Medio Oriente
La guerra conviene
C’è uno slogan che circola spesso nei discorsi di quanti hanno a cuore la pace tra israeliani e palestinesi: in quel piccolo lembo di terra batte oggi il cuore della pace mondiale.
E’ un’intuizione destinata a consolidarsi con argomenti e approfondimenti molto ben documentati che ho trovati esposti, con passione, nell’ultimo libro di Jeff Halper, La guerra contro il popolo. Israele, i palestinesi e la pacificazione globale, Epokè.
L’autore è ben conosciuto da tutti i pacifisti che operano per la causa palestinese. E’ un professore israelo-statunitense di antropologia. Vive in Israele dal 1973 e opera sul campo da anni in qualità di coordinatore di ICHAD, organizzazione che si batte contro le demolizioni ad opera dell’esercito israeliano.
La domanda da cui parte l’analisi di Halper è semplice ma decisiva: come può andare avanti ancora un’occupazione sui palestinesi dopo più di mezzo secolo dinanzi alla quasi totale opposizione internazionale che mostra di tollerare un conflitto inutile e di ostacolo alla pace di un’area strategica così importante come il Medio oriente?
“L’occupazione rappresenta per Israele una “risorsa” almeno per due aspetti: in primo luogo quello economico, ovvero perché fornisce un terreno di prova per lo sviluppo di armi, di sistemi di sicurezza, di tattiche e di modelli di controllo della popolazione; senza tutto ciò Israele non sarebbe in grado di competere a livello internazionale nel mercato delle armi e della sicurezza. In secondo luogo, ma non meno importante, perché è funzionale al mantenimento tra le potenze egemoni mondiali, dello status internazionale di forte potenza militare in grado di servire forze armate e servizi di sicurezza di tutto il mondo. Israele è un paese di piccole dimensioni che lotta per ritagliarsi una nicchia nel complesso militare-industriale transnazionale. Dove sarebbe invece Israele senza l’Occupazione e senza il conflitto regionale da esso stesso generato?”.
L’analisi, accuratissima e dettagliata, di Halper sviluppa una relazione a partire dai sistemi militari innovativi e la formazione alla strategia di sicurezza di cui Israele è mediatore nel mondo per un’industria di proporzioni gigantesche, sempre più in espansione per la crescita della domanda di sicurezza che elite politiche e finanziarie stanno chiedendo con sempre più energia.
Halper la chiama l’industria della pacificazione globale che alimenta il desiderio sempre più violento di dominare sulla vita, sulla terra e sulle risorse. Di questa industria della pacificazione Israele è un protagonista con lo sviluppo dei suoi sistemi militari e l’esperienza sul campo di strategie di controllo “sicurocratico” sperimentate sui palestinesi.
Il quadro fornito da Halper è inquietante e destabilizzante per coltivatori di facili entusiasmi su una possibile pace futura del mondo.
Le ultime pagine sono dedicate alle possibili strategie di sfida e resistenza all’egemonia dell’ideologia e della pratica della pacificazione globale.
C’è una mobilitazione che va suscitata e sempre più collegata su reti locali e internazionali.
Ma occorre sapere molto bene che nessuna campagna di pace e di contro-egemonia può avere successo senza una visione informata e consapevole della mobilitazione.
Per questo ritengo la lettura di questo libro imprescindibile per ogni vero artigiano contemporaneo della pace.
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