Balcani
Gli studenti serbi candidati al Nobel, dopo mesi di proteste nell’indifferenza del mondo
Gli studenti serbi ufficialmente candidati al premio Nobel per la pace. Una candidatura inconsueta, ma che ha sicuramente forti motivazioni, come ha ribadito sui social il famoso drammaturgo serbo Sinisa Kovačević.
Gli studenti serbi ufficialmente candidati al premio Nobel per la pace. Una candidatura inconsueta, ma che ha sicuramente forti motivazioni, come ha ribadito sui social il famoso drammaturgo serbo Sinisa Kovačević. Il Movimento Studentesco, ispirato al gandhismo e alla nonviolenza, è prezioso per la sopravvivenza di una nazione europea, per il ritorno della dignità di tutti i cittadini della Serbia, per la conservazione dello Stato e per l’instaurazione di una pace duratura in una regione turbolenta. Questo premio accelererebbe la caduta dell’ultimo regime dittatoriale in Europa, incoraggiando i giovani a essere più coraggiosi nel plasmare il proprio futuro e affermando la pace e la nonviolenza come paradigma fondamentale, si legge nella motivazione della candidatura.
Storia di una protesta
Gli studenti serbi dunque ufficialmente candidati al premio Nobel per la pace. Andiamo con ordine, ripercorriamo fatti molto poco noti al di fuori della Serbia, e analizziamo il percorso che ha portato alla candidatura. Alle 11:52 del 1° novembre 2024, la pensilina della stazione di Novi Sad crolla con i suoi 48 metri di cemento, uccidendo 15 persone e ferendone un grande numero. La costruzione, risalente al 1964, era stata recentemente rinnovata ed è diventata il simbolo della mala gestione e della mancanza di trasparenza del governo serbo, sia per quanto riguarda i progetti pubblici che più in generale per tutta la sua azione politica, da sempre denunciata dalle opposizioni.
Da allora gli studenti serbi sono in protesta, e le loro azioni hanno trovato il sostegno di molti cittadini in tutto il Paese. La mobilitazione è iniziata con il blocco delle facoltà universitarie, per poi evolversi in manifestazioni pubbliche in cui hanno chiesto che le loro istanze fossero accolte dalle autorità. Nonostante i tentativi del governo di fermare la protesta offrendo varie concessioni, gli studenti non si sono arresi, e hanno mantenuto ferme le loro richieste anche di fronte alle pressioni, alla demonizzazione mediatica da parte dei media filogovernativi e agli attacchi fisici subiti.
Il primo blocco si è verificato alla Facoltà di Arti Drammatiche, dove studenti e docenti sono stati aggrediti il 22 novembre mentre fermavano pacificamente la strada per 15 minuti, in segno di rispetto per le vittime del crollo della pensilina alla stazione ferroviaria di Novi Sad. La protesta si è poi estesa rapidamente a più di 60 facoltà universitarie in tutta la Serbia.
Questo movimento di protesta nei confronti del presidente Vučić e del suo Partito Progressista Serbo (SNS), che esercita il potere in Serbia sin dal 2012, è stato descritto da numerosi analisti come una delle forme di opposizione più significative della storia della politica serba. Infatti, è stata protesta più numerosa e imponente in tutto il territorio balcanico dopo il ’68, nettamente superiore alle proteste per rovesciare il regime di Milošević. Il movimento ha ricevuto un fortissimo sostegno internazionale anche tra VIP, tanto da trovare perfino il sostegno di Madonna su Instagram.
Vučić, trentanni di sovranismo serbo
Aleksandar Vučić dopo aver iniziato nel Partito radicale serbo nel 1993, che non ha nulla a che vedere con il partito radicale italiano laico e progressista, in quanto basa la sua ideologia sul nazionalismo e l’estrema destra, fortemente sovranista e anti europeo, è stato ministro dell’Informazione (1998-2000).
Si stacca dai radicali e nel 2008 fonda il Partito progressista serbo (SNS), diventandone vicepresidente. Ha ricoperto il ruolo di vicepremier e ministro della Difesa (2012-2013) nel governo Dačić. Nel 2014 è diventato primo ministro grazie alla vittoria elettorale del SNS e ha portato avanti politiche pro-UE, di lotta alla corruzione e risanamento economico. Ha vinto le elezioni del 2016 con la maggioranza assoluta e nel 2017 è stato eletto presidente con il 55% dei voti. Riconfermato nel 2022 con il 59,8%, ha consolidato la sua leadership con le elezioni parlamentari del 2023, in cui il SNS ha ottenuto la maggioranza dei seggi.
Una figura così dominante, Comandante delle forze armate, in un sistema elettorale in parte simile a quello italiano, ma dove il Presidente è eletto dal popolo e soprattutto con un Parlamento monocamerale che dunque accentra più poteri, e soprattutto dove il Parlamento nomina i giudici delle Corti di Giustizia, ha dato sicuramente una parvenza di stabilità al paese che ha evidenziato una crescita economica non indifferente negli ultimi anni, ma poco sostenibile senza gli investimenti stranieri e soprattutto a discapito della democrazia.
Le richieste degli studenti
Il rifiuto di un’affiliazione politica da parte degli studenti è l’aspetto distintivo di questa contestazione.
Gli studenti chiedono invece la divulgazione completa della documentazione relativa ai lavori di ristrutturazione della stazione, terminati poche settimane prima del crollo, l’individuazione e la punizione dei responsabili delle aggressioni contro i manifestanti, il rilascio di tutti gli arrestati durante le proteste e un incremento del 20% dei fondi destinati a università e scuole superiori. Vučić ha più volte affermato che tali richieste sono già state soddisfatte, ma il confronto tra le istituzioni e i manifestanti appare sempre più complesso. Non è compito del Presidente della Repubblica garantire giustizia, ma delle istituzioni che devono operare nel rispetto dello stato di diritto. Per questo, anche dopo le dimissioni del premier Vucevic, la situazione è rimasta invariata.
Le dimissioni del primo ministro Vučević
Martedì 28 gennaio, il primo ministro Miloš Vučević ha rassegnato le dimissioni, dichiarando di voler “evitare ulteriori complicazioni e non alimentare le tensioni nella società”. Anche il sindaco di Novi Sad ha ceduto alle pressioni delle manifestazioni, annunciando le sue dimissioni e sottolineando che “la stabilità, la riduzione delle tensioni e la fine delle divisioni sociali sono essenziali per il progresso e lo sviluppo di Novi Sad e per migliorare la vita dei suoi cittadini”. Il fatto che i politici coinvolti nella tragedia di Novi Sad si siano dimessi rappresenta una chiara ammissione di debolezza da parte del governo, ma non porterà a cambiamenti sostanziali per il movimento di protesta. Il sindaco e il primo ministro saranno probabilmente sostituiti da figure appartenenti allo stesso ceto politico, e che non potranno quindi realizzare la discontinuità attesa e auspicata da chi protesta. Questo movimento infatti non è nato solo per la rimozione di alcune figure di potere, ma come risposta a un sistema che ha generato disagio e insoddisfazione nella popolazione sin dalla dissoluzione della Jugoslavia.
La lunga marcia
IL 31 gennaio, centinaia di giovani universitari hanno percorso 80 chilometri da Belgrado fino a Novi Sad, nel nord della Serbia, in una nuova mobilitazione. Una marcia commovente che ha avuto il sostegno quasi totale della popolazione, tanto da indurre gli abitanti dei paesini lungo il tragitto, a organizzare presidi offrendo loro cibo, bevande e coperte.
Le proteste sono proseguite per tutto il weekend e i ponti di Novi Sad sono stati bloccati da centinaia di migliaia di persone per commemorare i tre mesi dalla tragedia ferroviaria. Il sostegno è arrivato anche dai tassisti che si sono messi a disposizione per riportare a casa gli studenti gratuitamente dopo i cortei. Negli ultimi due mesi, le dimostrazioni non si sono mai interrotte, e gli studenti promettono di continuare fino a quando il presidente Vučić non si dimetterà.
Il colpo di coda dei conservatori
I sostenitori del governo e i conservatori rivendicano l’incremento del 20% nel bilancio per l’istruzione superiore rappresenta un chiaro segno di impegno da parte del governo per migliorare il settore educativo, anche se mancano ancora dettagli su come sarà realizzato.L’ex primo ministro della serbia Barnabić, sempre al fianco del presidente, ha sottolineato la necessità di una comunicazione chiara per evitare malintesi, suggerendo che le richieste degli studenti non sempre riflettono la realtà degli investimenti e delle risorse effettivamente allocate.
Inoltre, molti conservatori ritengono che le proteste siano strumentalizzate da forze esterne, in particolare dall’Occidente, per destabilizzare il paese e minare la sua indipendenza. La Serbia, infatti, è l’unico paese europeo che non ha aderito alle sanzioni contro la Russia, il che la pone sotto un’intensa pressione da parte delle potenze occidentali, che potrebbero cercare di influenzare negativamente la sua politica interna. L’accusa di una “rivoluzione colorata” in corso, come accaduto in altri paesi, viene interpretata dai sostenitori del governo come una strategia per indebolire la sovranità della Serbia, e per rallentare la sua crescita economica e il suo sviluppo, soprattutto considerando il tasso di crescita molto sostenuto rispetto ad altre nazioni europee.
Inoltre, il governo, dai suoi sostenitori, viene descritto come il garante di una stabilità necessaria per evitare il caos e la divisione sociale, ritenuti alimentati da media locali che, secondo questa visione, sono influenzati da poteri esterni. I filo governativi non mancano di fare riferimento agli anni ’90 del secolo scorso, quando la Serbia ha subito le conseguenze delle sanzioni internazionali, serve a ricordare i sacrifici e le difficoltà passate dal paese. Secondo i sostenitori del governo, la Serbia ha già pagato un prezzo molto alto e sta finalmente riuscendo a risollevarsi, nonostante i tentativi di ostacolare il suo progresso. L’allarme riguardo a un possibile conflitto interno o un intervento straniero in caso di ulteriore destabilizzazione potrebbe essere interpretato come un avvertimento per evitare di ripetere gli errori del passato, quando le interferenze esterne hanno avuto effetti devastanti.
(Immagine di copertina tratta da Free Malaysia, su licenza attribution 4.0)
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