Medio Oriente
La guerra e la speranza in Rojava: intervista a una resistente curda
È ormai nove giorni che è iniziato l’attacco turco al Kurdistan Occidentale o come lo chiamano i curdi, il Rojava. La regione nel nord della Siria che si è organizzata sui principi democratici dal basso, dove i popoli si autogovernano sulle base di una società ecologica ed emancipata per le donne. Come in tutte le prime fasi di un conflitto le notizie si rincorrono e i telegiornali o i media generalisti non sempre scalfiscono la superficie. Per questo abbiamo deciso, per approfondire le ragioni e la situazione attuale dell’attacco, di intervistare la giornalista Suveyda Mahmud che ha vissuto i primi tempi di resistenza direttamente. La sensibilizzazione e la protesta diretta sono inoltre importantissime per aumentare la pressione internazionale contro l’aggressione criminale della Turchia, e aumentare le speranze di resistenza dei popoli che vogliono un riconoscimento, tra cui anche il popolo curdo.
Si può parlare di attacco fascista di Erdogan? Erdogan ha effettuato questa aggressione anche per questioni di politica interne?
Non c’è dubbio che Erdogan ha trascinato la Turchia in una crisi economica, oltreché sociale e politica, profondissima. Gli anni del suo mandato, prima come primo ministro e poi come Presidente, saranno ricordati purtroppo come gli anni in cui ha prevalso la guerra a tutti i livelli: guerra militare sui più fronti del Kurdistan del sud, in nord Iraq, e del Kurdistan dell’ovest, in Rojava, ma anche politica soprattutto nel Kurdistan del nord, in Turchia. Il bilancio dello Stato è ridotto ai minimi termini per le stratosferiche spese militari. La conseguenza a livello sociale è l’aumento della povertà, dell’inflazione, della disoccupazione. In particolare aumentata anche per il licenziamento di decine di migliaia di persone nell’auto-tentato golpe del 2016.
Le forze in campo possono farcela o necessitano di aiuto? Quale è la condizione umanitaria?
Le Forze Democratiche Siriane (FDS) sono protagoniste di una resistenza epica, soprattutto in queste ore nella città di Serekaniye.Non è casuale che l’operazione di invasione della Turchia e dei suoi mercenari sia partita proprio da lì. Questa è stata la città che nel 2013 fu liberata dall’occupazione del Fronte al-Nusra e unità dell’Esercito Libero Siriano nel 2013.Le FDS hanno finora respinto tutti i tentativi dell’esercito turco e dei suoi mercenari di entrare in città. Il battaglione armeno e il Consiglio Militare Assiro si sono recati a Serekaniye per sostenere la resistenza locale e centinaia di cittadini si sono uniti alla resistenza. Le forze turche, domenica scorsa, hanno attaccato un convoglio di civili (con cui viaggiavano anche dei giornalisti) uccidendo 11 persone e ferendone 74.
Se sul terreno le FDS stanno respingendo gli attacchi turchi e dei mercenari, è fondamentale la chiusura dello spazio aereo agli aerei da guerra turchi. In questo senso si sono pronunciati anche 70 tra partiti e organizzazioni delle 4 parti del Kurdistan.Quanto alla situazione umanitaria, la Mezzaluna Rossa curda ha pubblicato il suo ultimo bollettino relativo al 14 ottobre. L’organizzazione ha registrato 42 morti e 146 feriti. Ma si sa che le vittime sono molto di più.
Decine di migliaia di persone sono state costrette a lasciare le loro case da quando, il 9 ottobre, sono cominciati i bombardamenti aerei. L’Amministrazione Autonoma sta facendo l’impossibile per garantire i servizi minimi ai profughi, provenienti da altre zone siriane che già si trovavano nei campi, e ai nuovi sfollati i servizi minimi.
A Serekaniye i turchi hanno bombardato l’unico ospedale della città: è un atto criminale che l’ONU deve fermare subito, altrimenti tutti i civili in città saranno in pericolo. Bisogna creare un cordone umanitario!
Qual è il rapporto tra musulmani e non musulmani? C’è un rischio che i primi si alleino coi turchi?
Come dicevo poc’anzi il battaglione armeno e il Consiglio Militare Assiro hanno inviato rinforzi a Serekaniye per combattere a fianco delle SDF. Serekaniye, Tilltemir, Hasake, Qamisli sono città simbolo della convivenza pacifica tra nazioni (armeni, arabi, curdi, assiri) praticata dall’Amministrazione Autonoma. E di fatto è proprio il progetto di Confederalismo Democratico ad essere preso di mira dalla Turchia che non ammette e non accetta l’idea di una pluralità di nazioni, lingue, religioni, pratiche politiche.
Erdogan mira ad attaccare fino Deir ez-zour, passando da Raqqa? Quale sono le zone minacciate?
Le zone sotto attacco cominciano da Derik a vari villaggi di Kobane; ci sono grandi scontri e resistenza a Serekaniye (Ras al-Ayn) e Gire Spi (Tel Abyad). Sono stati bombardati i dintorni della città di Ayn-Isa e qui l’obiettivo erano il campo profughi e la prigione dove erano rinchiusi centinaia di mercenari dell’ISIS: la Turchia vuole farli fuggire, questo bisogna denunciarlo in maniera forte.
Anche Qamishlo è stata attaccata in questi giorni. L’attacco turco ha riattivato le cellule dormienti dell’ISIS in varie zone, del resto – e ormai lo sta dicendo anche l’ONU, oltre a quasi tutti gli stati europei e non – appare evidente e provato che uno degli obiettivi della Turchia è riattivare l’ISIS e permettergli di riorganizzarsi, anche in funzione anti-curda.
Le ultime notizie sono di utilizzo di armi illegali, armi chimiche a Serekaniye. E i turchi per manipolare l’opinione accusano invece proprio i curdi di utilizarle!
Gli arrestati in Turchia possono servire come ricatto? Qual è la loro situazione?
Più che come ricatto, direi come ulteriore gamba della politica di guerra a tutto campo di Erdogan. Nel Kurdistan nord e in Turchia in generale questa politica si declina soprattutto con arresti di massa che possono avere le ragioni più varie. In questi giorni ad essere perseguiti sono soprattutto coloro che manifestano sul WEB il loro dissenso alla guerra contro il nord est della Siria. Oppure arresti mirati alle municipalità democraticamente, liberamente e legittimamente vinte dal HDP. Dopo il commissariamento delle municipalità di Amed, Van e Mardin numerosi sono stati i co-sindaci di comuni più piccoli rinchiusi e rimpiazzati da commissari. Gli ultimi arresti proprio oggi dei co-sindaci di Nusaybin, Hakkari ed Ercis.
Il ruolo dell’Europa e dell’Italia istituzionale quale potrebbe essere? Invece a cosa possono servire le proteste e le manifestazioni non istituzionali?
L’Italia, come l’Europa, devono spingere per la dichiarazione di una no-fly zone che vieti agli aerei turchi di bombardare il nord est della Siria. Numerosi stati occidentali contribuiscono significativamente a questo crimine di pulizia etnica contro l’umanità, attraverso la vendita di armi alla Turchia compresa l’Italia. Chiediamo alla comunità internazionale di prendere posizione sulle sanzioni diplomatiche contro la Turchia. Ogni giorno costa vite umane. Una chiara posizione politica contro Erdogan è il minimo.
Le proteste e le manifestazioni sono importantissime: i governi europei rispondono alla gente che li ha eletti, non ad interessi economici o politici a breve termine. Almeno così dovrebbe essere. Ci auguriamo che questi governi ascoltino le centinaia di migliaia di persone che in questi giorni stanno scendendo in piazza chiedendo di fermare il genocidio che vorrebbe compiere la Turchia.
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