Medio Oriente

Ramadan oltre il digiuno, i profumi di Gerusalemme in festa

15 Giugno 2018

From: Fiammetta Martegani

To : Susan Dabbous

Carissima Susan,

Questa settimana, finalmente, finisce il Ramadan.

Dico finalmente perché sapendo quanto è difficile per gli ebrei digiunare per 24 ore durante il giorno di Yom Kippur, ho sempre avuto grandissimo rispetto per i musulmani che, per un mese intero, digiunano ogni giorno fino al calar del sole.

Ma dimmi, nella tua famiglia paterna lo si è sempre praticato?

Raccontami dei tuoi ricordi e di come lo vivi oggi, soprattutto stando a Gerusalemme.

From: susan dabbous

To: fiammetta martegani

Cara Fiammetta,

Con la fine del Ramadan questo week end sarà tutto un cucinare cose buonissime e dolcetti tipici. Non ti nascondo che sono proprio questi i ricordi d’infanzia più vividi che ho del Ramadan: le pietanze più lunghe, elaborate e succulente che abbia mai mangiato, almeno per quanto riguarda la cucina siriana, sicuramente la più complessa e raffinata del mondo arabo, al pari con la cucina marocchina.

Tu mi dirai, ma come, proprio durante il Ramadan, il mese del digiuno, non si fa altro che cucinare? Ebbene sì, per precisione, cucinare, sonnecchiare e pregare: c’è un clima pigro ovunque, cadenzato dalle 5 preghiere e le soap opera che rimpinzano i palinsesti dei canali arabi. A tutti è concesso un pisolino nel negozio, in ufficio, in banca, alla posta. Gli uffici e le botteghe non chiudono ma tutto va a rilento, tanto che per i giornalisti che devono lavorare con i fixer locali (quelli che ci aiutano a trovare le notizie o le interviste) il Ramadan è un vero e proprio incubo.

Se da un lato, infatti, le guerre e i conflitti non cessano durante il mese sacro, dall’altro, trovare qualche contatto che ti risponde al telefono prima di mezzogiorno è davvero difficile.

Anche io ho provato diverse volte a digiunare. Ci sono riuscita qualche volta quando ero più piccola, ma da adulta, dovendo lavorare, ho adottato un metodo di rispetto nei confronti di chi digiuna. Quando lavoro in paesi arabi durante il Ramadan faccio colazione in albergo con una dose di caffè in grado di sostenere una squadra di calcio, poi non mangio e non bevo durante il giorno e quando vengo invitata alle cene di Iftar, ovvero quando si spezza il digiuno al tramonto, riesco a provare qualcosa di molto simile a chi digiuna: un senso di riempimento, di sollievo, di pienezza, di benessere primordiale.

Lo stomaco vuoto, invece, aiuta ad esercitare l’autocontrollo, a stimolare materialmente la spiritualità. Come sai, io ho una religiosità tutta mia che non segue canoni, ma, sinceramente, trovo le buone azioni legate al periodo di Ramadan molto più valide e importanti del digiuno in sé. Essere più buoni, più empatici, non dire parolacce, non litigare, non voltare le spalle a chi è povero e non ha i soldi per mangiare,  pagare una percentuale dei propri guadagni a chi è bisognoso: fare lo Zakat, in altre parole, la carità.

From: fiammetta martegani

To: susan dabbous

Carissima Susan,

Mentre ti leggo, non faccio che pensare a Yom Kippur, ovvero il giorno dell’espiazione, in cui, attraverso la sofferenza causata dal digiuno, si espiano tutte le cattive azioni compiute nell’anno precedente al fine di avviarsi, in modo pio, verso il nuovo anno che sta per cominciare.

Anche per questo, nella settimana precedente a Kippur, è fondatale chiedere scusa a chi si è ferito in passato, in modo da poter davvero cominciare il nuovo anno “senza debiti”.

Anche per me, questo è davvero l’aspetto più speciale e profondo di Yom Kippur: l’attenzione rivolta verso se stessi, ma prima ancora verso gli altri.

Ma dimmi, quali sono le origini della pratica del Ramadan?

From: susan dabbous

To: fiammetta martegani

La tradizione del Ramadan è legata alla rivelazione del Corano al profeta Mohammad. La cosa davvero interessante, però, è che la pratica del digiuno veniva adottata anche da parte di popolazioni pre islamiche, per chiedere l’espiazione dei propri peccati e scongiurare la siccità.

Io se potessi chiedere qualcosa, quest’anno, chiederei una dosa massiccia di buon senso, per tutti, e su tutti: una specie di manna che cade dal cielo sulla moschea al-Aqsa, sul Muro del pianto e, perché no, anche sul Santo Sepolcro.

La cosa bella è che in questi momenti di festa, almeno nella città di Gerusalemme, il conflitto per qualche giorno sembra tacere: i suoni della città vecchia lasciano spazio solo ai megafoni dei Muezzin e ai commercianti del suq che si riempie di abitanti e pellegrini. Gli odori sono quelli dei qataief, le piccole crepes chiuse a mezzaluna ripiene di noci e fritte nel miele. La frutta fresca impera nei banchi del mercato.

Le famiglie infatti, dopo aver consumato il pasto principale, continuano ad unirsi a tavola per mangiare frutta e bere bevande a base di liquirizia o tamarindo: un rituale che può andare avanti tutta la notte. Perché, come sai, il concetto di tempo per gli arabi è molto diverso degli quello occidentali. Forse anche per questo le notti d’oriente sono tanto speciali.

 

 

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