Ciclismo

Doping: tribunale condanna ma ammette pandemia come attenuante

4 Marzo 2021

Con la rinuncia all’appello è passata in giudicato nell’ultima settimana di febbraio 2021 la sentenza pronunciata dal Tribunale di Monaco di Baviera nei confronti del dottor Mark Schmidt di Erfurt ed altri quattro coimputati in tema di doping sportivo.

Il caso ha segnato la prima applicazione allo sport professionistico della legge antidoping tedesca che aveva trovato finora impiego solo nei confronti dell’uso di anabolizzanti nello sport amatoriale. Una normativa relativamente recente, nata nel 2015, sull’esempio della legislazione italiana già in vigore dal 2000.

I cinque imputati hanno agito a margine di quasi tutte le più importanti gare sportive di ciclismo su strada e di mountain bike e di sci di fondo dal 2011 al 2018, migliorando artificialmente la prestanza di atleti impegnati anche nelle Olimpiadi invernali del 2018 a Piong Yang in Sud Corea. In Italia furono pompati con autotrasfusioni gli austriaci Stefan Denifl e Georg Preidler rispettivamente al Giro d’Italia 2016 e 2018. Ai campionati del mondo di maratona di mountain bike ad Auronzo di Cadore nel 2018 fruì dei cicli di trasfusioni del dottor Schmidt anche la cicloalpinista austriaca Christina Kollmann-Forstner. Ma l’intervento del dottore ha interessato molte altre gare, la coppa del mondo di sci di fondo a Davos nel 2016, la maratona di mountain bike trofeo delle alpi nel 2017, il Giro della California, il Tour della Norvegia ed il Tour de France nel 2018, solo per citarne alcune, e dei suoi servizi hanno usufruito molti altri sportivi già assunti agli onori delle cronache. Il Procuratore di Monaco Kai Gräber ha confermato che tra i tanti, anche se ormai il reato è prescritto, sono stati beneficiati dal dr. Schmidt anche l’italiano Alessandro Petacchi così come un altro connazionale.

Tuttavia, contrariamente alla struttura accusatoria, che per il resto è stata accolta in pieno, la Corte non ha riscontrato di trovarsi di fronte ad una banda organizzata. Ha acclarato che il dr. Mark Schmidt da solo teneva le fila. Il medico era l’unico a conoscere la vera identità degli sportivi che si facevano sottoporre ad autotrasfusioni prima delle gare, secondo un calendario preparato secondo la loro stagione agonistica. Il dr. Schmidt fissava le località, prossime alle competizioni, dove i suoi collaboratori dovevano incontrare di nascosto ciclisti e sciatori di cui conoscevano solo dei nomi in codice, per asportare o re-iniettare sacche di sangue a ciascuno, secondo gli ordini, buttando via dopo lungo il rientro tutto il materiale usato e trasferire quindi in refrigeratori predisposti le eventuali sacche di plasma ancora da conservare.

I giudici hanno riconosciuto a tre aiutanti del dottore specializzatosi nel doping: il padre, un ex avvocato pensionato che voleva solo aiutare il figlio stressato; un’infermiera oberata dai costi per l’assistenza di un figlio inabile, in debito col sanitario per gli aiuti economici che le aveva prestato; ed un paramedico in servizio sulle ambulanze il quale oltre al guadagno era in effetti affascinato dal poter stare vicino al traguardi delle corse ed ai banchetti riservati alle squadre, pene inferiori ai due anni idonee alla sospensione con la condizionale e conversione in ammende.

Pene più pesanti invece per Dirk Queierkovki, il braccio destro che assicurava deposito e logistica, condannato a 2 anni e 4 mesi, e per lo stesso medico, sentenziato a 4 anni e 10 mesi di reclusione, oltre a 3 anni di sospensione dall’esercizio della professione, sequestro di 158.000 euro, computer e telefoni cellulari. I giudici non hanno accolto la tesi difensiva che se non avesse prestato l’imputato i suoi servizi, gli atleti avrebbero trovato comunque la via per truccare le proprie prestazioni sportive. Il dr. Schmidt non era solo un prestatore di servizi come un altro, ma come medico offriva un supposto doping pulito ed aveva attivamente creato il proprio mercato. I giudici hanno sottolineato che la molla per il dottor doping è stata l’arricchimento senza scrupoli. Per il suo piano cospirativo non ha esitato a procurarsi macchinari moderni; anzi non esitò neppure a provare un preparato sperimentale a base di eritrociti essiccati sulla cicloalpinista Christina Kollmann-Forstner provocandole emorragie e dovendo rispondere per lesioni.   Nondimeno i magistrati hanno ricostruito che in nessun caso i “pazienti” del dottor Schmidt sono stati in pericolo di vita. Neppure quando il paramedico si trovò ad effettuare di sera una trasfusione sui sedili posteriori di un’auto parcheggiata, pur non avendo egli abilitazione per effettuare operazioni di tal tipo, hanno ritenuto sia esistito un rischio concreto. Per questo non hanno inflitto al medico la sospensione a vita, ma solo i menzionati tre anni.

Quand’anche con rigore siano stati sequestrati i macchinari, l’automobile del padre usata per le trasferte e poste a carico degli imputati le spese di giudizio, per tutti è stata data una prognosi nel complesso favorevole. È stato riconosciuto loro come attenuante l’aver collaborato alle indagini, consegnando spontaneamente tra l’altro un cellulare con dei dati rilevanti per l’inchiesta e scontato con generosità il periodo di carcerazione preventiva già passato in Austria. Per la prima volta poi, un tribunale ha applicato anche un bonus di buona condotta per la pandemia Covid. Gli imputati, ha infatti sottolineato la giudice Tischler nelle oltre due ore di enunciazione del dispositivo delle sentenza, non solo hanno contribuito attivamente alla celerità del dibattimento ammettendo le loro responsabilità, ma pure rinunciando alle convocazioni di molti testimoni dall’estero che per la pandemia avrebbero rallentato il processo facendo risparmiare risorse alla Giustizia, dovendo oltre a tutto sopportare essi stessi un periodo di quarantena per un sospetto contagio durante il giudizio.

Il doping non ha solo un effetto individuale sugli atleti che vi si sottopongono -ha rimarcato ancora la Presidente Tischler- è perseguito dal legislatore perché infanga la funzione sociale dello sport che promuove tra i giovani gli ideali di integrazione e manifesta loro che hanno uguali possibilità. Il doping non è una componente obbligatoriamente connessa all’attività agonistica, come nella narrativa del dr Schmidt, anche se il magistrato non ha voluto commentare la quantità di preparati rinvenuti nelle stanze di alcuni sportivi il giorno in cui sono scattati i primi arresti a Seefeld in Austria.

Accantonato il processo al dr. Schmidt, la società tedesca tuttavia è chiamata ad affrontare subito un altro scandalo legato all’abuso della farmacologia nello sport che mostra quanto in fondo il medico di Erfurt sia il risultato di una scuola tragicamente di lunga data. È emerso che nella ex DDR è stato portato avanti un programma segreto di rovinosi esperimenti su atleti amatoriali per favorire la raccolta di medaglie dagli atleti olimpionici. Il maggior responsabile, il dr. Hermann Buhl ormai è deceduto; il suo aiutante Jochen Scheibe, divenuto dopo la riunificazione direttore dell’Istituto di medicina sportiva dell’Università Friedrich-Schiller di Jena, all’attivo un libro sul doping nella DDR nel 2013 e consulente esperto nella materia per il Parlamento del Land Mecklenburgo Pomerania, oggi è anziano e nega di aver mai preso parte ad esperimenti sull’uso di sostanze dopanti. Secondo una ricerca dei giornalisti Hajo Seppelt, Josef Opfermann e Jörg Mebus per la televisione nazionale ARD, tuttavia nei registri della STASI appare come informatore col nomignolo Walter Bieler in un fascicolo di oltre 200 pagine, e “conoscitore delle sostanze di supporto”, come venivano indicati i farmaci per il doping. Dunque, il medico che negli anni Settanta era responsabile della associazione sportiva della squadra di bob e slittino della DDR apparirebbe aver saputo che mentre assisteva il collega Buhl, nel programma ci fosse anche la sperimentazione di droghe, si parla di dosi quattro volte oltre il normale che hanno provocato nelle malcapitate cavie umane violente psicosi. Una ricerca storica sul doping nella DDR d’altronde era stata già proposta dai Verdi del Land Mecklenburgo Pomerania nel 2015. Solo oggi però pare si vogliano finalmente ascoltare gli ex sportivi amatoriali di allora; uno di loro, Hans-Albrecht Kühne, ha lesioni permanenti al drenaggio delle gambe per decine di biopsie senza indicazione medica.

 

 

Foto di copertina © AMJ, elaborazione modelli 3D Ms Word

 

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