Un ministero del Tesoro europeo, per salvarci, se ancora siamo in tempo
Racconta Goethe che la carta moneta fu inventata da Mefistofele per superare la crisi di liquidità delle casse dell’Imperatore d’Austria. Nel Faust, la carta moneta è una cambiale emessa dalla Corona e garantita dai tesori contenuti nel sottosuolo dell’Impero, ancora tutti da trovare. Il che suggerisce (l’autore è renano quindi per definizione degno di fiducia) come la moneta per esistere necessiti di almeno due elementi: un emettitore credibile e la fiducia tra chi la emette e chi la usa.
La questione dei ponti e la credibilità dell’emettitore
Cosa c’è sulle banconote dell’euro? Una cartina geografica (con una delle rarissime autoriproduzioni di ciò che gli europei chiamano Europa) e degli elementi architettonici. Nessuno dei due lati del biglietto contiene la raffigurazione di un potere, magari anche modernissimo, post-statutale o post-nazionale. La questione non è capziosa, né si pretende che il potere sia solo l’effige di un re o di un presidente. Ma qui non c’é proprio niente. Il che è già un indizio.
Ovvero chi garantisce i debiti emessi in euro (l’effige dell’imperatore Rodolfo d’Asburgo nel Faust)? La storia degli ultimi 5 anni chiarisce – guardate la vicenda di Cipro – che essi sono garantiti dagli Stati membri. Insomma, ognuno garantisce per i suoi, di debiti. I piani di salvataggio, così come i Fondi speciali, sono prestiti fruttiferi a lungo termine, bilaterali e con condizioni più o meno di vantaggio. L’Unione Economica Monetaria non ha un tesoro pubblico, né fondi collettivi per la ricapitalizzazione delle banche. Sull’euro non vi sono simboli di potere perché nessun potere collettivo garantisce in ultima istanza la moneta. C’è solo la firma del banchiere centrale, e infatti la BCE è la sola Istituzione dell’euro e, in fin dei conti, la sola reale “proprietaria” della moneta. Bruxelles non considera l’uscita della Grecia, se mai avverrà, una tragedia in sé; ma ne riconosce appieno il mortale pericolo. Se Atene scappa, il Re è nudo. Una retorica ventennale verrà sbugiardata: non esiste alcuna Unione monetaria, ma solo una moneta comune. Da un punto di vista politico, forse troppo brutalmente semplificatorio ma non arbitrario, l’Euro è infatti un accordo di cambi fissi rafforzato da imponenti Trattati e da una Banca Centrale. Rimarchevole, ma non sufficiente. Moltissimo è stato fatto negli ultimi 6 anni di crisi. Sforzi consistenti e credibili passi in avanti sono stati compiuti nel corso di interminabili maratone negoziali; alle volte si e’ potuto persino riscontrare il profilo di un certo eroismo, di, forse, anche un senso acuto della storia. Ma ciò che è stato fatto, non è sufficiente. Non si puo’ del resto fare di pu’ senza riaprire i Trattati. Senza un Tesoro, la storia d’Europa prendera’ un’altra strada. Oscura, cattiva e irrilevante.
Perché quindi siamo in stallo? Perché non riusciamo a rendere credibile l’emettitore? La vulgata meridionale, come sempre un misto di verità, malafede e vittimismo, imputa tale voragine alla cattiva fede dei tedeschi e alla spietatezza dell’Europa del Nord. Puo’ anche darsi, ma se non vogliamo uscire dall’analisi politica per addentrarci in una moralista, occorre capire perchè. Se torniamo a Goethe, occorre capire la questione della fiducia.
Germaniae
La fiducia è il fondamento di ogni sistema complesso. Parlare di essa oggi significa di parlare di Germania. L’Europa del Nord non si fida. Parliamoci chiaro: hanno ragione. Paesi che dibattono da 30 anni e più sempre delle stesse questioni, Stati che da 30 anni fanno dell’immobilismo straccione la cifra unica del loro agire politico non meritano fiducia. Essa si merita, si guadagna, non si pretende. Detto questo, la questione tedesca è però più complessa e duplice. Da una parte è questione di dimensione dall’altra di orizzonti.
La Repubblica Federale e i suoi alleati sono troppo piccoli per “mettersi sulla carta moneta”. Il ballo delle dimensioni relative dei grandi europei li vede ridimensionati. La Germania ha un PIL di 3.7 bn dollari per 80 milioni di abitanti, la Francia ne fa 2.8 con 60 milioni e l’Italia 2.1 con 58. Nessuno, in altre parole, può oggi schermare l’Italia, 3° debito pubblico del mondo ma ben lungi da essere la 3° economia del mondo.
Anche scontando tale dimensione strutturale, l’incapacità tedesca di farsi “padrone” (rinuncio al 30% del debito Greco, salvo l’euro ma mi prendo il Pireo, le ferrovie, i gasdotti e contratti militari per 30 anni) e’ resa impossibile dal modo in cui le élite politiche e commerciali concepiscono il Paese. La verita’, mi pare, e’ che la Repubblica Federale si concepisce come una moderna Lega anseatica, una grande potenza commerciale, votata agli scambi, alla produzione e lontana dal dominio, politico o territoriale. Un immenso registratore di cassa in cui la partita doppia è vangelo e i debiti una colpa. Forse l’unica forma in cui i demoni del loro, e nostro, ‘900 possano sopirsi.
Quindi?
Se la Grecia è solo, tragicamente, il canarino delle miniere, quello che si limita a morire prima dei minatori, a me sembra che la questione sia in fondo semplice. Uscire o, ancora peggio, attendere la morte naturale dell’UEM, ha costi inconcepibili, talmente alti che nessuno dotato di senso può volontariamente decidere di assumerseli. Quindi, per quanto disfunzionale, il matrimonio non lo si può rompere. Al di là delle tecnicalità, l’unica cosa che potrà salvare l’Euro è la costituzione di un Tesoro dell’Unione. Ovvero, la creazione di un meccanismo di collettivizzazione dei debiti cui dovrà sovraintendere una Istituzione di natura essenzialmente politica sovraordinata. Un compito immane a ben guardarlo, una sfida che riaprirà antiche ferite, conflitti di legittimità democratiche e di ordinamenti. Ma non c’e’ scampo, a mio avviso. Per salvarci dal disastro siamo costretti a tornare a prima di Westfalia.
Questo avrà un prezzo, enorme da pagare. Sempre che abbiamo ancora tempo.
Continua
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