Anche se non si parla più di Grecia, la bomba europea è pronta a esplodere
Aspettando la riapertura stagionale della stagione di tragedia greca al teatro comunitario di Bruxelles (leggere in merito il Munchau sul FT di due settimane fa), vogliamo dedicare solo qualche riga ad Atene. Ci siamo sbagliati: io e molti altri. Grecia e Portogallo dimostrano, al di la’ di ogni dubbio, che l’argomento politico sulla rottura dell’euro, la rivolta dei popoli, e’, per il momento, sbagliato. I due popoli che piu’ hanno sofferto le drammatiche conseguenze delle politiche di austerita’ e di convergenza ai fondamentali dell’unione monetaria via aggiustamenti sul lato dei prezzi e dei salari, hanno riconfermato ampiamento i Governi che, a Lisbona, hanno gestito l’intero processo e, ad Atene, lo hanno accettato e sottoposto agli elettori. Una buona notizia dal punto di vista sistemico; forse meno da quello politico. Ma la momento non interessa.
Spendiamo quindi qualche parola sull’altro capitolo essenziale delle danze europee: il futuro del Regno Unito all’interno dell’Ue.
La cosiddetta Brexit, uno dei possibili risultati del referendum popolare indetto dal Governo conservatore per la seconda meta’ dell’anno prossimo, espone in maniera chiarissima almeno due elementi essenziali dell’attuale debolezza dell’Unione:
1. La impossibile dialettica tra Unione europea ed Unione Monetaria
2. La questione dei Trattati
1. L’Unione Europea e’ morta
La vecchia Unione europea (UE) e’ morta, nel senso che e’ stata risucchiata dall’Unione monetaria (UEM), ovvero dall’euro. La vecchia UE si e’ trasformata infatti in una grande e complessa sala d’attesa per gli Stati Membri che non possono ancora o non hanno ancora deciso se adottare la moneta comune. E qui sta la radice del problema britannico. Londra ha una trasversale, assoluta e legittimissima volonta’ di non adottare l’euro. Mai. Ergo, se ho ragione, Londra dovra’ uscire prima o poi.
Del resto, la centralita’ della City si basa in gran parte sulla sua capacita’ di rappresentare la piazza mondiale di gran lunga piu’ importante per trattare le attivita’ denominate in euro. Non dovrebbe sfuggire la difficolta’ logica e pratica di mantenere questo apparente paradosso in vita ad libitum. Tralasciando per il momento di considerare la questione dalla parte del Regno Unito (e degli orientamenti del suo elettorato), la questione della Brexit sta tutta nella possibilita’ di lasciare Londra nel cerchio esterno, quello della vecchia UE e del mercato comune, e fuori, per sottrazione, d quello primaio, l’euro e le sue Istituzioni.
Ma l’Unione Monetaria ha delle Istituzioni proprie? No. A parte ovviamente la Banca Centrale, l’Unione monetaria si appoggia interamente su quelle dell’Unione Europea. Ecco quindi la questione dei Trattati
2. Non si può escludere qualcuno da qualcosa che non esiste
Se si ha intenzione di evitare il Brexit, da parte continentale, e’ necessario separare i destini, e quindi i meccanismi che regolano UE e UEM. Quindi e’ necessario dotare l’UEM di Istituzioni, regole, regolamenti, procedure di voto etc sue proprie. Ho gia’ scritto sulla necessita’ di intraprendere tale passo, e delle difficolta’ potenzialmente mortali ad esso connesse, indipendentemente dal destino di UK o del Regno di Svezia o di Danimarca. Tuttavia, riprendere tale discorso in un ottica di Brexit, aggiunge del pepe ulteriore alla ricetta. Il popolo di Regno Unito e Irlanda del Nord verra’ chiamato a votare sulla sua appartenenza all’UE entro un anno. Quindi se si vuole offrire un possibile accordo a Londra e ai conservatori meno ideologici al fine di preservare l’appartenenza di UK all’UE, e’ necessario entro un anno, predisporre un piano per “separare” l’UE dall’UEM. Good luck!
Non dovrebbe stupire quindi se tutta la trattativa tra Londra e Bruxelles si basa, oltre che sul rafforzamento dei poteri di deroga alla Legislazione comune in ambito di Giustizia e Affari interni (altro problema di coerenza: non puoi avere il mercato comune senza diritto di asilo, di stabilimento e di voto comuni, altrimenti quello che ti resta e’ un accordo di libero scambio: cio’ che infatti ha, di base, la Svizzera con Bruxelles), su tutta la Legislazione comunitaria di derivazione UEM: Unione bancaria, dei capitali, bonus…..
Ultimo punto: se Londra esce, nessuno è in grado di sostituirla come piazza finanziaria dell’euro. Nessuno ha nemmeno lontanamente una struttura di competenze, conoscenze, fluidita’, connessioni (fisiche e non), abitudine al dominio finanziario comparabili alla capitale del Regno Unito. Meglio trovare un accordo e, col tempo, ancora meglio trovare un sostituto. Perchè le contraddizioni, prima o poi, scoppiano sempre.
Un commento
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Gli inglesi (cosa diversa dagli abitanti del Regno Unito, i nazionalisti scozzesi sono decisamnente filo Unione)) sono profondamente scettici sull’Europa nonostante Londra ne tragga evidenti vantaggi ( come ricorda l’articolo è il mercato fondamentale dei titoli Euro,solo per dirne una). Il Governo di Cameron vuol usare la voglia di brexit come minaccia al tavolo delle trattative per le sue “manovrette” interne, con un cinismo che fa sembrare i politici italiani dei santi malati di altruismo.
Penso che a Cameron non possa che essere data la stessa risposta ricevuta da Tsipras (lui per di più era innocente dei mali del suo paese).
Se volesse insistere per la “brexit” potrebbe scoprire, come accadde alla Grecia, che dall’altra parte del tavolo c’è chi non aspetta altro.