Medio Oriente

Perche’ l’Occidente non supporta la Coalizione Nazionale Siriana con convinzione

27 Ottobre 2015

Assad o ISIS: qual e’ il male minore?

E’ questo il bivio a cui sembra essere arrivata nelle ultime settimane la comunità internazionale, interrogandosi sul futuro della Siria. La Russia non ha mai avuto dubbi: Assad e’ la risposta per il futuro della Siria. Gli Stati Uniti e gli alleati occidentali, invece, continuano ad assumere una posizione attendista, non volendo continuare a foraggiare i ribelli islamisti.

Ma c’è una terza opzione che, seppur pochi menzionano, e’ ufficialmente riconosciuta e supportata da USA e Unione Europea: la Coalizione Nazionale Siriana (CNS), guidata da Khaled Khoja.

La CNS, come dichiarato dai suoi leader, ha dato il via nel 2011 alla Primavera araba siriana. Negli ultimi quattro anni, ha raccolto tra le sue file esponenti della società civile e della classe media moderata, nonché intellettuali e professionisti di estrazione liberale. Fin dai suoi albori, la Coalizione ha spinto per una transizione democratica che non si e’ però mai verificata.

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Viste le premesse, nasce spontanea una domanda: perché la CNS non e’ considerata dai suoi principali sponsor? L’Unione Europea si e’ sempre e solo limitata al riconoscimento diplomatico e al supporto a parole. Pochi fondi e risorse sono state stanziate per rendere la Coalizione un interlocutore reale e affidabile in Siria.

Gli Stati Uniti, invece si sono spinti oltre. L’amministrazione di Obama aveva stanziato 500 milioni di dollari per armare e preparare i ribelli siriani al di fuori del CNS. Il programma e’ stato recentemente bloccato perché non erano stati raggiunti gli obiettivi proposti e molti gruppi islamisti ne avevano giovato senza render più conto a Washington.
La maggior preoccupazione di europei e americani e’ la mancanza di Realpolitik della CNS. In altri termini, la Coalizione non avrebbe idee e capacità per guidare la Siria.

E questo emerge dalle dichiarazioni di Felix Usahma Darrah, attivista siro-tedesco e membro chiave della CNS, durante un meeting al Frontline Club di Londra a metà ottobre. Darrah e’ stato uno dei rappresentanti della Coalizione nei negoziati di Ginevra del 2014 e oggi continua la sua attività nei paesi europei per raccogliere fondi a supporto della CNS.

“Noi (CNS, ndr) non abbiamo abbastanza risorse finanziare, non abbiamo armi e abbiamo dovuto affrontare numerose divisioni di carattere etnico e religioso al nostro interno” ammette Darrah. La CNS e’ formata infatti da diverse fazioni etniche, spesso in contrasto l’un l’altra, e religiose – musulmani moderati convivono con laici e minoranze cristiane.

Dalle sue parole, poi, traspare chiara l’idea che il grande problema della Siria sia Assad e non lo Stato Islamico, come già affermato dalla nostra piattaforma. “Noi siamo gli unici in Siria a lavorare per la pace. Di certo non lo fa Assad, non l’ha mai fatto perché’ punta ad una vittoria militare.” Aggiunge un’attivista di fianco a lui: “Assad non e’ diverso dai terroristi neri.”

Le intenzioni sono chiare quando si tratta di ciò che la CNS non vuole: “Assad bombarda la popolazione civile. Non può più essere considerato un interlocutore per il futuro della Siria. Deve essere processato per crimini di guerra. E gli Stati Uniti non devo supportare la Russia perché’ sarebbe come supportare Assad.”

Interrogato su quale futuro per la Siria, Darrah tentenna. “Vogliamo una transizione democratica.” Non sembra essere preoccupato da eventuali divisioni interne qualora Assad uscisse di scena. “Ci sono già state divisioni, ma penso che potremo trovare un accordo tra tutte le varie anime su un cammino comune verso la democrazia.”

Darrah nega inoltre che la soluzione libanese possa essere un’ipotesi per la Siria. In Libano, infatti, un sistema politico confessionale, fragile ma duraturo fin dalla fine della guerra civile nel 1990, mantiene la pace e l’equilibrio tra 18 confessioni diverse. “Assolutamente no. Il Libano non e’ un esempio per noi. Abbiamo bisogno di una democrazia diversa, più stabile, che non accentui le differenze etnico religiose come il sistema libanese. Peraltro e’ instabile e lo sta dimostrando negli ultimi anni.”

Allora, quali possono essere soluzioni reali ed efficaci? Darrah non dà una risposta precisa. Si limita a fare due richieste sul breve periodo: “Adesso la comunità internazionale deve muoversi per garantire una no-fly zone sulla Siria e allontanare Bashar al-Assad dal potere. Al resto ci penseremo a tempo debito.”

Gli Stati Uniti e l’Europa, visti i numerosi errori commessi negli ultimi 10 anni, difficilmente supporteranno una Coalizione che non ha un’idea univoca e reale sul futuro della Siria. Infine, manca un leader o una figura autorevole a livello internazionale capace di guidare la Coalizione.

La Siria e’ un paese variegato e ricco di culture, religioni ed etnie diverse. Pare davvero difficile immaginare una compiuta democrazia di stampo occidentale per questo paese: un modello che non tiene conto della storia e della societa’ siriana. Per questo UE e USA non si fidano delle proposte della CNS. Sono troppo lontane dall’attuale scenario. Sebbene auspicabili, in questo momento sono impraticabili. Con l’appoggio russo Assad ha riacquisito forza e risorse, mentre l’ISIS e’ ancora lontano dall’essere sconfitto.

Il rischio che la CNS sia logorata in futuro da divisioni interne o che sia superata dai gruppi islamisti e’ troppo alto per essere sottovalutato. Questi motivi spiegano i tentennamenti di USA e EU nell’appoggiare la Coalizione non solo a parole ma anche con risorse economiche e belliche. Il CNS sembra aver perso contatto con la realtà siriana, dove i territori non in mano ad ISIS e Assad, sono controllati da ribelli islamisti, che trovano sponsor sostanziosi da americani e dalle monarchi del Golfo. E così la CNS perde sempre più terreno, mentre il mondo continua a ragionare attorno alla stessa domanda: Assad o ISIS, qual e’ il male minore?

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