Medio Oriente
La guerra come postulato fondante del pensiero unico
In tanti casi, la protesta e lo sdegno contro la guerra e i suoi crimini nascondono il principio stesso di ogni conflitto, radicato nella cultura di provenienza, alta o minima che sia, e nel modo di stare al mondo di chi esprime congetture da ritenersi ben distanti dal sentimento della pace e dalla passione per la vita. Il livello di violenza che si va delineando nel conflitto tra israeliani e palestinesi non riguarda solo lo scontro tra eserciti regolari, ma coinvolge gruppi paramilitari, cellule terroristiche e cittadini indipendenti. Scontri non sempre limitati strettamente al campo militare, che causano un gran numero di vittime tra la popolazione civile di entrambe le parti. E, per questo, una belligeranza ancora più cruenta e dolorosa, con edifici d’uso abitativo, ospedali e ambulanze che diventano obbiettivi da colpire.
La “guerra”, in genere, è il punto cruciale che rivela, più di qualsiasi argomento, l’animo di chi ne discute e la commenta. Essa, sui giornali, in tv e sui social, sembra non offrire spunti per nessuna riflessione oggettiva, essendo raccontata e analizzata da una comunicazione di parte per il piacere non solo degli sprovveduti che odiano e i disinformati che sentenziano, ma anche dei dotti che rivelano la loro triste natura settaria, improntata alla faziosità e al razzismo.
Per ragionare intorno a un primordiale istinto di sopraffazione, a una totale mancanza di giusta e corretta valutazione, a una scarsa considerazione per gli altri (la guerra è questo) occorrerebbe un minimo di saggezza, onestà intellettuale, pietà per i soldati che la fanno e gli innocenti che la subiscono.
Siamo sempre stati, noi occidentali, intrisi di cultura greco-latina, e, pertanto, inclini al dialogo, al confronto e al pensiero critico. Qualcuno, o qualcosa ci sta snaturando, producendo nella nostra esistenza, tramite la politica comune dei nostri paesi di appartenenza, una tensione permanente, dove l’impulso a far valere le proprie ragioni in relazione a un pensiero unico, dominante e propagandato, imbruttisce le nostre vite e ostacola la nostra libertà d’invettiva, non ancora passibile di censura.
I greci sapevano bene che quando si smetteva di ragionare, cercando il dialogo e il confronto, vi era il rischio di una guerra, anche fratricida.
Vivo in un luogo che si ribella al neo-oscurantismo moderno per mezzo di un esempio stilistico specifico e singolare, costituto dalla silente moralità dell’architettura dei santuari di Paestum, l’antica Poseidonia, che, ben al di là di ogni stucchevole concetto di bellezza, esprime la condanna più esemplare nei confronti della tendenza a cedere all’uso della forza e alla brutalità che provoca morte, orrore e miseria.
I monumenti e i reperti dell’intera vecchia Europa hanno in sé la storia necessaria e l’adeguata identità culturale per testimoniare, in questo frangente, l’unico, serio e significativo nucleo di opposizione a una deriva catastrofica.
La pietra lavorata, più delle parole, nella solennità dei secoli che ha attraversato e nella giustezza della sua eterna cifra artistica, offre una lettura eloquente e severa dell’analisi storica a condanna della guerra. A poco serve, dunque, imitarne le fattezze, come nel caso eclatante della “Casa Bianca” di Washington, se poi se ne disconosce l’assioma filosofico del suo modello portante.
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