, si tenta la formazione di un governo di coalizione. Alleati probabili di Syriza sarebbero gli altri partiti di sinistra To Potami, i socialisti del Pasok e il partito dell’ex premier George Papandreou. Dopo il terzo tentativo fallito di creare un governo di coalizione, si votare. È successo già nelle elezioni del 25 maggio 2012, cui sono seguite quelle del 17 giugno 2012, vinte da Samaras.
Il Presidente della Repubblica
Le elezioni anticipate, poco dopo metà legislatura, sono scattate per l’impossibilità di trovare un accordo per eleggere il Presidente della Repubblica (mandato di 5 anni). La Costituzione greca prevede infatti una maggioranza qualificata di 200 voti (su 300) per le prime due votazioni e di 180 per la terza. Mancato questo obiettivo, il Parlamento è stato sciolto e sono state convocate le elezioni di domani.
Una dei primi compiti del Parlamento sarà perciò eleggere il nuovo Presidente. A questo punto, la procedura costituzionale prevede un quorum di 180 voti per il quarto tentativo (dopo i tre della legislatura precedente), di 151 per la quinta votazione, e un ballottaggio conclusivo fra i due candidati più votati alla sesta e ultima.
Scenario Syriza al governo
Il programma di Syriza, ribadito in chiusura di campagna elettorale, dice esplicitamente di non volere rispettare gli accordi firmati con la Troika (Bce, Ue e Fmi), che impongono un programma di austerità nella politica fiscale in cambio dei prestiti concessi per ristrutturare il debito pubblico. Taglio delle tasse, aumento delle pensioni più basse, stop alle privatizzazioni sono poi gli altri punti di una politica fiscale espansiva di taglio aggressivamente opposto alla ricetta della Troika. Syriza punta infine a rinegoziare il debito di 240 miliardi erogato dalla Troika. Tutte ipotesi che sono state rintuzzate delle controparti europee e internazionali.
Se questo è lo scenario, quindi, un braccio di ferro con la Troika potrebbe portare a un nuovo incendio sui mercati. La risalita del rendimento del titolo decennale greco (oggi intorno all’8,5%, dopo i minimi raggiunti a giugno; il Btp italiano rende l’1,5%) è già una spia. Gli osservatori ritengono che si aprirebbe una trattativa molto dura, accompagnata da tensioni e volatilità ma che alla fine si arriverebbe a un qualche compromesso che – al di là delle scelte tecniche – andrà nella direzione di concedere qualcosa alle richieste di Tsipras.
L’alternativa è una crisi bancaria e l’uscita dall’euro con conseguenze difficili da valutare.
Il rischio di una crisi bancaria e l’uscita dall’euro
La questione più delicata riguarda semmai il sistema bancario greco. Se a fronte di un mancato rispetto degli impegni del nuovo governo e un irrigidimento delle posizioni europee, la Bce non dovesse più garantire prestiti alle banche elleniche, esploderebbe una crisi bancaria generalizzata di cui è difficile prevedere le estreme conseguenze e l’ambito di contagio.
L’approdo finale potrebbe essere dunque l’abbandono dell’euro e l’uscita dall’Unione monetaria europea, che però è tutta da costruire visto che sul punto i Trattati europei non prevedono nulla, salvo stabilire l’irrevocabilità del cambio fissato al momento dell’ingresso nell’euro.
Quadro macroeconomico attuale
Dal 2009, anno dello scoppio della crisi, il prodotto interno lordo della Grecia si è ridotto di un quarto.
Dal 2013 i conti pubblici hanno cominciato a dare segni di stabilizzazione. L’avanzo primario (entrate meno spese al netto degli interessi) è positivo per 3,5 miliardi di euro (dato di dicembre 2014).
A ottobre scorso, il premier Samaras ha annunciato che una variazione positiva del Pil dello 0,6% per il 2014 e del 2,9% per il 2015.
Il tasso di disoccupazione è al 26%, il potere di acquisto delle famiglie quasi dimezzato rispetto a cinque anni fa.
Il rapporto tra debito pubblico e Pil resta comunque molto alto, intorno al 175 per cento. Secondo gli ultimi dati del ministero delle Finanze greco, la Grecia ha debiti per 322 miliardi di euro, di cui solo il 17% in capo a privati, mentre il 62% è in capo ai governi dell’Eurozona, l’8% alla Bce, il 3% alla Banca centrale greca e il 10% al Fondo monetario internazionale. Tra prestiti bilaterali e fondi Esm, l’Eurozona è esposta per complessivi 195 miliardi di euro.
L’esposizione dell’Italia è di circa 40 miliardi di euro, includendo nel compito sia i prestiti bilaterali, sia le quote di partecipazione nel fondo salva-stati Esm, nella Bce e nell’Fmi.
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