UE

Debito pubblico, Recovery Fund e…

30 Aprile 2020

Secondo il Fondo Monetario Internazionale il deficit europeo quest’anno raggiungerà 7/8%. Quello italiano toccherà il 10%, con un debito che dovrebbe oscillare secondo tutti gli analisti tra il 155- 165% del Pil. Una cifra incredibile ma messa oramai in conto da tutti gli analisti. Tra i grandi paesi europei l’Italia è ovviamente quello che preoccupa di più. E i motivi sono sempre gli stessi: bassa crescita da vent’anni, debito elevato ed evasione fiscale (spesso troppo poco considerata) che denota sempre un certo menefreghismo dell’italiano verso la cosa di tutti. Mario Draghi ha dichiarato che nel prossimo futuro tutti i paesi dovranno abituarsi a vivere con alti debiti pubblici, e i governi nazionali dovranno essere bravi a stoppare la speculazione di cui il mercato finanziario è il campo di battaglia.

Uno degli strumenti in discussione a Bruxelles in questi giorni, accettato oramai anche dai paesi del nord Europa, è il Recovery Fund, una proposta francese che punta a raccogliere dai 1.000 ai 1.500 miliardi di euro per un grande investimento europeo su nuovi settori. Digitalizzazione, New Green Deal e tanto altro. Il nodo, e il dibattito di queste ore tra gli sherpa dei governi nazionali, è su chi ricada quel debito. Cioè, capire innanzitutto se questo Fondo emetterà titoli per finanziarsi (quindi dei bond, sostanzialmente degli eurobond) o se saranno proquota, quindi aumento del debito nazionale, con il vantaggio di avere bassi tassi di interesse. Il secondo nodo riguarda la durata del Fundo e quindi del prestito. Pluriennali sì, ma a quanto per la parte di restituzione?

Di certo una parte di questo debito sarà a fondo perduto. E Angela Merkel lo ha ribadito pochi giorni fa al Bundestag, dove con un discorso importante ha detto che la Germania dovrà fare la sua parte: «…i nostri sforzi a livello nazionale potranno alla fine avere successo se avremo successo insieme anche in Europa. In questa aula spesso mi avete sentito dire: sul lungo periodo la Germania starà bene solo se starà bene anche l’Europa. Per me questa frase anche oggi è molto, molto importante […] dobbiamo essere pronti, nello spirito della solidarietà, di realizzare contributi di ben altra natura, ossia molto più alti, al bilancio europeo.» E’ infatti sul bilancio europeo che Merkel intende ancorare il Recovery Fund, così anche da evitare modifiche di trattati che porterebbero via molto molto tempo. Perché l’incognita è il tempo. Quanto tempo abbiamo? Quanto possiamo attendere prima di immettere grandi flussi di liquidità, in particolare per le piccole imprese, oltre quello che già stanno facendo i governi nazionali?

Nel dibattito italiano, su questo fronte, si sta facendo largo una nuova idea. Sono diverse personalità del mondo economico e finanziario ad avanzarlo: Bazzoli, Tremonti, Prodi, Sapelli, voci che spingono per un piano straordinario, tutto italiano, che “invogli” gli italiani a comprare nuovo debito. Una cosa non semplice, visto che ad oggi la ricchezza privata italiana mostra molta dinamicità, su tutti i mercati, ma che ben remunerata e con la giusta narrazione potrebbe funzionare. Un piano di emissione di debito da far acquistare ovviamente anche alla BCE. Ma anche questo sarà oggetto di discussioni dei prossimi giorni.

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